In un conversare con Macaluso
su l’Unità, Michele Serra
annuncia sì la sua intenzione di votare SI al referendum,
ma non intende acquisire, per questo merito, la qualifica di “renziano”.
E le ragioni sono chiarissime del suo non essere “renziano”.
Scrive Serra: “Non lo sono e non posso esserlo per ragioni
di formazione culturale e
politica: sono un tipico post-comunista italiano,
ex Pci nonché ex troppe
altre cose; Renzi è un cattolico popolare
di nuovo conio, con elementi
antropologico-culturali a me del tutto alieni.”
E aggiunge: “Ma è vero
che nutro, per Renzi e il suo tentativo,
un certo rispetto, che i dubbi su
qualche sua scelta e molti suoi atteggiamenti
non bastano a incrinare.
Gli riconosco energia, volontà di fare,
qualche buona opera (la
Cirinnà) e un minimo di autonomia
da quell’europeismo
gretto e contabile che sta mettendo in ginocchio
il Welfare.”
Chiarissimo! Se non fosse per “energia e volontà di fare”
e “qualche buona opera”
(non si riprende qui la contorta
circonlocuzione con la quale si tenta di giustificare
la piena e personale corresponsabilità di Renzi nel mettere
“in ginocchio il
Welfare”), Serra non nutrirebbe quel “certo rispetto”.
In verità l'elogio dell’energia
–fine a sé stessa- e della volontà di
fare
–sempre fine a sé stessa-, è davvero poco, e non marca certo
una cultura “di
sinistra”, specie se di tanta energia
e di tanta
volontà di fare non si scoprono origini,
motivazioni, ambizioni;
in ogni caso Serra continua a essere una persona di
sinistra antica;
e qui le sue parole sono ancora più ferme: “O si ritrovano forme
di nuova solidarietà, di ripartizione del reddito,
di alleanza tra i deboli
e gli esclusi, di allargamento delle basi del potere, insomma
di democrazia
e di uguaglianza, o il
futuro sarà sempre più iniquo e – di conseguenza –
sempre più doloroso e
cruento. In questo senso non solo sono ancora
«di sinistra», ma lo sono
perfino più radicalmente di come lo ero da ragazzo:
per esempio sulle questioni
ambientali e agricole, sulla sovranità alimentare
dei popoli, sui cambiamenti
climatici e sull’impatto delle nostre scelte
di consumo e dei nostri stili
di vita, penso si giochi moltissimo del futuro
del pianeta. Ma di una
sinistra che di queste cose si occupi con radicalità
e fantasia, libera da
pregiudizi, rivoluzionaria nello spirito e ragionevole
nella prassi, quasi debba
riscrivere daccapo i propri statuti,
per ora non vedo tracce
sostanziose.”
Perfetto, anche se il suo sguardo è un po' troppo pessimista!
Eppure il suo, immagino volenteroso, SI al
referendum forse non favorirà
quel suo inseguire l’allargamento
delle basi del potere,
cioè la democrazia e
quindi l’uguaglianza; anzi, con la
controllabilità
governativa dei percorsi parlamentari dei processi decisionali,
con l'Italicum nelle mani di “vincitori”
di minoranza alle elezioni,
e con la restaurazione della preminenza del centralismo di Stato
sulle esigenze di salute/vita delle popolazioni di periferia,
forse favorirà il potere di quell’europeismo gretto e contabile,
pronto, soprattutto con quei suoi interessati sostenitori della gran
finanza,
a non prendere in considerazione le questioni ambientali e agricole,
la sovranità
alimentare dei popoli, i cambiamenti climatici e
l’impatto
delle nostre scelte di consumo e i nostri stili di vita.
Chissà, forse solo con il NO
si potrà difendere nella pratica politica
l'idea “di
sinistra” del nostro Serra.
O no?
Severo Laleo
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