mercoledì 28 settembre 2016

Michele Serra, persona di sinistra sedotta da “energia e volontà di fare”







In un conversare con Macaluso su l’Unità, Michele Serra
annuncia sì la sua intenzione di votare SI al referendum,
ma non intende acquisire, per questo merito,  la qualifica di “renziano”.
E le ragioni sono chiarissime del suo non essere “renziano”.
Scrive Serra: “Non lo sono e non posso esserlo per ragioni
di formazione culturale e politica: sono un tipico post-comunista italiano,
ex Pci nonché ex troppe altre cose; Renzi è un cattolico popolare 
di nuovo conio, con elementi antropologico-culturali a me del tutto alieni.”
E aggiunge: “Ma è vero che nutro, per Renzi e il suo tentativo, 
un certo rispetto, che i dubbi su qualche sua scelta e molti suoi atteggiamenti
non bastano a incrinare. Gli riconosco energia, volontà di fare,
qualche buona opera (la Cirinnà) e un minimo di autonomia
da quell’europeismo gretto e contabile che sta mettendo in ginocchio
il Welfare.”
Chiarissimo! Se non fosse per “energia e volontà di fare
e “qualche buona opera” (non si riprende qui la contorta
circonlocuzione con la quale si tenta di giustificare
la piena e personale corresponsabilità di Renzi nel mettere
in ginocchio il Welfare”), Serra non nutrirebbe quel “certo rispetto”.
In verità l'elogio dell’energia –fine a sé stessa- e della volontà di fare
–sempre fine a sé stessa-, è davvero poco, e non marca certo
una cultura “di sinistra”, specie se di tanta energia e di tanta
volontà di fare non si scoprono origini, motivazioni, ambizioni;
 in ogni caso Serra continua a essere una persona di sinistra antica;
e qui le sue parole sono ancora più ferme: “O si ritrovano forme 
di nuova solidarietà, di ripartizione del reddito, di alleanza tra i deboli
e gli esclusi,  di allargamento delle basi del potere, insomma di democrazia
e di uguaglianza, o il futuro sarà sempre più iniquo e – di conseguenza – 
sempre più doloroso e cruento. In questo senso non solo sono ancora
«di sinistra», ma lo sono perfino più radicalmente di come lo ero da ragazzo: 
per esempio sulle questioni ambientali e agricole, sulla sovranità alimentare 
dei popoli, sui cambiamenti climatici e sull’impatto delle nostre scelte
di consumo e dei nostri stili di vita, penso si giochi moltissimo del futuro
del pianeta. Ma di una sinistra che di queste cose si occupi con radicalità
e fantasia, libera da pregiudizi, rivoluzionaria nello spirito e ragionevole
nella prassi, quasi debba riscrivere daccapo i propri statuti,
per ora non vedo tracce sostanziose.”
Perfetto, anche se il suo sguardo è un po' troppo pessimista!
Eppure il suo, immagino volenteroso, SI al referendum forse non favorirà
quel suo inseguire l’allargamento delle basi del potere,
cioè la democrazia e quindi l’uguaglianza; anzi, con la controllabilità 
governativa dei percorsi parlamentari dei processi decisionali,
con l'Italicum nelle mani di “vincitori” di minoranza alle elezioni, 
e con la restaurazione della preminenza del centralismo di Stato
sulle esigenze di salute/vita delle popolazioni di periferia,
forse favorirà il potere di quell’europeismo gretto e contabile,
pronto, soprattutto con quei suoi interessati sostenitori della gran finanza,
a non prendere in considerazione le questioni ambientali e agricole, 
la sovranità alimentare dei popoli, i cambiamenti climatici e l’impatto 
delle nostre scelte di consumo e i nostri stili di vita.

Chissà, forse solo con il NO si potrà difendere nella pratica politica
l'idea “di sinistra” del nostro Serra.
O no?
Severo Laleo


lunedì 26 settembre 2016

I “calcoli” della Buona Politica




La Buona Politica con la Riforma Costituzionale toglierà,
alle persone che di “Politica”  vivono, circa 60 milioni.
La Buona Politica, sempre generosa, destinerà,
a sgolarsi è Renzi, questi 60 milioni alle persone
che vivono di “Povertà”.
Magnifico!

