martedì 22 maggio 2012

Ora le “Quote Rosa” hanno anche un costo. Minimo




La notizia è così raccontata sul Corriere della Sera.it:
QUOTE ROSA - Riceve l'ok anche la proposta di modifica che di fatto introduce 
le «quote rosa». Messa a punto dalla parlamentare del Pd, Sesa Amici, 
la norma prevede la decurtazione del 5% dei finanziamenti a quei partiti 
che non garantiscano un'adeguata rappresentanza di donne in lista. 
Questo, in sostanza, il testo: i contributi pubblici sono diminuiti del 5 % 
qualora il partito o il movimento politico abbia presentato 
«nel complesso dei suoi candidati per l'elezione dell'assemblea di riferimento 
un numero di candidati del medesimo genere superiore ai due terzi del totale, 
con arrotondamento all'unità superiore». Grande soddisfazione per questo voto 
viene espressa dalla parlamentare. «Si tratta di una proposta concreta 
- commenta - per aumentare la partecipazione delle donne alla politica.»”
Quindi, per aumentare la partecipazione delle donne alla politica, 
basta la minaccia, immagino, per i partiti “maschilisti”, di un taglio 
del 5% dei contributi pubblici. Ma via, non è possibile!
Non possono le donne aprirsi una strada nella giungla attuale del potere politico,
tentando di “monetizzare” la propria assenza/presenza. 
E da risorsa, diventano peso/penalità.
E’ un pessimo esempio, mi dispiace. Anche per le future generazioni.
Eppure basterebbe inserire negli Statuti dei Partiti una semplicissima norma: 
in ogni elezione i candidati e le candidate devono essere pari di numero”.
Chi potrebbe votare contro, senza essere derisa/o!
E se un partito non approvasse la norma, non meriterebbe certo 
la presenza delle donne, anzi, quelle donne di quel partito sarebbero libere 
di costituire, sempre in quell’area politica di riferimento, 
un proprio partito di sole donne. Per dignità.
O no?
Severo Laleo

P.S. Eppure continuo ancora a sperare nella forza politica delle donne, 
almeno a sinistra, per il superamento, nei partiti e nelle istituzioni, 
del "monocratismo" di matrice maschilista 
(quanti uomini, "uni", della provvidenza!), 
con il "bicratismo" di genere per una nuova società di "pari".

domenica 20 maggio 2012

Senso del limite



Seguo, in diretta, la conferenza stampa del Procuratore di Brindisi.
Al centro la tragedia di Melissa e del Paese.
I giornalisti incalzano, svolgono bene il mestiere.
Il procuratore risponde, svolge bene il mestiere.
Ma perché gli capita più volte di sorridere?
La professionalità, oggi, dovrebbe vestire solo 
l'abito della compostezza.
O no?
Severo Laleo

