giovedì 18 maggio 2017

Né di destra né di sinistra, il cammino triste dei “seguaci”





Si chiama Cédric Villani, ha 43 anni, il candidato ideale di En Marche,
il movimento -meglio forse si potrebbe dire, la “marcia”- di Macron.
A leggere il Corriere.it si tratta di un celebre matematico,
vincitore nel 2010 della medaglia Fields (per comodità definita
l’equivalente del Nobel), e oggi direttore dell’Institut Henri Poincaré
di Parigi.” Un gran competente!



Intervistato, in quanto candidato macroniano all’Assemblea Nazionale
in una zona “con quartieri popolari e altri abitati dalle cosiddette élite”,
così illustra il suo progetto: “La sfida fondamentale qui, e a livello
nazionale, sarà far dialogare le due realtà, fare sentire tutti parte
di uno stesso progetto”. E quasi cancella, credo si possa arguire, 
il conflitto democratico sinistra/destra.
(Ma un nostro giovanissimo Piero Gobetti, non valente matematico,
ma semplicemente osservatore critico della società, non sarebbe d’accordo.)



Quando il giornalista del Corriere.it, il corrispondente da Parigi
Stefano Montefiori, gli chiede se prima di Macron si definisse
di destra o di sinistra, il matematico, indossando la sua veste
di cittadino e di elettore, risponde: “Non ho mai voluto scegliere,
ho sostenuto personalità di sinistra come Anne Hidalgo
o Gérard Collomb ma appoggiavo loro, non il partito.
Quando è arrivato il movimento di Macron ho pensato che sembrava
fatto apposta per me”.



Ecco, questo giovane matematico nella sua vita civica di elettore,
pur votando, in realtà non ha mai scelto tra destra e sinistra,
e mai ha appoggiato/sostenuto idee di partito, ma solo singole 
personalità. E oggi la scelta di né destra né sinistra di Macron
sembra fatta apposta per lui. Legittimo, possibile, ma non auspicabile. 
E’ già successo nella storia: porsi al servizio di un uomo, 
e non di idee/valori, diventare un seguace, sostenere di essere 
né di destra né di sinistra con il fine poi di unire
élite e popolo”, non è una scelta nuova di cambiamento 
per la democrazia, ma di continuità con il passato e attraverso 
antichi percorsi.



Forse Cédric Villani, 43 anni, nel suo pensare/agire politico -si fa solo
per reggere una polemica, giudicare la persona sarebbe qui una pretesa
ingiustificabile-, continua, da gran matematico, a scegliere di essere 
un grosso numero in una serie al seguito. Il futuro esige altro.



O no?

Severo Laleo

mercoledì 17 maggio 2017

Né di destra né di sinistra: la nuova ideologia (antidemocratica)... del trasformismo




Le ideologie sono un residuo del Novecento. Dicono in tanti. Troppi.
Ma davvero? E’ sicuro?
Non è forse un’ideologia robusta anche la corsa novella verso l’annullamento
di senso dell’essere di destra o di sinistra, soprattutto da parte di nuovi
giovani leader (tutti di genere maschio)? E tutti solitari capitani a tu per tu
con il popolo, almeno quel popolo ammaliato dal nuovo verbo:
né di destra né di sinistra?

Solo Papa Francesco, con ammirevole coerenza, senza cedere al dinamismo
agitato dei nuovi capipopolo, giocatori al banco del Potere, continua,
con parole e azioni, a ricordare il messaggio fondamentale del senso
della sinistra in politica: la lotta alle disuguaglianze
per il primato della persona.
Tutti gli altri “leader” sedicenti né di destra né di sinistra, nel rifiutare
l’idea fondamentale della sinistra, non abbandonata da Papa Francesco,
tendono, accalappiando il Potere, con contorte, obsolete modalità di raccolta
del consenso, a confermare le disuguaglianze.
E all’unisono, al di là del valore personale di ciascuno
-e le differenze sono tra loro a volte abissali, per serietà e competenze-
sembrano dire: Ghe pensi mi!

