lunedì 12 febbraio 2018

Potere al Popolo: resiste “il” "capo politico", anche se diventa “portavoce” e donna







Dopo il fortunato slogan, ora alquanto trascurato, acciaccato, speriamo 
non proprio sgarrupato, "uno vale uno", gridato a ragione dal M5S 
ad indicare la propensione del movimento per la democrazia dal basso, 
in rete, partecipata, diretta (a quando l’introduzione sperimentale 
del sorteggio?), oggi, in questa campagna elettorale, a ricordare il valore 
di una democrazia piena e partecipata, ampia e difficile, ricca di tantissime 
voci di persone alla pari, è solo Potere al Popolo.
Infatti, se una fallace legge elettorale prima s’inventa, senza pudore 
linguistico, l’espressione “capo della forza politica, proprio così “capo”, 
e poi sancisce l’obbligo per ogni partito di depositare insieme 
al contrassegno e al programma elettorale il nome e il cognome 
di tal "capo”, ben venga il sagace e irridente spot di Potere al Popolo 
a smontare la retorica fuori tempo del “capo (causa prima 
di ogni distruzione di un agire politico democratico e trasparente). 

Dicono le persone di Potere al Popolo: noi non abbiamo capi o leader
per noi fare politica è dare voce e forza a una collettività, alle resistenze, 
ai bisogni che attraversano il paese”. Ben detto, in attesa del ben fare!
E già il programma è scaturito da un’opera di scrittura collettiva, 
perché per Potere al Popolo l’obiettivo dichiarato, facile per ora a dirsi, 
ècostruire una vera democrazia e ridare potere al popolo”. 
Si tratta di una speranza dotata, pare, di consapevole impegno.
E per questo le persone di Potere al Popolo non scelgono un “capo”, 
ma un “portavoce, anzi una portavoce, delle migliaia di storie 
del nostro popolo, una di noi, che condivide le nostre condizioni di vita, 
speranze, progetti".

E sia. Ma sempre “una” è! Anche se solo portavoce.
Il vizio, per la democrazia piena di persone alla pari, è proprio 
in quell’ “un”! Quell’ “un”, associato a “capo”, è il risultato di una lunga storia 
di potere maschile. E’ quasi l’esito di un duello. E’ la supremazia 
di un “capo” vincitore, il quale fonda/istituisce la struttura monocratica 
del “potere”, ed è tutta e sola opera/produzione del maschilismo.

Ora nel programma scritto dalle tante persone di Potere al Popolo 
al punto 12, tra tanto altro, si legge: “noi lottiamo per 
la radicale rimessa in discussione dei ruoli maschile e femminile 
nella riproduzione sociale ed un sistema di welfare che liberi 
tempo di vita per tutte e tutti;
la rottura del carattere monosessuato dello spazio pubblico e della politica.

Ecco, forse per rimettere in discussione “i ruoli maschile e femminile” 
e per rompere il “carattere monosessuato dello spazio pubblico 
e della politica” sarebbe utile, se ben si intendono le parole, 
sperimentare una presenza duale nel ruolo di portavoce, 
un uomo e una donna, quasi a rompere quel monocratismo 
di origine maschilista, ma ancora oggi quasi esclusivamente 
dominato da figure, parole, atti maschili, con nuove forme e modelli 
di relazioni tra i ruoli maschile e femminile anche a livello 
di coordinamento di idee/azioni/decisioni: dall’uomo solo al comando, 
all’uomo e alla donna insieme a portar voce. E tale scelta forse 
avrà anche un suo “indotto” politico e culturale per le nuove generazioni.
O no?
Severo Laleo