La scuola, di nuovo, bottega di civiltà


 Cara Melissa, cara Veronica, care/i alunne/i dell’Istituto “Morvillo Falcone”,
ormai è chiaro a tutti, il volto pulito e libero dell’Italia siete voi.
Siete voi, così determinati a gridare, dalla vostra scuola, a tutti noi,
di “guardare la legalità in faccia”, nei volti amici di Falcone e Borsellino;
siete voi, così determinati a chiedere di “attuare finalmente le idee e proposte
di Giovanni Falcone, anche per dare un senso a morti di giovani studenti,
caduti in una guerra troppo spesso tradita da chi l’avrebbe dovuta combattere
con loro: potenziamento dei pool antimafia; 
sequestro immediato dei beni dei mafiosi;
esclusione di proventi di attività criminali dalla scudo fiscale;
carcere duro per tutti i boss e affiliati di mafia, camorra e ‘ndrangheta“;
siete voi, con la vostra speranza fervida di un futuro normale in un Paese civile,
siete voi, e solo voi, la  “minaccia” vera e irriducibile
per chi continua, con l’arroganza ignorante dell’imbroglio, con le ribalderie,
con le connivenze, con la violenza, da delinquente, a tenere il Paese
nella paura e nella sudditanza.
Sono delinquenti e schiavi i manovali delle bombe,
sono delinquenti e padroni i mandanti delle stragi,
sono delinquenti e complici i silenzi di chi sa,
sono delinquenti e ignavi i ritardi della classe politica,
sono delinquenti e insopportabili le nostre pigrizie mentali.
Ma il tuo sacrificio, cara Melissa, con l’infinito dolore dei tuoi cari,
la tua sofferenza, cara Veronica, le vostre ferite, care/i ragazze/i,
siatene certi, costringeranno noi tutti, Resistenti del 2000,
ad aprire gli occhi, definitivamente,
perché anche al nostro Paese sia data la possibilità
di costruire una via nuova, la vostra, verso la civilizzazione.
E toccherà di nuovo alla scuola, con i suoi poveri mezzi e strutture,
ma con la generosa e misconosciuta serietà larga dei suoi operatori,
seguendo l’intuizione, pedagogica, di Dalla Chiesa, un generale, e di Caponnetto,
un magistrato, difendere, contro la violenza mafiosa, la civiltà della mitezza.
Per il cambiamento della nostra società.
E sappia il nostro Ministro dell’Istruzione, per le sue decisioni nel caso,
per le finalità dei nuovi investimenti, ora d’obbligo, senza altre scuse,
che la scuola della legalità è la scuola dell’accoglienza, della “promozione”,
della cooperazione, fra tutti e per tutti, senza esclusioni;
in una parola, è la scuola della gioia della vita
contro la strategia della paura della morte.
Un abbraccio a tutte/i voi, con l’impegno a essere al vostro fianco,
Severo Laleo


venerdì 18 maggio 2012

Stato Amico? La trasparenza della Pubblica Amministrazione è d’obbligo


 
Ecco l’annuncio della nascita di Foia.it per un "Freedom of Information Act" italiano: Il diritto di accesso alle informazioni della pubblica amministrazione. Lo rivendicano con urgenza le associazioni della società civile attive nella rete e nella carta stampata, giornalisti, professori ed esperti della pubblica amministrazione che si sono riuniti ieri presso la sede della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi). L’obiettivo comune è quello di ottenere, anche in Italia, un Freedom of Information Act (Foia), ovvero una legge che come già avviene in tutti i Paesi democratici - permetta in concreto alla comunità di controllare e far funzionare meglio le proprie istituzioni.
La totale trasparenza di quanto sta alla base delle decisioni pubbliche (i pareri interni, i documenti, le "carte" insomma), a tutti i livelli, è un formidabile strumento di "buon governo" che i cittadini attivano, non solo negli Stati Uniti e nel Nord Europa. In ottanta Paesi, nei cinque continenti (tra cui - oltre a Canada, Usa, Regno Unito e Svezia vi sono anche Messico, Brasile, Sud Africa, Nigeria, India, Giappone, Giordania e molti altri) il diritto di accesso alle informazioni e ai documenti della pubblica amministrazione funziona come bussola della pubblica opinione nelle piccole cose e nelle grandi crisi. Ma così non è in Italia, dove addirittura è esplicitamente negato per legge ciò che in gran parte dei Paesi occidentali costituisce la ragion d'essere della disciplina in vigore.
Lo stesso giornalismo non è costretto a fare la sua parte solo il giorno dopo, quando è venuta giù per il terremoto dell'Aquila la casa dello studente e ha ucciso i ragazzi.
L’Iniziativa per l'introduzione di un Freedom of Information Act prende corpo da oggi con un sito web ( www.foia.it ) nel quale sono illustrati gli obiettivi e sono evidenziati 10 buoni motivi che spiegano il perché di questa urgenza. Aprire i cassetti dà ossigeno alla democrazia che ne ha davvero bisogno, è un vero ostacolo alla corruzione e fa anche risparmiare.
Poche norme, semplici e chiare, da votare subito, possono aiutare una svolta traducendo quella che ora è una necessaria affermazione di principio in fatti tangibili.
Con l'Iniziativa e il sito Foia.it i promotori intendono informare i cittadini del loro diritto a conoscere e dei modi per esercitarlo, per quanto possibile, sin da subito: nei Comuni, nelle Regioni, negli enti pubblici dove buoni amministratori vogliono lavorare alla luce del sole. In materia ambientale (discariche, inquinamento, amianto), ad esempio, è già possibile ottenere importanti informazioni utilizzando la "convenzione di Aahrus", ratificata dall'Italia”.
Forse solo con la trasparenza un moderno stato democratico 
potrà diventare anche amico.
O no?
Severo Laleo