La Buona Politica con i ritocchi mirati alla Sanità toglierà,
alle persone che di “Povertà” vivono, circa 60 milioni.
La Buona Politica, sempre attenta ai calcoli, destinerà,
a maneggiare è la Lorenzin, questi 60 milioni al Risparmio,
per risanare le casse della Sanità, anche, a sentire la CGIL, 
con cataratte e tunnel carpali a pagamento.
Perfetto!


Non s’era ancora visto un Governo così … come dire … preciso!
O no?

Severo Laleo

venerdì 23 settembre 2016

Le “slides” di Violante e l’importanza politica del M5S



Le “slides” di Violante sono benvenute, perché consentono
di entrare, in un qualche modo, e indirettamente, nel merito 
della questione referendaria. E appare onesto il suo tentativo 
di giustificare il suo SI con un ritorno al “realismo” machiavelliano.
Anche se il discorso di Machiavelli, mi piace immaginare,
non riguarda le “regole”, ma l’interesse, l’utile in ogni scelta politica. 
E Violante sceglie oggi  l’”utile”. E solo dalla preoccupazione dell'utile
derivano i suoi ragionamenti. Ed è poco per Violante.
Violante apre le sue “slides” con questa osservazione:
la democrazia è in difficoltà in molti paesi; eppure, invece
di interrogarsi sulle cause delle “difficoltà” e di trovare risposte
per risolvere la caduta della democrazia partecipata
(un tempo i ragionamenti di Violante erano iscritti, oltre il recinto 
dell’utilità, in un sistema di “valori”), si limita a stendere
con  pacatezza riflessioni slegate, frantumate, non neutrali,
tutte originate dalla contingenza, a volte solo polemica,
e non da una meditata  prospettiva di  sviluppo della democrazia,
a prescindere dalla governabilità. Eppure la governabilità,
per una persona sinceramente democratica, è una variabile dipendente 
della partecipazione democratica. Non esistono semplificazioni 
e scorciatoie di tipo decisionista nel processo legislativo.
In realtà, tutta la riflessione di Violante è costruita sull’opposizione 
democrazia fondata sul principio della “NON decisione
(secondo la sua opinione) a una “democrazia decidente
(secondo il suo auspicio). Eppure, per rigore di riflessione,
né la Costituzione del 1948 è fondata sul principio della “NON decisione”, 
né la riforma ora in discussione fonda la “democrazia decidente”. 
In breve, con le sue riflessioni Violante rinuncia
a capire la crisi e non si accorge di essere, con il suo scegliere
il SI, parte della crisi, un esito della crisi.
E per contrasto rimanda a chi partendo dalla crisi cerca
di realizzare una democrazia più ampia, più rappresentativa,
perché solo da una democrazia di persone alla pari possono 
scaturire decisioni controllate e trasparenti:“uno vale uno”.
Sarà anche retorica l’uno vale uno, sarà anche difficile
da realizzare, se non si ha una cultura “pratica”, quotidiana, 
d’esercizio reale, della pari dignità delle persone, ma è l’unica,
per ora, risposta politica alla crisi della democrazia.
Per questo il M5S, al di là di Grillo, al di là di Raggi
al di là di tanti errori, ingenuità e impreparazione, 
al di là di proposte a volte stravaganti di programma, resta, 
almeno per ora, in assenza di una sinistra produttrice 
di nuova partecipazione, l’unica speranza di un reale ricambio 
di classe dirigente, una classe dirigente non più attenta 
a danarosa carriera, ad ambizioni di potere personale, 
ma per scelta politica dedita al servizio di governo a tempo 
(anche se persone,  per caso nel M5S, dimostreranno di essere inadeguate
al nuovo “stile” di relazione politica).
Una “democrazia decidente “ figlia della crisi
vs una “democrazia piena (diretta/digitale)” in risposta alla crisi, 
per l'inveramento del principio costituzionale della "sovranità popolare".
Violante, con le “slides” marca, a sua insaputa, l’importanza
del M5S, un movimento non antipolitico e populista,
ma di ripresa/rinascita della politica delle persone.
Almeno pare. Per una “sovranità –si spera- conviviale”.
O no?