martedì 5 dicembre 2017

Liberi e uguali....e maschi



Chi ha dato all'uomo Grasso l'ascia del leader? 
Altri  leader di altri piccoli partiti. Purtroppo altri uomini. 
E tutti dotati, per definizione, di ascia, pur se pacifisti.
È mancato a questi leader di piccoli partiti il coraggio 
di buttarsi nel gorgo di rabbia della sofferenza sociale, 
per ascoltare e chiedere lumi, e sostegno; 
è mancato a questi leader di piccoli partiti il coraggio 
di scendere con umiltà nel circuito 
della domanda, ai limiti dell'indignazione,  
di una normale legalità, per garantire un impegno 
di assoluta trasparenza. 
È mancata a questi leader della sinistra la lungimiranza 
di guardare alla società nella sua dimensione reale, 
pesante, di genere, di uomini e di donne, con pari dignità 
in ogni senso, per andare oltre il leaderismo monocratico 
per costruire a sinistra la novità, anche sperimentale, 
di una leadership a due, di un uomo e una donna, 
con pari facoltà e dovere di mediazione/intesa.
Se si fosse data voce alla sofferenza sociale 
e alla domanda di legalità, forse altri/e, sconosciuti/e ai più, sarebbero diventate, nell'entusiasmo di una partecipazione
dal basso, guide di un nuovo progetto di società 
a sinistra. E chissà, forse sarebbe stato scelto anche Grasso, 
ma insieme a una Francesca.
La sinistra, per usare un'espressione da non ripetere, è donna; 
e se la sinistra è solo in mano a uomini, 
perde la sua ragion d'essere.
O no?
Severo Laleo

mercoledì 22 novembre 2017

Scalfari tra Berlusconi e Di Maio




Che i nostri rappresentanti politici, spesso al vertice dei partiti/movimenti,
siano, almeno per molti nella generazione dei canuti pensionati,
inadeguati, incompetenti, molto spesso arroganti, imbroglioni a tappe
e nel profondo maschilisti, è fatto assodato.
(Le eccezioni confermano la regola.)
Che Eugenio Scalfari, pur canuto da tempo, dichiari tra Di Maio e Berlusconi
di preferire quest'ultimo, è fatto incredibile ma comprensibile.
Sì, perché Scalfari da una parte dimentica tutto quanto meritoriamente
la Repubblica ha scritto di e su Berlusconi, insistendo a chiare lettere
sull'importanza di irrinunciabili principi liberali per ogni moderna democrazia,
dall'altra conferma la sua propensione a considerare la politica mestier
di leader/capi, sempre, o quasi, maschi. A prescindere. Il "sentire popolare",
ragione o rabbia che sia, per Scalfari è semplicemente un dato sociologico
ininfluente, una variabile dipendente dal "capo" di turno.
Quindi inesistente. Scalfari intende la politica, il fare politica,
l'agire politico quale confronto tra leader. Ma è davvero così?
davvero la politica è scontro tra leader, al di là di programmi, valori,
interessi, comportamenti, etica? non è la politica l'etica praticata in pubblico?
è davvero la democrazia una grande "finzione"?


Al contrario di Scalfari, persone oneste e ragionevoli, e indignate, se fossero chiamate
a scegliere tra Berlusconi e Di Maio, quindi tra due "parti" ben distinguibili
sul piano dei programmi e dei comportamenti, non avrebbero dubbi,
sceglierebbero Di Maio, e non per il leader, Di Maio, casuale e temporaneo,
inesperto e senza un preciso bagaglio di competenze,
ma per almeno qualche buon motivo presente nel programma politico del M5S.
Tanto perché a volte il "sentire popolare" è più avanti rispetto alle scelte dei maestri!

Anche se, in verità, l'astensionismo è oggi nel nostro Paese la prova più diretta
e immediata della scarsa credibilità della politica e dei suoi leader.
Forse un giorno la democrazia, superato il leaderismo monocratico
maschile, non sarà più una "finzione".
O no?
Severo Laleo

mercoledì 8 novembre 2017

Montanari e la leadership: capo, maschile singolare, plurale, nome singolo. Ma duale?




Nel suo intervento su huffingtonpost di oggi, Tomaso Montanari,
pur lieto ormai del successo, a sinistra del Pd, della tesi già sostenuta
il 18 giugno al Teatro Brancaccio di Roma
("il centrosinistra è morto ed esiste una Sinistra con un suo progetto di Paese"),
indica, perché la neonata volontà di stare insieme a sinistra non si ingarbugli,
almeno cinque nodi da sciogliere a breve tra i tanti.
Si tratta di osservazioni tutte da prendere in seria considerazione
e quindi da discutere (apertura a tutte le forze disponibili della sinistra larga,
programma comune, percorsi d’azione, liste).
Qui si vuole prendere in considerazione il “quarto nodo”, questo:
Il quarto nodo: la leadership, appunto. Che non può essere calata dall'alto.
Né può essere maschile singolare. Deve essere plurale, capace di tenere
insieme i generi e le generazioni. La maledetta legge elettorale voluta
da tutte le destre obbliga a indicare un "capo", letteralmente.
E dunque ci dovrà essere anche un nome singolo: condiviso, autorevole,
capace di coordinare senza comandare. Ma dentro una struttura plurale”.