giovedì 17 maggio 2012

Parità uomo/donna e bicratismo perfetto. Appunti per una società nuova



Ormai non è più una novità, anzi si avvia a diventare “norma”,
la #parità donna/uomo nel Governo di un Paese:
Hollande, rispettando la promessa elettorale
(di evidente interesse per ogni elettrice, appunto, donna),
avrà un esecutivo di 17 donne e 17 uomini,
sebbene qualche ipercritico già calcoli i “pesi” dei diversi ministeri
(non vorrei si inventasse il manuale Cencelli dei generi!).
Forse è ora - ma il maschilismo nei nostri partiti è troppo radicato-
di estendere questa “norma” al nostro Paese
e a tutte le giunte degli enti locali, da Nord a Sud,
anche per il suo valore, a livello politico e culturale, unificante.
Eppure bisogna andare oltre. Qualcosa non convince in questa parità di governo,
elargita per illuminazione o per promessa elettorale:
la parità uomo/donna, in un organo di governo collegiale,
appare, ed è,  ancora una decisione personale e “illuminata”
di un organo monocratico, a prescindere dal suo genere.
Se non irrompe, la parità uomo/donna, nel livello monocratico di ogni “governo”,
la nostra società continuerà a restare imbrigliata 
nelle antiche strutture di potere di produzione maschile.
La scalata alla parità uomo/donna attraverso le quote rosa
non riuscirà mai a scalfire la struttura maschilista 
della nostra organizzazione sociale, se non spezza il monocratismo.
Per aprire una via possibile al cambiamento della società,
anche nella direzione dell’estensione della democrazia e della trasparenza,
e soprattutto della formazione di una decisione pubblica
non più condizionata/dominata da una cultura di genere maschile,
in tutte le “sedi/posizioni” di natura decisoria di pubblica utilità
la presenza uomo/donna non può non essere pari, anzi, dovrà essere pari.
In realtà, il monocratismo, il potere/dominio, cioè, di uno solo,
anche per via democratica, è proprio l’esito peggiore del #maschilismo,
con tutte le sue degenerazioni, dal leaderismo carismatico 
all’uomo della provvidenza (la P maiuscola, in questo caso, sarebbe un’offesa
all’intelligenza di qualsivoglia Provvidenza!).
Il maschilismo cade solo insieme al monocratismo.
Forse solo il bicratismo perfetto potrà segnare una nuova stagione di cambiamento.
O no?
Severo Laleo

martedì 15 maggio 2012

“Quello che (non) ho”? E’ da dare a tutti! In empatia.



Non si era mai visto in televisione, nel luogo delle immagini e dei suoni veloci,
un trattamento di visibilità così esclusivo, continuo e profondo per le “parole”,
a prescindere dalle forme diverse di discorso e di testo.
Forse solo il maestro Manzi, con pari  intensità, riuscì, in passato, in Tv,
a dare alle “parole” altrettanta visibilità, per offrire, allora, 
gli strumenti del sapere, a chi, non per sua colpa escluso dal bene-istruzione, 
chiedeva di imparare a “leggere”.
#Fazio e #Saviano tornano, novelli maestri, nella Tv del consumo rapido 
e del danarismo avvilente di oggi, a dare visibilità alle “parole”, per offrire,
a chi sceglie di tenere gli occhi aperti, gli strumenti di comprensione della realtà,
non più attraverso le lettere in bella grafia alla lavagna,
ma attraverso il racconto attento, drammatico, di significati e di fatti.
E tra questi, le violenze (e tra queste, i nuovi #suicidi, gli antichi #femminicidi).  
Grazie alle parole di “Quel che (non) ho” la Tv torna a “parlare” a tutti,
non per un agitato divertire/addormentare, ma per sereno incupire/svegliare,
sia pure solo per suggerire riflessioni.
Bravi!
Ma forse “quello che (non) ho” è da dare a tutti, in empatia, almeno per augurio.
O no?
Severo Laleo