Né di destra, né di sinistra, s’agita a dire ora anche Macron!
E cosa inventa per il suo governo? La teoria dell’amalgama!
Qui un po’ di sinistra, là un po’ di destra. Tanto il centro non manca mai!
A ben vedere, non si tratta dell’esito di una necessità istituzionale, no;
si tratta della vittoria dell’ideologia del superamento di destra e sinistra.
En marche, in cammino, per strada...per andare dove?
Macron sarà anche un’ottima persona, ma apre una strada pericolosa.
Nasce il trasformismo del nuovo millennio, per di più – guai a informare
di questo le/i Francesi dei Lumi!- sfruttando un brevetto tutto italiano
a partire da Depretis!
Il trasformismo è davvero forte e annulla ogni antica cultura;
anzi in Italia riesce a rendere monarchico anche un repubblicano!
Ma la continuità né di destra né di sinistra traccia in Italia una sua strada:
Depretis, Giolitti, Fascismo.
Quale sarà la strada in Francia? Si può rischiare?

Si spera trovi un freno questo nuovo trasformismo da nuovo millennio
nel rifiuto sensato, critico e libero di milioni di persone di “sinistra”,
nel senso ancora con forza tracciato da Papa Francesco,
e si spera si possa bloccare questo esercizio ambiguo del potere politico,
affidato ora alla miracolosa gestione del monocrate maschio di turno,
per giungere a un’estensione della democrazia tra uomini e donne alla pari.
Per un’uguaglianza della dignità della persona, sempre.

O no?
Severo Laleo

P.S. L’idea di un governo di uomini e donne alla pari (11 e 11) in Francia
ormai può dirsi una costante: con Hollande sembrò una “graziosa concessione”;
ora appare un fatto istituzionale, necessario: la strada è giusta.

domenica 7 maggio 2017

Viva Macron! Peccato, ancora un’occasione perduta



Macron ha vinto. La scelta delle parole, 
nel suo discorso presidenziale, “umiltà, forza e amore” 
per il suo servizio alla Repubblica è degna di apprezzamento.
Ma ancora tutto continuerà a scendere dall’alto.
Ancora troppo dipenderà da un potere monocratico.
La democrazia è sempre ferma al gradino del voto.
Chi scriverà le regole per una nuova, democratica
Costituzione?
Solo la France Insoumise aveva proposto di andare
oltre la Quinta Repubblica, attraverso passaggi
di una qualche novità. Questi, segnati in neretto:
La monarchie présidentielle est à bout de souffle.
Il faut l’abolir. Nous voulons en finir avec la Ve République. 
L’oligarchie et la caste au pouvoir ne représentent
pas le peuple. Pour cela, nous proposons aux Français
d’écrire une nouvelle Constitution, celle de la 6e République.
Le peuple souverain doit redéfinir nos règles démocratiques 
et définir de nouveaux droits
sociaux, écologiques et émancipateurs.
Convocation d’une Assemblée constituante par référendum
(article 11 de la Constitution actuelle)
Référendum final d’approbation par le peuple français
Transparence des travaux pendant toute la durée
d’écriture de la nouvelle Constitution
Aucun parlementaire de la Ve République
Permettre à tous les citoyens d’y participer
(congés professionnels, rémunération pendant les travaux)
Autant de femmes que d’hommes
Désignation à la proportionnelle nationale,
incluant des personnes tirées au sort.

Forse la Francia ha perso un’occasione per guidare
l’Europa verso una democrazia di persone alla pari.
Questo compito toccherà ormai ad altri.
O no?

Severo Laleo

giovedì 4 maggio 2017

Fake news e … Tucidide


Per il direttore dell’ANSA, Luigi Contu, “una notizia è un fatto vero, 
rilevante e che interessa la collettività. Una fake news è una notizia 
volutamente falsa".
Si può concordare, anche se il rapporto tra notizia e fatto vero è sempre molto
problematico. Ma, ed ecco il punto ancor più grave, se la fake news
gira sui social diventa -è facile immaginare in questi tempi di comunicazione
imbrogliona- spessissimo vera per molti. Perché?
Perché, ammonisce da un lontano passato Tucidide, “molti, 
con troppa leggerezza, preferiscono arrestarsi agli elementi immediati
che non esigono applicazione e studio”; e “in genere accolgono e tramandano 
fra loro, senza vagliarle criticamenteanche se concernono vicende 
della propria terra, le memorie del passato.”



