A scanso di equivoci, è bene subito precisare:
un pieno rispetto merita il lavoro del Governo Monti
(e soprattutto della Ministra Fornero, così vera nella sua carica di empatia),
e un grazie sincero meritano tutti i membri del Governo Monti
per aver scelto, incoraggiati da un ottimo Presidente della Repubblica,
di prestare “servizio” per il bene comune del nostro Paese.
E questo a prescindere da qualsiasi giudizio nel merito.
In breve, e chiaramente, continui pure il suo lavoro questo Governo Monti,
utile forse non tanto e non solo sul piano dell'economia,
quanto sul piano del recupero di "civiltà" politica.
utile forse non tanto e non solo sul piano dell'economia,
quanto sul piano del recupero di "civiltà" politica.
Ma altrettanto rispetto merita il lavoro di critica di ogni persona,
specie se inquadrato nel nuovo ritrovato clima
di civile “dialogo” e di “confronto” competente,
dopo anni e anni di scontri inutili e avvilenti.
Il Presidente del Consiglio Monti subito indicò i tre principi-guida
della sua opera di governo: rigore, equità e crescita.
E l’accordo fu generale. Ora, però, a manovra meditata e deliberata,
è più facile esprimere un giudizio nel merito, ad esempio,
per quanto riguarda il principio dell’equità.
L’equità, è chiaro a tutti, non è termine/valore tecnico,
è, al contrario, un termine/valore eminentemente politico:
a ciascuno la sua “equità”.
Ma il Presidente Monti ha (è stato costretto?) esplicitato,
con la sua trasparente chiarezza (moderna virtù civile,
presso di noi ancora senza molta fortuna), un’idea di equità
davvero originale: nella sua idea di “equità” sociale
non c’è alcuna sua scelta personale e politica,
alcuna sua responsabilità etica e sociale,
alcuna sua coraggiosa e solitaria decisione (almeno non è dato sapere),
ma solo un’azione, quasi ritornando al significato originario di “aequum”,
di “pareggiare” i conti tra PDL e PD, di “livellare” i contrasti,
di semplice porsi, quindi, quale trait d’union tra “continuità e discontinuità”.
di semplice porsi, quindi, quale trait d’union tra “continuità e discontinuità”.
Non ho dubbi, Monti ha scelto di agire così per “salvare l’Italia”,
perché ha grande rispetto per i partiti (quali?) presenti in Parlamento,
perché non può rinunciare a trovare un “equo” accordo,
ma non credo si possa lavorare per il bene della più ampia comunità
se non si sceglie con coraggio da quale parte “stare”,
con le proprie idee, quando si tratta di “equità” sociale.
Un governo Monti promosso dalle Camere sulla “sua propria” idea di “equità”
avrebbe regalato al Paese coesione sociale e nuova affidabilità,
affogando nel ridicolo ogni sospetto discorso sui poteri forti,
un governo Monti bocciato dalle Camere sulla “sua propria” idea di “equità”
avrebbe restituito, magari approvando una nuova legge elettorale,
la parola, soprattutto ora, in tempi di “equità” da praticare, agli elettori.
Un governo Monti promosso (o anche bocciato)
sull’equità complicata e scoraggiante del “pareggio” PDL/PD,
è una delusione troppo grande per il Paese, specie per quanti hanno sperato
in un serio rinnovamento, attraverso l’esempio, dell’agire politico.
Il nostro Paese aveva (ed ha) sì bisogno di un tecnico, stimato e competente,
ma non di un notaio funambolo all’italiana nel circo dei partiti di oggi.
O no?
Severo Laleo