Severo Laleo

mercoledì 21 settembre 2016

Obama, l’uomo forte e il bicameralismo paritario



Il Presidente degli Stati Uniti Obama, nel suo ultimo discorso 
all'Assemblea Generale dell'ONU, tra gli altri importanti moniti, 
sinceri e non più dettati da un immediato interesse politico
(dirà, ad esempio, “un mondo in cui l'1% dell'umanità controlla
una ricchezza pari al 99% non è uguaglianza bisogna lottare
contro le disuguaglianze e colmare il divario tra i più agiati
e i meno abbienti”), dedica un passaggio anche alla sua idea
di democrazia, ma senza esaltare il “suo” sistema statunitense
delle regole costituzionali; e afferma: "No agli uomini forti
e a modelli di società guidate dall'alto. La democrazia resta
il vero percorso da compiere. C'è un crescente conflitto
tra liberalismo e autoritarismo … sarò sempre dalla parte
del liberalismo contro l'autoritarismo".
Obama, si è detto, non intende esaltare il sistema statunitense,
ma quel “suo” sistema, sicuramente liberale e non autoritario, 
soddisfa anche la sua idea di democrazia formale. E non intende 
assolutamente apportare una qualche modifica/riforma al “suo” sistema. 
Sa di godere di una secolare stabilità costituzionale.

Il Congresso degli Stati Uniti, corrispondente al nostro Parlamento,
l’insieme cioè di Camera e Senato, è l’unico nel mondo, ripeto l’unico, 
per ora insieme solo al Parlamento italiano,
a bicameralismo paritario. E forse resterà, a fine anno, l’unico
in assoluto nel mondo intero, sì, perché mentre nessuno
negli Stati Uniti si sogna di toccare la struttura bicamerale paritaria
del Congresso, attraverso il vaglio del quale, cioè di Camera
e Senato insieme, con pari autorità, si approvano le leggi,
in Italia volenterosi autoproclamatisi padri costituenti
(tra questi anche il convinto Verdini), con la strana intenzione
di “semplificare”, senza peraltro mandato, in origine, della volontà popolare, 
hanno maldestramente diviso il Paese in un paradossale scontro, 
a volte apocalittico, tra chi intende difendere e chi intende eliminare 
il bicameralismo paritario.
Perché? Qual è il significato di “semplificare”? E semplificare che?

L’opposizione tra liberalismo e autoritarismo è anche l’opposizione 
tra governati e governanti: i governanti (e quanti vivono di “governo”) 
tendono a semplificare, perché privilegiano il governo, la decisione 
(potere/autoritarismo),  i governati tendono a controllare,
perché privilegiano la partecipazione, la trasparenza (liberalismo/democrazia).
 Renzi, Confindustria, Marchionne e la Grande Finanza hanno
già scelto tra governo e partecipazione, tra autoritarismo e liberalismo.

 Noi, gente già “semplice”, esaminata la lunga storia del nostro paese, 
non ancora finita, di facile assuefazione alla sudditanza,
si preferisce continuare a restare con Obama: “No agli uomini forti
e a modelli di società guidate dall'alto.
O no?

Severo Laleo

lunedì 19 settembre 2016

La Comunità di sant’Egidio ad Assisi: preghiera, pace, dialogo … e insieme convivialismo e cultura del limite




Alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
e nell’attesa dell’arrivo martedì di Papa Francesco, si è aperta ieri
la trentesima edizione della Giornata mondiale di Preghiera per la Pace
dal titolo “Sete di Pace. Religioni e culture in dialogo”.
Ha aperto i lavori il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi.
Nel suo discorso l’elemento religioso (le religioni, se sono in contatto, 
liberano “energie di pace”) e di preghiera (la preghiera di tutti, ognuno 
secondo la propria verità,  “genera la pace”) è dominante; eppure, 
al di là di religioni e preghiera, Riccardi, definita la religione “la laicità 
del vivere insieme”, trova nel  dialogol’intelligenza del coesistere, 
che rende possibile la più grande forma di civiltà, quella del vivere insieme”.
E alla ineluttabilità del dialogo, nel superamento della differenza/distanza 
tra un “noi” e un “loro”, dedica il suo intervento anche il sociologo 
Zygmunt Bauman.