Per Tucidide ogni notizia/fatto deve essere “frutto di indagini e di studio”,
deve passare al “vaglio di indizi e testimonianze”, anche perché il fine
di chi vuol diffondere notizie e raccontare fatti è “la ricerca della verità”.
E così continua Tucidide, nell'illustrare il suo metodo di lavoro
nel raccogliere fatti e notizie e discorsi: “ho ritenuto mio dovere descrivere
i fatti non sulla base di elementi d'informazione ricevuti dal primo 
che incontrassi per via; né come paresse a me, con un'approssimazione arbitraria,
ma analizzando con infinita cura e precisione,
naturalmente nei confini del possibile, ogni particolare dei fatti cui avessi 
di persona assistito, o che altri mi avessero riportato.

I produttori/sostenitori delle fake news sono avvertiti.
O no?

Severo Laleo

domenica 26 marzo 2017

Elisabetta di Boemia e la "maledizione del sesso". A proposito del romanzo "Le passioni dell'anima" di R. Simone




Caro prof. Scapece,
se ti capiterà tra le mani il romanzo di Raffaele Simone Le passioni dell’anima,
leggilo; è una lettura molto godibile, anche se a volte, per empatia con Cartesio,
sei trascinato a condividere una solitudine cupa da clima iperboreo; 
grazie a un racconto con “velature”, la lettura è godibile non solo a lettori 
esperti, ma anche a lettori di buona volontà. Sì, perché ogni lettore pare avere 
la sua occasione per scoprire “quel che si deve ai protagonisti” 
e quel che il romanziere ha aggiunto.
A me l’occasione è capitata, e lieve ho sorriso, solo quando ho incontrato,
a pagina 194, il portoghese “spregiudicatoAntonio Damasio
Povero Damasio, “che si dichiara medico”! Purtroppo, conquistata la baldanza 
di chi ritiene di poter capire anche altro, quando, sul finir dell’opera, 
ho letto la bellissima lettera di Elisabetta di Boemia a Monsieur Descartes
ho creduto, sospettoso, di poter vedere qua e là la mano del romanziere, 
forse per una presenza fine di sensibilità moderna.
Ma la nota finale Al lettore, a cura del romanziere, confermando l’autenticità 
della lettera, smonta l’incauta baldanza. Così, caro Scapece, ho voluto 
rileggere la lettera per riparare un torto, e, godendo appieno delle “bellissime 
parole” di civiltà e d’amicizia di Elisabetta, mi sono sorpreso a inseguire 
i miei soliti pensieri.
La lettera te la invio, perché tu possa leggerla secondo i tuoi sentimenti,
e ti invio anche questa mia interessata interpretazione che, conoscendo
la tua pazienza saggia di napoletano, so che leggerai: solo tu puoi!
Elisabetta, nell’esprimere il suo non più differibile bisogno di avere notizie
positive e dirette di Descartes, si dichiara disposta con gioia a viaggiare
fino a Stoccolma. Ecco, caro Scapece, la forza delle sue parole:
La maledizione del mio sesso m’impedisce la gioia che mi darebbe 
un viaggio verso Stoccolma, dove ben verrei per imparare le verità 
di metafisica e di scienza che traete dal vostro giardino e dalle vostre riflessioni.” 
Capisci, Scapece, la maledizione del sesso! E, guarda, non è un lamento. No! 
E’ l’affermazione constatazione di una situazione di fatto, di una condizione 
dei tempi, appunto una maledizione, quindi non accettabile, da superare 
senz’altro. Non è forse una richiesta serena, non piccata, anzi gioiosa 
di parità uomo-donna?
Anzi più avanti, nel raccontare il suo sforzo per imparare qualche parola 
di spagnoloscrive proprio di parità, meglio di sentirsi al pari 
con il suo miglior medico, sempre con un tono garbato di fine ironia: 
Vedete che anch’io, per puro amor vostro e quasi per sentirmi al pari con voi 
col solo emulare i vostri sforzi, sto imparando qualche parola di spagnolo?”
E ancora, con più sicurezza di giudizio, senza spirito di rivalità tra i sessi:
Nella notte dell’ignoranza, nel gelo di un mondo sconosciuto e avverso, 
poche persone (tutti uomini, ahimè: alle donne questa prerogativa 
non è riconosciuta) portano la fiaccola della scienza contrastando il buio 
con la loro debole fiamma.”
Caro prof. Scapece, questa Elisabetta di Boemia ha un’idea così chiara 
e naturale della parità dei sessi da destare un’ammirata attenzione. 
E forse potrà ben figurare nelle biografie dell’Enciclopedia delle donne.
O no?

