L'approvazione della riforma delle pensioni in Francia, attraverso le legittime "forzature" di un sistema democratico ben sedimentato, pone comunque un grosso problema politico a livello di buon funzionamento delle istituzioni e della democrazia tout court: è il problema del superamento del corto circuito tra rappresentanti e rappresentate/i.
E non solo in Francia. E non solo per le pensioni.
In breve, fino a che punto la democrazia rappresentativa può svolgere il suo legittimo compito di governo senza ascoltare la voce del Popolo Sovrano sulle Grandi Questioni (ad es. guerra/pace), là dove, cioè, il governo, "entrando" pesantemente nella vita delle persone, le scompagina/distrugge in qualche modo? E basta un voto del corpo elettorale, espresso per eleggere le rappresentanze in Parlamento, essere interpretato quale consenso diretto anche su una "Grande Questione"?
È sotto gli occhi di tutti, nella gran parte dei paesi occidentali, pur secondo forme e modalità diverse, la crisi, ormai di lunga data, del funzionamento della democrazia; anzi, con sgomento, abbiamo anche visto, inaspettatamente e violentemente, tentativi di piegature autoritarie in USA e in Brasile.
Evidentemente qualcosa non funziona.
Forse è ora di inventare nuove forme di approvazione politica di fronte alle Grandi Questioni, attraverso un processo di "estensione" della democrazia per un pieno e più ampio consenso popolare, prevedendo, sulle Grandi Questioni appunto (da regolamentare), sempre, per legge, d'obbligo, un referendum di conferma. (Offrendo così al mondo esempi fortemente contagiosi anche per i popoli governati da regimi autoritari, che spesso addirittura presumono di essere/apparire più "performanti" rispetto ai "riti" della democrazia.)
Altrimenti, nel gestire i conflitti, quasi per forza, si torce il sistema democratico verso tensioni autoritarie.
O no?
Severo Laleo
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