sabato 5 marzo 2011

Elogio (forse) di Fini





Voglio subito precisare i limiti di quest'elogio:
1. non è scritto da un esperto di storia della politica italiana;
2. è un’analisi "ideologica", in quanto afferma, e non dimostra,
la sincerità, e il disinteresse, del percorso culturale, etico, politico del nostro; 3. è figlio del desiderio di un educatore, e della sua passione democratica, convinto dell'utilità di offrire agli allievi gli strumenti di una "liberazione" personale continua; 4. riguarda la persona Fini e non coinvolge tutti i suoi seguaci (parola, si spera, in via di estinzione).
Proprio da questo punto di vista dell’educatore il percorso di Fini è esemplare. Ed esprime al grado più alto il successo della libera pratica della riflessione critica e democratica.
Anzi, tra tutti gli uomini politici della sua generazione, o giù di lì, folgorati sulla via di Damasco, molto spesso da luce di carriere e soldi, e senza reale conversione, Fini è tra i pochissimi a essere ancora dentro un “suo” cammino, libero, aperto, difficile e, per giunta, dai nemici e, a volte,
da amici,  ostacolato, perché il suo cammino non è omologabile ai percorsi normali di accasamento dei tanti nel silenzio e/o nell’adulazione, anzi appare pericoloso di per sé, per il suo esempio di autonomia di giudizio.
Nel ‘68 Fini sceglie, emotivamente, di essere dall’altra parte, ma del ’68 conserva il coraggio della “contestazione”, del “pagare di persona”, e affronta a viso aperto, proprio per affermare la sua libertà di critica, il barone del Popolo della Libertà (quel barone ricco e generoso, quant’altri mai, ma pronto a ogni violenza, se non gli si consente il diritto “suo”  di regalare generosità!);
negli anni ’70,  ’80 e ’90 segue, sceglie e difende il fascismo,
ma imparerà, tanto lentamente quanto profondamente, a comprendere il ruolo fondamentale dell’antifascismo nella difesa dei valori democratici, l’essenza violenta di ogni totalitarismo, l’orrore dell’olocausto; dopo la svolta di Fiuggi, e negli anni a seguire, sceglie di partecipare ai governi di Berlusconi, sino a fondere il “suo” partito nel Popolo della Libertà,  ma, pur gratificato dal suo “generoso” Premier dell’alto onore della Presidenza della Camera,  non rinuncia, per questo, a tener vivo nella destra italiana il dibattito sui problemi dell’immigrazione, sui temi etici, sui diritti civili, attraverso una lettura sostanziale dei valori fondanti della Costituzione,  la libertà, l'uguaglianza e la giustizia sociale; in questi ultimi tempi sperimenta la sua guida politica in una nuova forza politica.
Un percorso di questa natura, costruito negli anni, senza miraggi di conseguir e/o conservar prebende, è di grande ammirazione e appare lineare, lindo, perché non segue le pieghe tortuose degli opportunismi. Eppure, lungo la linea del cambiamento continuo, almeno due tratti (insieme ad altri) della sua formazione continuano a vivere di antica coerenza: l’onestà intellettuale e materiale (la vicenda Montecarlo appartiene agli errori in buona fede!), e il rispetto della legalità. Anche i percorsi di maturazione dell’uomo Fini, pari ai percorsi di ognuno di noi, appaiono di grande rispetto, e proprio per rispetto, meritano il silenzio degli altri (e anche il nostro).
Da uomo di scuola ho dialogato con molti allievi di destra (tutti gli alunni sono uguali davanti..al professore!), ho offerto ogni possibilità di approfondimento, suggerendo letture e accogliendo proposte di letture (fu così che conobbi Evola!), ho sempre creduto nella speranza, per questi miei cari allievi, di un “ritrovamento”, un domani, anche per caso, dei valori della Costituzione, per anni, senza successo, ma con caparbietà pedagogica, ho opposto ai discorsi di Fini, così sentiti dai miei allievi, i miei insegnamenti, ed oggi provo una serena gioia nell’ascoltare i discorsi di Fini, diversi dai miei, ma dentro la nostra Costituzione.
Non credo, quindi, a chi, anche nella mia parte, vuole ancora marcare dei distinguo sul piano della serietà democratica del Presidente Fini. A mio avviso, sarà anche merito della fermezza democratica di Fini, acquisita in campo aperto, se nel nostro Paese il populismo dai diversi padri, ma soprattutto nella sua versione di danarismo avvilente, sarà sconfitto. E sarà un merito grande.
O no?
Severo Laleo

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