Perfetto! Eppure qualcosa si potrebbe aggiungere in segno di discontinuità
e di sperimentazione. Se una brutta legge elettorale “obbliga” a indicare 
un “capo” (proprio così, un “capo”: ormai, in tempi di crisi della democrazia,
non ci si vergogna più di (in)seguire un “capo”), ripeto, se una brutta legge 
elettorale “obbliga” a indicare un “capo”, perché, dopo aver affermato 
la necessità di una leadership plurale e aver rifiutato una leadership 
maschile singolare, non si propone di sperimentare un coordinamento duale
di un uomo e una donna, invece di stancarsi a cercare un “nome singolo, 
condiviso, autorevole, capace di coordinare senza comandare”?
Perché non si abbandona definitivamente l’idea dell’Uno,
quasi sempre “maschile singolare” per sperimentare l’uno/due, 
maschile e femminile? 
Esiste una ragione politica, logica, storica di impedimento 
per una guida/coordinamento duale? Una donna e un uomo alla pari?
Forse per sottrarre la Politica al rischio del monocratismo maschilista, 
è bene sperimentare la guida duale, di un uomo e una donna insieme. 
Almeno a sinistra.
O no?

 Severo Laleo

giovedì 19 ottobre 2017

Harvey Weinstein, Asia Argento, Maria Cecilia Guerra e il bicratismo




Il caso Weinstein non è un caso. E’ la normalità della nostra cultura, 
anche oltre l’occidente. E non è solo colpa del singolo orco, del gigante Harvey
quell’orco è cresciuto nei secoli dentro un sistema di valori (si fa per dire!) 
tutto dominato dalla centralità di potere del maschio. Il maschio da sempre 
ha occupato in ogni civiltà (o quasi) il posto del dominatore, 
sempre conquistato con la forza. E solo un altro maschio ha titolo a strappare 
al dominatore il suo posto con più potente violenza, violenza comunque, 
a prescindere dal tipo di strategia/stratagemma in atto per l’usurpazione.
La storia è un susseguirsi di usurpazioni.
I maschi si alimentano con il duello, l’uno contro l’altro, per fregiarsi, 
e sempre temporaneamente, del fascino Alfa, spesso ambiguamente esaltato 
da una indefinita cultura femminile.
Tutti gli altri maschi sono gregari, assistono al duello e volta e per volta
decidono da quale parte stare e con quale aperto o segreto disegno.
Il maschilismo è questo, e sta tutto nell’aver creato nella storia
il monocratismo, il Potere del Maschio e basta. Il Potere, dovunque sia possibile
esercitare un potere, è del monocrate maschio.
Dentro questo modo di vedere la vita sociale e il Potere, viviamo tutti noi, 
uomini e donne, senza porre in discussione la violenza insita in questa struttura 
sociale dominata dal monocratismo maschilista.
Il monocrate Harvey, non è un orco, ma sa di essere un Alfa, sa di poter contare 
sul silenzio complice e affine culturalmente dei suoi pari, sa di potere dominare 
i suoi dipendenti, sa di poter contare su un ricco arsenale di argomenti 
per corrompere i fragili (e ognuno di noi ha un suo punto di fragilità), 
e per questo diventa, sereno e placido nel suo ego, un orco.
Weinstein è oggi l’interprete consequenziale più evidente e insopportabile 
del monocratismo maschilista, mentre il mondo intorno
al suo Potere è la conferma dell’esistenza di un maschilismo gregario.
Asia Argento ha voluto denunciare quell’orco e quel sistema.
Si può solo essere grati ad Asia, se pur grati si può essere della sofferenza altrui,