Nell’ascoltare in diretta, grazie alla WebTv, quel sereno insistere
sul “dialogo”, sul “noi”, sul “vivere insieme”, la mente, proprio
 nell’intento di vedere culture in dialogo, corre ad altre suggestioni.
E corre al Manifesto del Convivialismo, quale “arte di vivere insieme 
(convivere) che consenta agli esseri umani di prendersi cura gli uni
degli altri e della Natura, senza negare la legittimità del conflitto,
ma trasformandolo in un fattore di dinamismo e di creatività,
in uno strumento per scongiurare la violenza e le pulsioni di morte”.
Vivere insieme sarà possibile solo se si riconoscerà a ogni persona 
un’eguale dignità con tutti gli altri esseri umani”, nel rispetto
del principio di una “comune umanità”, limite oltre il quale non è consentito
andare, mai, se si vuole evitare di essere travolti dalla hubris, dalla dismisura, 
dalla violenza. E Il discorso torna sulla cultura del limite.
Anche la libertà ha il suo limite. Per Camus, il limite della libertà risiede 
nella giustizia, cioè nell’esistenza dell’altro e nel riconoscimento dell’altro
e che il limite della giustizia si trova nella libertà, cioè nel diritto 
della persona di esistere così com’è in seno a una collettività.” 
Per S.Weil: ”L’unico limite legittimoal soddisfacimento dei bisogni 
di un determinato essere umano è quello imposto dalla necessità e dai bisogni 
degli altri esseri umani. Il limite è legittimo solo a condizione che i bisogni 
di tutti gli esseri umani ricevano lo stesso grado di attenzione.”

Riconoscere/includere l’altro, per tornare a Bauman, è l’approdo finale 
dell’espansione del “noi”, del superamento dell’opposizione “noi/loro”, 
e, quindi, della soppressione del “loro”, prossima tappa del cammino 
dell’umanità; in breve, è la fine della contrapposizione e insieme 
l’affermazione dell’interdipendenza:Siamo tutti dipendenti gli uni dagli altri”.
Nel Manifesto del Convivialismo, e la sua dichiarazione di interdipendenza, 
si legge: l’umanità ha saputo realizzare dei progressi tecnici 
e scientifici sorprendenti, ma resta ancora incapace di risolvere 
il suo problema fondamentale: come gestire la rivalità e la violenza 
tra gli esseri umani? Come convincerli a cooperare, pur consentendo 
loro di contrapporsi senza massacrarsi?
E’ necessario, è ineludibile, ha ribadito Bauman, accogliendo l’invito 
di  Papa Francesco di porre al centro della educazione nelle nostre scuole 
il dialogo, promuovere , “una cultura del dialogo per ricostruire la tessitura 
della società. Imparare a rispettare lo straniero, il migrante, persone 
che vale la pena ascoltare. La guerra si sconfigge solo se diamo ai nostri figli 
una cultura capace di creare strategie per la vita, per l’inclusione”.

Ma forse il mondo guarda altrove, parla d'altro e non ascolta.
O no?
Severo Laleo