sabato 12 maggio 2012

“Diversi. E allora?” Anzi: meno male!



Rubo la battuta, felice, a Marcello Buiatti, intervenuto oggi al Convegno
Diversi. E allora?”, organizzato a Firenze, alla maniera antica
(cioè impegno civile, passione politica e autofinanziamento), 
da un gruppo di Associazioni di Migranti e molti altri. 
Un convegno -dove la memoria di Diop Mor e Samb Modou è presente e viva- 
perfetto per semplicità (ritualità a zero) e interesse
(discorsi brevi di parole vere di Pape Diaw, Anna Maria Rivera, Michela Balocchi,
Jean-Leonard Touadi, don Alessandro Santoro, e di tutti gli altri).
La diversità -ha sostenuto Buiatti- meno male che c’è!”, anzi è fonte di gioia 
(almeno nella sua esperienza personale). E non si può non essere d’accordo.
Eppure, perché il razzismo è così difficile da sconfiggere, 
e continua a covare latente nella nostra società, nelle nostre scuole, 
nei nostri comportamenti, nell’azione politica?
Speriamo giungano domani, dai tanti Worshop, utili indicazioni per contrastare,
non solo qui a Firenze, il pericolo di questo nuovo e violento,
anche quando è subdolo, #razzismo.
O no?
Severo Laleo

P.S. Solo per sorridere. Un po'.
A conclusione del suo vibrante, e a voce sperlita, intervento, il “nostro” 
(è anche “sua” la “nostra” libertà!) combattente partigiano Silvano, 
forte dei suoi 87 anni, ha gridato la sua gioia di trovarsi tra tanti giovani, 
con un riferimento, dolce, simpatico alla sessualità, quasi a confermare, 
sia pure solo per celia, l’antico vizio della nostra povera cultura maschilista 
(radice da sempre di razzismo), uguale a destra, a centro, a sinistra.
O no?

martedì 8 maggio 2012

L’urlo violento della crisi e la sordità "tecnica" del Governo



Il Presidente del Consiglio Monti, parlando dei suicidi legati 
alle conseguenze della crisi economica, ha dichiarato:
 Le conseguenze umane della crisi dovrebbero far riflettere
chi ha portato l’economia in questo stato
e non chi da quello stato sta cercando di farla uscire”.
In teoria, non ha tutti i torti il Presidente del Consiglio
(la crisi non è sua, viene da lontano), e non ha, il Presidente,
responsabilità diretta nella mala gestione dell'economia 
di ventata berlusconiana, aggravata dalla sfrenata corsa, 
corruttiva e ignorante, al danaro dei suoi alleati e servi liberi,
eppure parla solo da tecnico, anzi da professore, 
pronto a rimproverare altri e incapace  di offrire risposte immediate a chi è nel bisogno.
Quanto decisionista e rapido è nell’imporre, sul piano economico, 
i “tagli”, tanto perplesso e lento è nel trovare, sul piano umano, 
i nuovi “orditi”.
Se, con tempismo, è riuscito a reperire e nominare alti Supertecnici
pronti subito, con urgenza, a risolvere problemi di “conti”,
perché il nostro Presidente ancora non riesce a scovare,
per risolvere problemi di “persone”, altri Supertecnici,
magari solo per aprire un Centro d’Ascolto,
per dare una speranza a tutte le persone “in grave crisi”?
Forse perché il “servizio” e, a volte, il “dono” 
non sono affar di governo.
O no?
Severo Laleo