giovedì 26 settembre 2013

Napolitano, da vigile silenzio a parole inequivocabili



Questa volta il nostro Presidente Napolitano è stato tempestivo.
Molto tempestivo.
Forse avrà anche atteso qualche chiarimento, ma, in assenza
di chiarimenti, non si è lasciato trascinare nel vortice dell’indugio
e delle interpretazioni laceranti e insidiose; anzi, davanti  
all’inaudito attacco alle nostre istituzioni, gravissimo,
(le inverosimili cioè dimissioni di massa dei parlamentari del Pdl,
sia pure solo annunciate e non codificate in un documento),
Napolitano ha trasformato il suo silenzio vigile in un discorso inequivocabile.
Così la sua, a volte incompresa, prudenza, lucida e pensante,
e il suo incessante impegno a modernizzare l’incontrollabile dibattito/scontro 
politico nel nostro anomalo Paese (le larghe intese contengono, 
per il Presidente, oltre il dovere del governare, anche un contenuto
politico di civiltà, al di là della fragilità delle soggettività in campo) 
hanno ora sperimentato il limite, il punto di non ritorno, superato il quale
l’oltraggio al nostro Stato di diritto può diventare fatale.
Per impedire l’oltraggio, Napolitano ha sentito ora il dovere
di intervenire. Per noi e la Costituzione.
Eppure, sebbene inequivocabili le sue parole, Napolitano
non sbatte la porta, anzi lascia un premuroso spiraglio,
da buon genitore, a indicare la possibilità di un recupero/ritorno. 
Ecco la sua dichiarazione:
"L'orientamento assunto ieri sera dall'Assemblea dei gruppi parlamentari del PdL 
non è stato formalizzato in un documento conclusivo reso pubblico e portato 
a conoscenza dei Presidenti delle Camere e del Presidente della Repubblica". 
E' quanto si legge in una dichiarazione del Capo dello Stato. " Ma non posso 
egualmente che definire inquietante l'annuncio di dimissioni
in massa dal Parlamento - ovvero di dimissioni individuali, le sole presentabili 
- di tutti gli eletti nel PdL. Ciò configurerebbe infatti l'intento, o produrrebbe 
l'effetto, di colpire alla radice la funzionalità delle Camere.
Non meno inquietante sarebbe il proposito di compiere tale gesto
al fine di esercitare un'estrema pressione sul Capo dello Stato
per il più ravvicinato scioglimento delle Camere. C'è ancora tempo, e mi auguro 
se ne faccia buon uso, per trovare il modo di esprimere - se è questa la volontà 
dei parlamentari del PdL - la loro vicinanza politica e umana al Presidente del PdL, 
senza mettere in causa il pieno svolgimento delle funzioni dei due rami 
del Parlamento. Non occorre poi neppure rilevare la gravità e assurdità dell'evocare 
un "colpo di Stato" o una "operazione eversiva" in atto contro il leader del PdL. 
L'applicazione di una sentenza di condanna definitiva, inflitta secondo le norme 
del nostro ordinamento giuridico per fatti specifici di violazione della legge, 
è dato costitutivo di qualsiasi Stato di diritto in Europa, così come lo è 
la non interferenza del Capo dello Stato o del Primo Ministro
in decisioni indipendenti dell'autorità giudiziaria."

Oggi le sue parole, inequivocabili, sono anche le mie/nostre. Ed esprimono
un monito fermo per una cultura del limite.
O no?
Severo Laleo


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