viva anche se lontana nel tempo (la sofferenza di libertà -si deve ricordare
ai/alle pedanti privi/e di un sentire profondo- è indivisibile ed è sempre
e comunque odiosa); si può essere grati ad Asia Argento
perché con la sua denuncia ha semplicemente 
reclamato il diritto di essere “pari” in ogni relazione, qualunque sia la relazione; 
un diritto universale valido per tutte/i e per sempre e dovunque.
Il diritto di essere pari in ogni relazione/situazione sociale e di Potere esclude 
la possibilità di una prorogabilità ulteriore del nostro sistema
di potere monocratico esito storico diretto ed esclusivo del maschilismo
(il monocratismo è deleterio, pericoloso sempre, anche se il monocrate
è una donna).
Il processo di civilizzazione della società, con il superamento della logica 
del maschio Alfa, dell’orco, passa per il bicratismo, una istituzionalizzazione 
cioè del potere duale in ogni sede decisionale, ponendo un limite definitivo 
Maria Cecilia Guerra, su il manifesto, ascoltando con partecipazione
la denuncia di Asia Argento e di tantissime altre donne, s’interroga sul perché 
la politica e le istituzioni non reagiscano, anzi tacciano davanti a questa 
enorme protesta”, e, non volendo tacere, lei impegnata in politica, a sinistra,
vede, proprio nel silenzio della politica, “un nodo della crisi 
della rappresentanza politica. Un punto politico che tutte 
e tutti siamo chiamati a interrogare trovando le necessarie risposte”. 
Ed è lodevole, e per ora condivisibile, il suo chiamare a raccolta,
insieme alla sua parte politica, il mondo del femminismo e delle associazioni
di donne, per cambiare le cose.
Ma non basta. Non è solo un problema di rappresentanza politica. 
E’ un problema dell’organizzazione del Potere, modellato a partire
dal dominio maschile a sua immagine. E’ necessario cambiare le istituzioni,
ma prima potrebbero cambiare i “partiti politici”, se davvero vogliono 
interpretare quel “movimento impetuoso di massa che attraversa 
gli oceani e sbatte in faccia agli uomini e al potere la loro responsabilità”. 
E per cominciare, cosa aspetta la sinistra a individuare una leadership
di coppia, una guida duale, per dare subito atto, con immediata visibilità,
di una parità senza discussione proprio nel suo vertice?
Si superi la figura del maschio dominante chiuso nel suo monocratismo 
e si apra al bicratismo di genere: parità assoluta di uomini e donne
in ogni luogo/sede di decisione. 
E forse le nuove generazioni impareranno a sentirsi sempre “pari”,
al riparo di sopraffazioni d’ogni tipo.
O no?
Severo Laleo

venerdì 7 luglio 2017

Macron, i migranti economici e i politici economici



Ecco il grande Macron, il Bonaparte di Francia, inventare, senza una riflessione etica, solo per difendere i suoi porti dall’invasione straniera,  il termine “ migranti economici”, con l'intento lucido di  spogliare la “persona” del migrante di ogni diritto, anche del diritto di tentare di continuare a vivere.
Un “NO” comunque, forte e maschio, ai migranti economici, senza discussione.
E bravo Macron!


Ma dov'è la cultura di Francia laica e cattolica di un tempo? Non è stata forse la cultura di Francia a dare un senso pieno all'idea di “persona”? Dov'è l'idea laica di fraternità della Rivoluzione di Francia? Dov'è l'idea stessa di “persona"  propria della tradizione del pensiero cattolico fino a Emmanuel Mounier?

