Quando si affronta
il tema dell’umanità della pena
in relazione a delitti immensi,
per eccellenza disumani,
perché contro la vita di innocenti, specie se nel pieno della gioia di vivere,
la
domanda da porsi, per tentare di, e continuare a, essere,
quale società, al di qua della disumanità e all'interno di un processo
continuo di civilizzazione, è: qual è il
limite?
Il sistema
giustizia della Norvegia, dopo aver condannato Breivik,
responsabile di aver
ucciso 77 persone –si apprende dai giornali-,
a 21 anni di
carcere (già circondando di un confine/limite la pena:
né condanna a
morte, né condanna all'ergastolo), ha condannato
anche lo Stato per il fatto di avere inflitto a Breivik
anni di prigionia
“disumana”, oltre il limite.
La reazione diffusa nel mondo è stata di sconcerto.
A seguire il “buon senso” di sempre, pare
davvero un giudizio
di una mitezza eccessiva, questo sì oltre misura, oltre
il limite,
soprattutto in relazione alla gravità del reato.
Ma Bjorn Ihler, scampato alla violenta,
crudele, disumana scarica di spari
di Breivik, dichiara: “Che il tribunale abbia dato ragione
a Breivik è
il segno che il nostro sistema giudiziario funziona
e rispetta i
diritti umani anche nei casi estremi … La nostra migliore
arma contro il
terrorismo è l'umanità. Il verdetto dimostra
che noi riconosciamo l'umanità
anche degli estremisti”.
Breivik,
secondo la speranza attiva di Bjorn Ihler,
non è un terrorista
“mai pentito”; semmai è
un terrorista “non ancora pentito”;
Bjorn intende guardare avanti, confermando il suo impegno di lavoro
(di sé scrive: I'm an activist working against violent extremism
and terrorism and for peace and human rights internationally)
per l’affermazione/diffusione,
anche futura, dell’”umanità”
(nel senso di rispetto comunque della sua “dignità”).
La Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani afferma:
“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed
eguali in dignità e diritti...
….Ad ogni individuo
spettano tutti i diritti ...senza distinzione alcuna,
per ragioni di razza, di colore, di
sesso, di lingua, di religione,
di opinione politica o di
altro genere, di origine nazionale o sociale,
di ricchezza, di
nascita o di altra condizione.”
In
una parola: sempre!
Bjorn Ihler,
non negando, laicamente, umanità a nessuno,
nemmeno a Breivik, immagina che la meta
del percorso di ogni sforzo
per rispettare l’umanità in sé sia proprio la sconfitta del
terrorismo.
E l’arma per tanta
battaglia è praticare, anche attraverso gli atti,
una irrinunciabile umanità.
Quantunque il
pensiero corra triste al dolore delle persone care
delle tante giovani
vittime, quantunque riesca difficile accogliere,
in questo caso particolare, l’idea di tanta
mitezza di Stato,
forse questo giovane, scampato alla strage, questo
Bjorn Ihler
riesce a dare sostanza e senso a una sofferta
eppur viva cultura
del limite: il rispetto della persona umana in sé
è per sempre e per
tutti.
In nome di un futuro sempre più umano.
O no?
Severo Laleo
la vendetta presuppone odio, risentimento,rancore...sentimenti che ci ancorano al passato e che non ci fanno andare avanti, non ci fanno fare pace con noi stessi...anche se è molto difficile rendersene conto! La parola "umanità" non comprende, almeno per me, accenti negativi, ma vuole trasmettere un senso di serenità che vuole guardare al futuro e non essere "umani" non ci differenzia da chi fa del male, anzi!
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