venerdì 16 settembre 2016

Fuksas, i grillini e l'algoritmo




Vuoi conoscere la serietà e la profondità di un'analisi politica
da parte di un intellettuale italiano?
Un'analisi ricca, capace di entrare nei problemi della vita
di una comunità?
Attenta a scoprire gli errori senza insultare gli erranti?
Tutta orientata a criticare le idee e non i comportamenti?
Meditata per la crescita civile del Paese?
Eccola, appartiene a un architetto di fama, Massimiliano Fuksas.
Queste le sue parole:
I grillini sembrano tutti uguali, sono tutti della stessa categoria. 
Ci deve essere un algoritmo facile da progettare 
per uno che fa informatica come Casaleggio. 
Selezionano un tipo, giovane, che fa pochi studi. 
Prendete Di Maio, sembrava che dovesse diventare 
il presidente del mondo. Uno che va vestito 
da Prima Comunione. 
Lui prima ha provato a fare Ingegneria e poi Legge. 
E ha abbandonato. 
E’ gente che vive in un altro mondo...
Vengono tutti da quartieri popolari
orientati a destra, per esempio l’Appio Latino. 
Vedi la Raggi, che conosce tutti quelli di destra 
e ha frequentato gli avvocati Previti e Sammarco... 
Mi tengo Matteo Renzi, se l’alternativa è Di Maio. 
Ho paura che, se Renzi se ne va, le cose possano precipitare“.

Forse un giorno il nostro Paese diventerà più serio 
nella polemica politica e più scrupoloso nell'agire 
per il Bene Comune, ma sicuramente non grazie al contributo, arrogante e volgare, del pauroso Fuksas.
O no?

Severo Laleo

giovedì 15 settembre 2016

Hillary e il bicratismo latente



Nella campagna elettorale per la Presidenza negli Stati Uniti c’è qualcosa 
di nuovo, mai, e credo di non sbagliare, capitato nel passato. 
E se il popolo americano vorrà (e sembra impossibile che non voglia), 
con Hillary potrà registrare/vivere un’esperienza di governo di grande 
saggezza politica (condizioni esterne oggettive e culturali permettendo). 
Forse il primo governo di servizio democratico (si fa per esagerare!).

A leggere la cronaca della campagna elettorale si scopre che
mentre Hillary è ferma con l’obbligo di riposarsi dopo il malore sofferto 
domenica a Ground Zero, al suo posto scende in campo l’ex presidente
Bill Clinton, che domani sarà a Las Vegas a parlare di politica economica 
sul palco dove Hillary avrebbe dovuto tenere uno dei comizi cancellati
per motivi di salute.”
Niente di strano. Eppure si tratta di una sostituzione in un comizio 
degna di qualche nota: il sostituto della candidata, una donna, è, nell’ordine: 
1. un uomo; 2. un ex Presidente; 3. il marito.
In altre parole, a sostituire Hillary, una donna, in un comizio
nella campagna elettorale  per la scelta del Presidente degli Stati Uniti, 
troviamo un uomo –e vabbè-, un ex Presidente –e vabbè-,
ma, evento nuovo, il marito della candidata!

Ora, se Hillary sceglie Bill Clinton con piena fiducia e serenità
in un passaggio delicato della sua campagna elettorale è perché
sa di poter contare non solo su una persona di grande esperienza politica, 
ma anche di grande affidabilità, con la quale ha, e s’immagina continuerà 
ad avere, un rapporto/confronto quotidiano. Anche di supporto. 
Non è fuori luogo immaginare un uomo e una donna insieme 
a guidare il più importante paese del mondo: l’America.

E se, quindi, il popolo americano deciderà per Hillary Presidente, 
sperimenterà, in maniera informale e latente, al di là del lavoro
dei consiglieri, uomini e donne, sempre all’opera, una guida
non più monocratica, e sempre maschile, ma duale, bicratica,
per la prima volta di un uomo e una donna insieme,
e non solo per vita familiare, ma anche per scelta politica.
Il popolo degli Stati Uniti si troverà così ad essere governato
da leggi e deliberazioni non più disegnati dalla “potenza”
di un Capo, sempre un maschio, ma scaturenti, ora, da processi decisionali 
originati da un confronto pieno, sicuro, meditato, continuo tra un uomo 
e una donna, entrambi Presidenti (sia pure in tempi diversi).

E la Politica forse, grazie a una donna, estranea a ogni retorica
non apparirà più quel campo di battaglia tra maschi caparbiamente 
imprigionati dall’ambizione  a “comandare (la sorte ha voluto contrapporre 
a Hillary, con Trump, l’ultimo esempio vivente di un incivile maschilismo 
di “potenza”), ma diventerà davvero il luogo nobile di ogni mediazione 
possibile grazie al contributo alla pari di un uomo/uomini e una donna/donne.
O no?

Severo Laleo