I migranti economici! I migranti economici! Ecco le parole nuove!
E nel silenzio generale il termine non suscita un timore. Un antico timore.
Eppure, a ben riflettere, in mente torna un'idea terribile. Chi non ricorda l'associazione tra il termine “ebreo” e l'origine/causa della crisi economica della Germania? Al di là di ogni farneticazione strumentale sulla razza, l'ebreo era un problema dell'economia!
Oggi il migrante economico è origine/causa del disordine e danni nell'economia delle “nazioni” della civile Europa.
Incredibile! Individuato un nemico nella “persona" del migrante, disperato in patria e disperato nel mondo intero, la politica di guerra dell'odio è garantita. Ecco nuovamente la minaccia per tutti noi, una minaccia indistinta, irrazionale, senza misura, e per questo violenta.
La cura del bene comune è nelle mani di “politici economici”, senza cultura umanistica (o Vives, il tuo “de subventione pauperum” non riesce a produrre civiltà con questi politici economici), senza un progetto di sviluppo della civilizzazione. I politici economici sono solo presi dal potere, dall'idea di avere la soluzione, dall’arroganza di poter con una parola, sia pure in democrazia formale, di stabilire/decidere la vita di milioni di persone. I politici economici sono maschilisti  nel profondo, con il petto in fuori, sempre pronti a un atteggiamento bellico, incapaci di accogliente solidarietà, anchilosati nel piegarsi per tendere una mano, ignari della potenza dell'abbraccio, e imbevuti di economia amorale non spezzano nella società la catena dell'intolleranza e dell’odio.
Ma attente voi tutte persone libere e civili: oggi i migranti economici sono agiti anche contro di voi, contro l'idea stessa cioè del valore fondante e non divisibile di “persona”.
O no?
Severo Laleo

domenica 11 giugno 2017

A proposito di un appello: il disorientamento del Maschio Alfa e la diversità di programma e di leadership a sinistra (almeno si spera!)



Quattro Maschi Alfa*, che più Alfa non si può, tutti fuor di Parlamento,
decidono, quasi all’improvviso, di mettersi d’accordo per andare
al voto anticipato; e per far questo decidono, conseguentemente,
anche di fare una legge elettorale, a tambur battente, purchessia,
insomma un qualunquum, ma sempre con il comune chiodo fisso
di non consentire al corpo elettorale di scegliersi i suoi candidati,
uomini e donne. Tutti d’accordo!
I Quattro Maschi Alfa, in un giro di voto alla Camera, si son subito persi,
per fortuna, da soli, e, disorientati, per continuare a sentirsi Alfa,
si son subito presi per azzannarsi a vicenda. Spettacolo indecoroso:
le istituzioni, ammonisce il prof. Scapece, son finite in mano a “’e criature”!

Che fare?
Bisogna che le persone di buon senso, non solo a sinistra, a ogni livello,
inventino qualcosa. In verità dalla sinistra dispersa è arrivato un appello.
Sensato. Ma con quali novità?

Innanzitutto è un appello firmato da una coppia, da un uomo e una donna,
e non da un Capo/Leader maschio o ex Capo/Leader maschio, uso a giocare
al banco del Potere; e già questo, di per sé, segna una svolta interessante
nella comunicazione e iniziativa politica di oggi: tra i tanti leader,
quasi sempre esclusivamente maschi, e tutti con l’ambizione
del Comando, e tutti dalla parola mastodontica, ecco un’Anna Falcone
e un Tomaso Montanari prendere la parola per tentare, con un appello semplice,
e sensato, a tutti comprensibile, di costruire non un campo/movimento
strumentale per una tornata elettorale, ma un comune sentire politico, a sinistra,
sulla base di qualche chiara idea di programma e d’azione.
Di programma: segnare una differenza netta con il campo degli avversari politici
intorno all’idea forte di lotta alla disuguaglianza, per una equa, controllabile,
trasparente, distribuzione delle risorse, per restituire dignità piena e larga
all’essere persona; in breve, per dare un senso riconoscibile immediatamente
all’idea di sinistra.
Di azione: unire tutte le forze di sinistra in un’unica “grande lista di cittadinanza”,
con il conseguente corollario, aggiungo, di una leadership di cittadinanza,
di uomini e donne alla pari, “attraverso un percorso unitario aperto a tutti
e non controllato da nessuno”.

Non so se l’appello riuscirà a convincere i tanti rivoli della sinistra,
ognuno gloriosamente guidato dal suo tanto orgoglioso quanto criptico
organigramma, a confluire nel gran fiume della sinistra unita
senza calcoli di portata d’acqua, ma so quanto sia necessario
per tutto il Paese che si abbia da parte di tutti questa generosa,
politica consapevolezza.