 Severo Laleo

mercoledì 8 marzo 2017

Una donna dovrebbe guidare l'Italia?



"Ora una donna dovrebbe guidare l'Italia"
si legge in un titolo de lastampa.it
quasi a sintesi di un sondaggio per La Stampa dell’Istituto Piepoli.
Oddio, l'auspicio appare desiderabile, e molto,
solo a pesare le "virtù" di quasi tutti i leader (maschi alfa)
di qualsivoglia parte di questa travagliata repubblica
a partire dalla "discesa in campo" di Silvio
(i leader, si sa, amano essere acclamati per nome).
Ma una guida di donna non può di per sé cambiare il sistema.

E sarà anche vero, secondo il sondaggio,
che "i cittadini italiani esprimono la loro convinzione
che più donne alla guida del Paese garantirebbero maggiore spazio
per le politiche giovanili, più attenzione per le politiche
di conciliazione, per il contrasto alla povertà e alle discriminazioni,
più vicinanza ai bisogni di tutti.E ancora, che “nel 70 per cento
dei casi gli italiani affermano che voterebbero per un movimento
con leader donna e una maggioranza di dirigenti donne."
Ma anche questo non risolve i nostri guai.

Il problema guaio è il monocratismo e la sua conseguente struttura
di lotta politica, ispirata ancora alla lotta primordiale
tra maschi alfa: non è cambiato niente fino a oggi,
anche a leggere Panebianco!
E' la figura del leader monocratico, uomo o donna che sia,
a non funzionare, perché la logica del "duello" non è una scelta
di civiltà, ma un residuo della pratica del branco.
Se riusciamo a trasformare/superare il monocratismo di sempre,
adottando per il futuro strutture di potere duale, di coppia,
un uomo e una donna sempre, forse le proposte di decisione,
vagliate in organismi di gestione a perfetta parità uomini-donne,
potrebbero acquistare un più di civilizzazione.
O no?

Severo Laleo

domenica 26 febbraio 2017

Myrta Merlino, Liliana Cavani, Livia Turco, Claudia Mancina e Violante


Myrta Merlino, Liliana Cavani, Livia Turco, Claudia Mancina e Violante

I ruvidi contrasti all’interno del Pd, fino alla definitiva scissione, hanno aperto,
a leggere i duri giudizi di alcune osservatrici, anche una nuova questione femminile:
Myrta Merlino, su HP, non riesce a spiegarsi le ragioni del silenzio (rumoroso)
delle donne del Pd e nota sorpresa la dirigente Serracchiani silenziosa e cupa
assistere al dramma (si fa per dire!) della separazione.
La scomparsa della voce femminile, pur forte e robusta, in un momento
di così grave crisi, appare quindi quanto meno strana e genera una serie
di osservazioni anche pesanti: “Il Pd è tornato un pollaio popolato
di soli galli. Il che, notoriamente, non porta fortuna. Questo eccesso
di testosterone non facilita il confronto” scrive Merlino. E cita, a sostegno,
sia Liliana Cavani: “Il Pd sembra un partito di uomini, con aspiranti
leader solo uomini. Quella delle donne è una visione politica in genere
più sottile e globale. Invece emerge uno dei gravi problemi di una sinistra
di vari capetti che ignorano l'esistenza e l'intelligenza delle donne.
È come se un motore funzionasse a metà."; sia Livia Turco:
"al prendersi cura del partito in questi anni si è sostituita l'ipertrofia
dell'io maschile che ha massacrato le relazioni umane".
Ma Claudia Mancina, scrivendo al Corriere, rifiuta l’idea di una voce collettiva
delle donne e lamenta al contrario la mancanza di una leadership al femminile.
E scrive: “La politica è battaglia, è decisione, è capacità di mettersi a rischio.
Se dalle donne ci aspettiamo che si muovano come un gruppo, sarà difficile
che sviluppino queste qualità. E non saranno mai leader; al massimo seconde,
vice, come propone Violante a Orlando, nel caso che questi scelga di candidarsi.
Io non voglio più donne che facciano da vice a qualcuno. Voglio donne
che siano prime, che siano leader, come ce ne sono tante negli altri paesi.
Voglio donne ambiziose, che abbiano voglia di competere per le posizioni
più alte, non per partecipare ma per vincere.”.

