venerdì 20 settembre 2013

Napolitano, le sue parole, il suo silenzio vigile, il suo dovere

Questa volta non vorrei essere d’accordo con chi, 
trascurando del tutto la logica del contesto, utilizza brani del discorso 
di Napolitano, in ricordo di Loris D’Ambrosio, per aprire una polemica politica.
E’ vero, siamo tutti in attesa di parole chiare da parte del Presidente 
sul videomessaggio del Cavaliere Condannato,
ma l’assenza di un Presidenziale monito ad hoc, non giustifica operazioni 
di rielaborazioni di discorsi nati per altre esigenze, sebbene contengano 
dei riferimenti importanti a politica e giustizia.
E’ bene conservare intatta la nostra delusione per il silenzio Presidenziale 
(tra l’altro se il Presidente non “parla” siamo sempre liberi di “parlare” noi, 
e forte, per esprimere comunque la vitalità di una democrazia di persone civili 
a prescindere dal mutismo Presidenziale), ma non dirigiamo ogni pezzo 
del discorso di Napolitano nella direzione della nostra delusione.
Non è utile e confonde le idee.

Essendo certo il dato dell’assenza di ogni riferimento esplicito
al videomessaggio, si cerchi di cogliere, se si vuole, nelle parole
di Napolitano, il “detto” e non il “nondetto”.
Nel discorso di oggi alla Luiss, Napolitano, con irriducibilità, continua a difendere 
i magistrati quali “impiegati pubblici” (e insieme tutti gli "impiegati"),
contro quanti hanno usato, anche di recente, il sintagma
impiegati pubblici” in senso dispregiativo, molto dispregiativo,
dipingendo i “pubblici ministeri”, per di più, “rosi dall’invidia”.
Anzi, non paghi, chiarivano:  "esiste una magistratura fatta
di impiegati statali che hanno fatto un compitino, vincendo
un concorso, e che ora sono liberi, indipendenti, irresponsabili 
perché non subiscono nessun controllo e mettono sotto 
gli altri poteri dello Stato, quello esecutivo e quello legislativo”.
Contro tal genìa di spregiatori, il Presidente, nel rispetto
del suo alto compito, si schiera e insiste: "Non c'è nulla di più impegnativo 
e delicato che amministrare giustizia, garantire
quella rigorosa osservanza delle leggi, quel severo controllo
di legalità, che rappresentano… "un imperativo assoluto 
per la salute della Repubblica". Anche la considerazione della peculiarità 
di questa funzione, e l'inequivoco rispetto per la magistratura
che ne è investita, sono invece stati e sono spesso travolti nella spirale 
di contrapposizioni tra politica e giustizia che da troppi anni 
imperversa nel nostro paese".

Non si possono fare salti di gioia, continua a tenere il Presidente
un’innaturale equidistanza, quasi obtorto collo, tra giustizia e politica,
solo ai fini di un appello perché la politica e la giustizia cessino
di "concepirsi ed esprimersi come mondi ostili, guidati
dal sospetto reciproco, anziché uniti da una comune
responsabilità istituzionale”,  ma da che parte stia è chiarissimo.
E quasi si giustifica per tanta tenacia, confessando: “Ci tocca operare 
in questo senso, senza arrenderci a resistenze ormai radicate 
e a nuove recrudescenze del conflitto da spegnere nell'interesse del paese”. 
Giustificando forse così anche il suo vigile ….silenzio.
E anche quando, nel ricordare l’impegno del suo amico e consigliere, rivela: 
Il Consigliere D'Ambrosio mi ha, innanzitutto, sempre spinto a mettere 
l'accento sull'importanza decisiva della formazione non solo in senso
culturale e tecnico-giuridico ma in senso deontologico cioè come acquisizione 
di modelli di comportamento ispirati a quei valori e criteri - l'equilibrio, 
la sobrietà ed il riserbo, l'assoluta imparzialità e il senso della misura 
e del limite - che sono il miglior presidio dell'autorità e dell'indipendenza 
del magistrato”, non si può non essere d’accordo. Anche perché il senso della misura
e del limite sono sì virtù per un magistrato, ma obbligano, perché il limite
non sia mai valicato, il Presidente a intervenire con ferma determinazione 
contro chi insulta la magistratura. Una volta l’insulto “i giudici sono matti, 
sono mentalmente disturbati hanno turbe psichiche e sono antropologicamente 
diversi dalla razza umana” ebbe da parte del Presidente Ciampi
una risposta immediata. Senza sconti.

E va bene, Napolitano oggi ha parlato di Loris D’Ambrosio.
Ma il Presidente Napolitano, alle più gravi insinuazioni insultanti dell’oggi, 
deve ancora, a noi cittadini miti, un chiarimento,
anche perché è in qualche modo coinvolto.
Deve spiegare qual è, sentito il videomessaggio di Berlusconi
(ex premier condannato per  frode fiscale e già commensale
non casuale di persone di mafia),  il suo diretto o indiretto rapporto, 
da Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura,
con quella parte di Magistratura, se esiste,  pervicacemente organizzata
per realizzare il socialismo per via giudiziaria”.
Qualcuno potrebbe sempre pensare, data per assodata
tra i berlusconiani la diabolicità dei comunisti, che quei giudici
godano, in segreto, dell’appoggio di un Presidente socialcomunista.
Ma se il Presidente ritiene quel videomessaggio, con incitamento alla ribellione (farsa), 
ab imis falso, insultante, illiberale fino all'eversione o almeno irrispettoso 
nei confronti delle istituzioni costituzionali, è bene che parli. 
E subito. Senza sconti. Ricordando Ciampi.
Altrimenti ognuno può pensare …
O no?

Severo Laleo

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