La sinistra conta tantissime persone con cultura e temperamento,
con doti di ascolto e di sintesi, utili al mestiere di governo;
se ne costruisca un lungo elenco sulla base di disponibilità personali
e di criteri trasparenti e condivisibili, e da questo elenco si scelga,
a tempo e per sorteggio, sia la leadership, rigorosamente di coppia,
un uomo e una donna (la sinistra non può perpetuare l’anacronistica struttura
monocratica del potere di atavica derivazione maschilista),
sia una quota alta di candidature, di donne e uomini alla pari,
per la rappresentanza nelle istituzioni. Il servizio politico per il bene comune
è dovere di ogni persona, a prescindere dal livello di impegno.
Almeno a sinistra.
O no?
Severo Laleo


*Non si vuole con questa espressione dare un giudizio sulle persone,
ma solo sottolineare i pericoli, per la democrazia, del leaderismo 
e del monocratismo.

giovedì 18 maggio 2017

Né di destra né di sinistra, il cammino triste dei “seguaci”





Si chiama Cédric Villani, ha 43 anni, il candidato ideale di En Marche,
il movimento -meglio forse si potrebbe dire, la “marcia”- di Macron.
A leggere il Corriere.it si tratta di un celebre matematico,
vincitore nel 2010 della medaglia Fields (per comodità definita
l’equivalente del Nobel), e oggi direttore dell’Institut Henri Poincaré
di Parigi.” Un gran competente!



Intervistato, in quanto candidato macroniano all’Assemblea Nazionale
in una zona “con quartieri popolari e altri abitati dalle cosiddette élite”,
così illustra il suo progetto: “La sfida fondamentale qui, e a livello
nazionale, sarà far dialogare le due realtà, fare sentire tutti parte
di uno stesso progetto”. E quasi cancella, credo si possa arguire, 
il conflitto democratico sinistra/destra.
(Ma un nostro giovanissimo Piero Gobetti, non valente matematico,
ma semplicemente osservatore critico della società, non sarebbe d’accordo.)



Quando il giornalista del Corriere.it, il corrispondente da Parigi
Stefano Montefiori, gli chiede se prima di Macron si definisse
di destra o di sinistra, il matematico, indossando la sua veste
di cittadino e di elettore, risponde: “Non ho mai voluto scegliere,
ho sostenuto personalità di sinistra come Anne Hidalgo
o Gérard Collomb ma appoggiavo loro, non il partito.
Quando è arrivato il movimento di Macron ho pensato che sembrava
fatto apposta per me”.



Ecco, questo giovane matematico nella sua vita civica di elettore,
pur votando, in realtà non ha mai scelto tra destra e sinistra,
e mai ha appoggiato/sostenuto idee di partito, ma solo singole 
personalità. E oggi la scelta di né destra né sinistra di Macron
sembra fatta apposta per lui. Legittimo, possibile, ma non auspicabile. 
E’ già successo nella storia: porsi al servizio di un uomo, 
e non di idee/valori, diventare un seguace, sostenere di essere 
né di destra né di sinistra con il fine poi di unire
élite e popolo”, non è una scelta nuova di cambiamento 
per la democrazia, ma di continuità con il passato e attraverso 
antichi percorsi.



Forse Cédric Villani, 43 anni, nel suo pensare/agire politico -si fa solo
per reggere una polemica, giudicare la persona sarebbe qui una pretesa
ingiustificabile-, continua, da gran matematico, a scegliere di essere 
un grosso numero in una serie al seguito. Il futuro esige altro.



O no?

Severo Laleo

mercoledì 17 maggio 2017

Né di destra né di sinistra: la nuova ideologia (antidemocratica)... del trasformismo




Le ideologie sono un residuo del Novecento. Dicono in tanti. Troppi.
Ma davvero? E’ sicuro?
Non è forse un’ideologia robusta anche la corsa novella verso l’annullamento
di senso dell’essere di destra o di sinistra, soprattutto da parte di nuovi
giovani leader (tutti di genere maschio)? E tutti solitari capitani a tu per tu
con il popolo, almeno quel popolo ammaliato dal nuovo verbo:
né di destra né di sinistra?