In verità Luciano Violante non parla di vice, ma svolge un pensiero desiderio
nei confronti di Orlando, aspirante segretario del Pd, il desiderio cioè di vedere
la candidatura di Orlando affiancata da una candidatura femminile.
Non sono note le ragioni del pensiero desiderio di Violante, e forse non sono
solo strumentali per la campagna elettorale; nel pensiero desiderio di Violante,
in quel suo pronunciare il verbo affiancare e in quel suo dire candidatura femminile
forse c’è anche altro.
Non c’è il richiamo al “gruppo donne” del Pd di rompere il silenzio e diventare
partecipi del dramma, non c’è l’invito alle donne di diventare prime, leader
e ambiziose, c’è qualcosa di più, c’è un’idea di una leadership di coppia, di un uomo e di una donna alla pari, contro l’ipertrofia dell’io maschile, contro la prepotenza
violenta del Maschio Alfa.
Chissà, forse anche Violante si schiera con il bicratismo, riconoscendo
nel monocratismo l’esito strutturale del maschilismo atavico. Anche perché
con Trump si è toccato il fondo.
O no?
Severo Laleo




sabato 11 febbraio 2017

Il Maschio Alfa Trump, le Stelle di Salemme e la fine del monocratismo




Negli ultimi decenni, un po’ in giro per il mondo, Italia non esclusa,
la Politica è stata appannaggio di leader cosiddetti forti, capaci di attirare
la simpatia del popolo con la roboante narrazione di saper/voler cambiare
il mondo: insieme, leader e popolo, all’unisono. Ma era un inganno.
E a molti, spesso dall’animo semplice, ma attenti all’essenza del vivere
civile, era già chiaro.
Eppure ancora oggi, specie con l’arrivo imprevisto di Trump,
anche in Europa, si continua a chiedere, con nuova veemenza, il Leader Forte,
un nuovo Maschio Alfa, a sicura guida di una tribù (non importa se poi
a reggere il Potere della tribù sarà per un caso una Donna, tanto la struttura
del Potere, nel suo monocratismo, resta qual è, cioè l’esito di un’antica
pratica di lotta tra maschi, tutta dentro una tradizione, pur a tratti nobile,
di maschilismo, anche se oggi in via di accerchiamento).
Ma inseguire in Europa, oggi, il Leader Forte è un inganno grosso,
insensato, perché al contrario c’è un bisogno diffuso di nuova comunità,
di nuova saggezza politica, a responsabilità corale. Ma tant’è!

“‘E femmene so comme ‘e stelle si te pierde li ‘a guardà” scrive Salemme
in una sua dolcissima canzone; per Salemme -e non sbaglia- le donne sono
un punto di riferimento necessario per ogni uomo, specie se/quando “si perde”,
e, da innamorato naturalmente, aggiunge “una ‘e lloro è ‘a stella mia
pecchè quanno ‘a notte è scura e stu core s’appaura
pare comme si ‘a sentesse ca me dice aiza ‘a capa,
sient’ addore guarda ‘ncielo e staje sicuro tanto io stongo sempe ccà”.

