Questa volta il nostro Presidente Napolitano è
stato tempestivo.
Molto tempestivo.
Forse avrà anche atteso qualche chiarimento,
ma, in assenza
di chiarimenti, non si è lasciato
trascinare nel vortice dell’indugio
e delle interpretazioni laceranti e insidiose;
anzi, davanti
all’inaudito attacco alle nostre istituzioni,
gravissimo,
(le inverosimili cioè dimissioni di massa dei
parlamentari del Pdl,
sia pure solo annunciate e non codificate in
un documento),
Napolitano
ha trasformato il suo silenzio vigile in un discorso inequivocabile.
Così la sua, a volte incompresa, prudenza, lucida
e pensante,
e il suo incessante impegno a modernizzare l’incontrollabile dibattito/scontro
politico nel nostro anomalo Paese (le larghe
intese contengono,
per il Presidente,
oltre il dovere del governare, anche un contenuto
politico
di civiltà, al di là della fragilità delle soggettività in campo)
hanno ora sperimentato il limite, il punto di non ritorno, superato
il quale
l’oltraggio
al nostro Stato di diritto può diventare fatale.
Per impedire l’oltraggio, Napolitano ha sentito ora il dovere
di intervenire. Per noi e la Costituzione.
Eppure, sebbene inequivocabili le sue
parole, Napolitano
non sbatte la porta, anzi lascia un
premuroso spiraglio,
da buon genitore, a indicare la possibilità
di un recupero/ritorno.
Ecco la sua dichiarazione:
"L'orientamento assunto ieri sera
dall'Assemblea dei gruppi parlamentari del PdL
non è stato formalizzato in un
documento conclusivo reso pubblico e portato
a conoscenza dei Presidenti delle
Camere e del Presidente della Repubblica".
E' quanto si legge in una
dichiarazione del Capo dello Stato. " Ma non posso
egualmente che definire
inquietante l'annuncio di dimissioni
in massa dal Parlamento - ovvero di
dimissioni individuali, le sole presentabili
- di tutti gli eletti nel PdL. Ciò
configurerebbe infatti l'intento, o produrrebbe
l'effetto, di colpire alla
radice la funzionalità delle Camere.
Non meno inquietante sarebbe il proposito di compiere tale gesto
Non meno inquietante sarebbe il proposito di compiere tale gesto
al fine di esercitare un'estrema pressione
sul Capo dello Stato
per il più ravvicinato scioglimento delle
Camere. C'è ancora tempo, e mi auguro
se ne faccia buon uso, per trovare il
modo di esprimere - se è questa la volontà
dei parlamentari del PdL - la loro
vicinanza politica e umana al Presidente del PdL,
senza mettere in causa il pieno svolgimento delle funzioni
dei due rami
del Parlamento. Non occorre poi neppure rilevare la gravità e assurdità dell'evocare
un
"colpo di Stato" o una "operazione eversiva" in atto contro
il leader del PdL.
L'applicazione di una sentenza di condanna definitiva,
inflitta secondo le norme
del nostro ordinamento giuridico per fatti specifici
di violazione della legge,
è dato costitutivo di qualsiasi Stato di diritto in
Europa, così come lo è
la non interferenza del Capo dello Stato o
del Primo Ministro
in decisioni indipendenti dell'autorità
giudiziaria."
Oggi le sue parole, inequivocabili, sono
anche le mie/nostre. Ed esprimono
un monito fermo per una cultura del limite.
O no?
Severo Laleo
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