Solo Papa Francesco, con ammirevole coerenza, senza cedere al dinamismo
agitato dei nuovi capipopolo, giocatori al banco del Potere, continua,
con parole e azioni, a ricordare il messaggio fondamentale del senso
della sinistra in politica: la lotta alle disuguaglianze
per il primato della persona.
Tutti gli altri “leader” sedicenti né di destra né di sinistra, nel rifiutare
l’idea fondamentale della sinistra, non abbandonata da Papa Francesco,
tendono, accalappiando il Potere, con contorte, obsolete modalità di raccolta
del consenso, a confermare le disuguaglianze.
E all’unisono, al di là del valore personale di ciascuno
-e le differenze sono tra loro a volte abissali, per serietà e competenze-
sembrano dire: Ghe pensi mi!

Né di destra, né di sinistra, s’agita a dire ora anche Macron!
E cosa inventa per il suo governo? La teoria dell’amalgama!
Qui un po’ di sinistra, là un po’ di destra. Tanto il centro non manca mai!
A ben vedere, non si tratta dell’esito di una necessità istituzionale, no;
si tratta della vittoria dell’ideologia del superamento di destra e sinistra.
En marche, in cammino, per strada...per andare dove?
Macron sarà anche un’ottima persona, ma apre una strada pericolosa.
Nasce il trasformismo del nuovo millennio, per di più – guai a informare
di questo le/i Francesi dei Lumi!- sfruttando un brevetto tutto italiano
a partire da Depretis!
Il trasformismo è davvero forte e annulla ogni antica cultura;
anzi in Italia riesce a rendere monarchico anche un repubblicano!
Ma la continuità né di destra né di sinistra traccia in Italia una sua strada:
Depretis, Giolitti, Fascismo.
Quale sarà la strada in Francia? Si può rischiare?

Si spera trovi un freno questo nuovo trasformismo da nuovo millennio
nel rifiuto sensato, critico e libero di milioni di persone di “sinistra”,
nel senso ancora con forza tracciato da Papa Francesco,
e si spera si possa bloccare questo esercizio ambiguo del potere politico,
affidato ora alla miracolosa gestione del monocrate maschio di turno,
per giungere a un’estensione della democrazia tra uomini e donne alla pari.
Per un’uguaglianza della dignità della persona, sempre.

O no?
Severo Laleo

P.S. L’idea di un governo di uomini e donne alla pari (11 e 11) in Francia
ormai può dirsi una costante: con Hollande sembrò una “graziosa concessione”;
ora appare un fatto istituzionale, necessario: la strada è giusta.

domenica 7 maggio 2017

Viva Macron! Peccato, ancora un’occasione perduta



Macron ha vinto. La scelta delle parole, 
nel suo discorso presidenziale, “umiltà, forza e amore” 
per il suo servizio alla Repubblica è degna di apprezzamento.
Ma ancora tutto continuerà a scendere dall’alto.
Ancora troppo dipenderà da un potere monocratico.
La democrazia è sempre ferma al gradino del voto.
Chi scriverà le regole per una nuova, democratica
Costituzione?
Solo la France Insoumise aveva proposto di andare
oltre la Quinta Repubblica, attraverso passaggi
di una qualche novità. Questi, segnati in neretto:
La monarchie présidentielle est à bout de souffle.
Il faut l’abolir. Nous voulons en finir avec la Ve République. 
L’oligarchie et la caste au pouvoir ne représentent
pas le peuple. Pour cela, nous proposons aux Français
d’écrire une nouvelle Constitution, celle de la 6e République.
Le peuple souverain doit redéfinir nos règles démocratiques 
et définir de nouveaux droits
sociaux, écologiques et émancipateurs.
Convocation d’une Assemblée constituante par référendum
(article 11 de la Constitution actuelle)
Référendum final d’approbation par le peuple français
Transparence des travaux pendant toute la durée
d’écriture de la nouvelle Constitution
Aucun parlementaire de la Ve République
Permettre à tous les citoyens d’y participer
(congés professionnels, rémunération pendant les travaux)
Autant de femmes que d’hommes
Désignation à la proportionnelle nationale,
incluant des personnes tirées au sort.

Forse la Francia ha perso un’occasione per guidare
l’Europa verso una democrazia di persone alla pari.
Questo compito toccherà ormai ad altri.
O no?

Severo Laleo