Trump sembra non avere -in realtà nessuno conosce l’animo umano-
una “Stellada guardare, anzi pare proprio il contrario; cioè anche
la sua Stella ruota intorno a Lui, il Maschio Alfa per eccellenza.
La sua solitudine appare totale. E per questo per tutti è un pericolo.
E intorno a lui tanti Maschi d’affari. E già, i Maschi controllano ancora
pienamente il potere economico, e nel campo del potere economico
esercitano la più dura dittatura, il più convinto monocratismo:
la presenza femminile è residuale.
Trump, da Maschio uso al potere economico, non abituato in quel mondo
a “guardare” una sua Stella, diventato Presidente della più grande
democrazia moderna, istintivamente coltiva l’illusione
di poter continuare da solo a comandare. Maschio solo al comando!
Sarà possibile?
Chissà, forse sarà grazie al Maschio Alfa Trump se la democrazia
più grande del mondo imparerà a conoscere la fallacia del monocratismo
e proverà a chiamare, per reggere le sorti del governo (e non solo),
non più un Amministratore Delegato, un monocrate,
ma una coppia, un uomo e una donna, per una Presidenza duale.
O no?
Severo Laleo


lunedì 23 gennaio 2017

Faust, Margherita e la marcia delle donne



Oggi, 23 Gennaio 2017, nel giorno di S. Emerenziana, martire, 
giovane vergine lapidata, al Teatro dell'Opera, a Firenze, è in scena il Faust 
di Gounod. Protagonista dell'opera non è il Faust, né Mefistofele
protagonista è Margherita, una giovane “casta e pura” insidiata 
da un vecchio Faust voglioso di piaceri d'amore e da un diavolo godereccio.
La giovane Margherita, oggetto di voglia maschile, grazie al diavolo, 
cade nella “colpa”, viene abbandonata, e sola, con il figlio della “colpa”, 
si trova esclusa dalla società e diventa “vergogna”, degna di maledizione, 
anche per il fratello, ucciso in duello dal suo amante “indiavolato”; 
alla fine, disperata e folle, uccide il figlio ed è condannata a morte
(un femminicidio a più mani!), ma dinanzi alla morte non cede al “diavolo”, 
e vola in cielo. Già, in cielo!
Intanto il maschio Faust, inseguendo le sue voglie, ha rovinato per sempre 
la giovane Margherita, intento soltanto a realizzare il suo “nobile” Ego, 
del tutto incapace di rispettare la persona Margherita nella sua dignità/libertà 
di donna. Già, donna!
Ma a Washington, donne, tante donne, tantissime donne, hanno marciato 
insieme, presenti anche gli uomini, in qualità di semplici alleati, per tener viva 
e rinvigorire una sola idea: il rispetto della dignità/libertà della persona umana 
in ogni sua condizione, senza esclusioni di sorta; per il sessimo, per il razzismo 
e per l'omofobia non può esserci spazio: “Sexist, racist and anti-gay, 
Donald Trump go away”. Non è consentito ad alcun Faust, con o senza sortilegi 
infernali, di torturare/rovinare per sempre una qualche Margherita.
Già, Margherita! 
Sembra esistere solo per consentire a Faust di redimersi. Al centro è dunque 
sempre il Maschio, da solo, con tutta la sua ansia di realizzazione 
in Dominio/Potenza. Questa immagine di dominio/potenza resiste nella storia 
fino ai nostri giorni. Anche nelle istituzioni.
Trump, esaltando nelle parole e nell'agire il senso del dominar maschile, ottiene
la vittoria e suscita di contro spontanea un'ondata di protesta ampia e variegata.
Persino Theresa May, prossima a incontrare Donald Trump, dichiara,
ed è convinta, in qualità di Premier donna, di testimoniare con la sua presenza 
il ruolo delle donne nel mondo”. Già, il ruolo delle donne!
Ma se la struttura istituzionale del Potere continua ad essere chiusa 
nel monocratismo, in quel monocratismo figlio obbligato della lotta primordiale 
per il dominio tra maschi, è senza dubbio molto riduttivo aspirare a testimoniare, 
quasi casualmente, il ruolo delle donne attraverso una conquistata carica 
di Premier, comunque ancora e sempre monocratica, cioè intrisa di quella originaria 
violenza, nonostante il cambiamento delle forme, del “duello” per la supremazia 
di un Capo. Non basta testimoniare, è tempo di “rivoluzionare”.
Forse questa grande marcia delle donne, nel suo reclamare il rispetto 
per ogni diversità, e nel contrastare ogni forma di sessimo, apre una strada 
a una organizzazione del Potere non più da affidare a una sola persona, 
a un monocrate, uomo o donna che sia, ma a una coppia
a un uomo e a una donna insieme, a limitare ogni Ego.
Per i diritti di tutte/i.
O no?
Severo Laleo


venerdì 9 dicembre 2016

Un “nuovo” segno dei tempi: D’Alimonte, la scienza e l’ideologia





Roberto D’Alimonte e Vincenzo Emanuele, due scienziati 
della Politica, visto il risultato elettorale del referendum, 
scrivono un articolomolto interessante pieno di dati 
e di valutazioni. Ogni valutazione è giustificata dall’analisi 
dei dati. Un articolo utile da leggere e da commentare.
Eppure un lettore sereno non immaginerebbe, 
dopo aver seguito con interesse la sequenza dei dati, 
la conclusione degli autori scienziati. Eccola, per chiarezza 
(da notare il passaggio lessicale, in crescendo,
da Pd a Premier a Renzi) la lucida conclusione dell’analisi scientifica dei dati: “In conclusione, con il senno di poi 
si può dire che questo è stato un referendum che difficilmente 
il Pd poteva vincere. Troppi fattori hanno giocato 
contro il premier. Ma resta il fatto che 13 milioni di voti 
sono tanti. E da qui può ripartire la sfida di Renzi”.
Non è possibile! Se la scienza della Politica, dopo aver snocciolato
dati e, aver tra le righe, compreso, volenti o nolenti, il gran disagio
delle periferie e dei disoccupati, si preoccupa, prendendo parte malamente, di concedere un trampolino di lancio “per far ripartire la sfida di Renzi”. In verità non si tratta più di una sfida, la sfida 
è stata già consumata. Per il prof. Scapece, semplice osservatore, ma attento lettore dei fatti, si tratta al contrario solo di puro azzardo. Forse questo tipo di scienza della Politica è davvero 
un segno di questi tempi “nuovi”.
O no?
 
Severo Laleo

lunedì 5 dicembre 2016

Il leader solo, Agnese e la “nuova” Politica



E’ tarda serata. Il Leader è solo davanti al suo palco.
E continua a parlare da Leader, proprio nel giorno nel quale si celebra,
senza ombra di dubbio, la sconfitta (non si illudano gli altri Leader!)
del leaderismo italiano, inventato, all’improvviso, grazie a un vuoto della Politica,
nel centrodestra, da Berlusconi,  e ora, appunto, condotto a termine,
nel centrosinistra, da Renzi. Insieme, Berlusconi e Renzi,
cumulando sulla propria persona di “Capo” ogni “attenzione
hanno introdotto nella politica la categoria dell’amore/odio
per il Capo. E la parola “capo”, nel suo antico significato,
ha trovato persino la sua spendibilità linguistica, non a caso,
proprio nell’Italicum (art. 2, comma 8).  
Il senso diventa: o con me o contro di me, la negazione, 
cioè, nel profondo, dell’agire politico in sé.
E, per imitazione del berlusconismo, durante tutti questi anni,
si è visto un pullular di leader dappertutto, in ogni forza (si fa per dire!)
politica, purtroppo anche a sinistra, nella sinistra delle “persone”.
Il 4 dicembre segna la fine definitiva di un ciclo.

E’ possibile, ed è necessario, cambiare, perché il cambiamento
ha ora una sua data di inizio. E’ davanti a noi, e, soprattutto, nasce dal basso.
E contiene, è vero, insieme ad altre strumentali ragioni, a volte indifendibili,
il segno forte di un attaccamento sincero alla Costituzione del 1948,
a prescindere da vecchi e nuovi leader. Nella cabina conta solo 
la propria coscienza e non l'apparteneza a un leader. 
L'amore per la libertà è più diffuso di quanto si immagina.
Il cambiamento è costruire una comunità a sovranità conviviale,
una democrazia tra pari, in dialogo continuo tra le parti,
nel rispetto di una cultura del limite, con una leadrship di servizio 
e di coordinamento, precondizioni fondamentali per garantire il dovere 
di deliberare. L’impegno è di gran fatica e non tollera scorciatoie.
E non può essere affidato a una persona sola e a un solo sentire.
E in più il campo è pieno di faccendieri, sempre attivi.
Basta con schiere di sudditi plaudenti. E molto interessati.
In Campania, al De Luca delle fritture, il 68% delle persone ha detto
un No di “cambiamento”, a difesa di libertà e dignità.
E dignità e libertà passano per un lavoro non precario,
per un’occupazione piena, per un reddito sicuro per ogni persona
(e la sinistra ha una lunga storia, ora muta, a questo riguardo),
per un sistema fiscale adatto a una più equa redistribuzione di reddito,
per un sistema di regole per l’estensione della democrazia,
per un sistema sociale inclusivo, di cura e di sostegno,
per una scuola democratica già nella sua organizzazione,
per un investimento importante nella ricerca da aprire largamente
a persone giovani con reali prospettive di vita,
per un sistema di regole, infine, per la parità piena, senza quote,
di uomini e donne in ogni sede di decisione pubblica.

Il Leader è solo davanti al suo palco e apre il suo discorso alle dimissioni,
ancora reclamando, commosso, con enfasi, una sua personale diversità.
Una diversità non del tutto vera, se appena si guarda,
con una qualche attenzione ai dati, alla storia dei Governi in Italia.
Pienamente vera, al contrario, appare la sua personale soddisfazione
per leggi non note al grande pubblico, ma socialmente incisive
nel cammino della civilizzazione di un Paese. E ha ragione.

Eppure, proprio il leader-solo-al-comando esce di scena
aprendo con i suoi atti un nuovo ciclo politico. Almeno a chi sa intendere.
Il suo uscire dalla scena pubblica è  un entrare, con un abbraccio alla sua donna,
nella sfera del privato, dell’accoglienza pronta e piena,
è un passaggio dall’arroganza del comando, alla condivisione dell’amore,
dal palco del leader solitario, al rifugio di una condivisione d’affetti,
in un rapporto alla pari con la persona del suo mondo reale,
e finalmente, almeno nel privato, l’Io diventa un Noi.
Ora se anche i decisionisti dinamici tengono e curano il proprio rifugio,
e comprendono la parità della relazione, e la sua necessità,
qualche insegnamento in Politica si può ricavare, specie se la Politica 
è ancora relazione corretta tra persone e non rottamazione.
Non è forse l’essenza della Politica il garantire un “rifugio
a chi ne ha bisogno, chiunque sia, dovunque si trovi?

La scena è davanti a tutti.
In un angolo Agnese (e chiedo scusa se sembro usare il nome
con una confidenza indebita, ma qui Agnese è un simbolo),
silente e serena, con un suo sorriso tenue di dignità,
disegna, nella sua presenza/espressione, l’immagine della civiltà,
del grado di maturità di un processo di civilizzazione,
fuori da ogni campo di battaglia, e di pretesa di vittoria,
e, insieme, disegna il superamento definitivo del monocratismo,
dell’uomo solo al comando, del leaderismo maschio,
in nome di un’altra Politica, senza muscoli e senza l’ossessione
della vittoria. Perché alla fine la fragilità è per tutti.

Il Paese non cambierà se inseguirà un nuovo Capo,
il Paese cambia davvero se crescerà insieme nella responsabilità
imparando liberamente a “contare” sempre più nell’esercizio
del dialogo democratico. Meno capi e più scuola, più istruzione,
più educazione e, perché no?,  una “patente” con severo esame,
per amministratori pubblici. Guidare un Paese è più importante
di guidare un’auto. Forse il nuovo ciclo politico per una democrazia tra pari
avrà il volto/monito civilissimo di Agnese.
O no?

Severo Laleo

P.S. Si trascrive qui di seguito una utile nota trovata nel libro 
di Pierre Bourdieu, Il dominio maschile, a pag 93: "E' stato spesso 
osservato che le donne svolgono una funzione catartica e quasi terapeutica 
di regolazione della vita emotiva degli uomini: calmano la loro collera, 
aiutano ad accettare le ingiustizie o le difficoltà della vita ecc. 
(cfr. per esempio N.H.Henley, Body Politics, Power,
Sex and Non-verbal Communication...