mercoledì 6 aprile 2016

A proposito di slogan: la lingua non ha padroni e le parole sono ribelli



Se il Premier, dinanzi ai membri del suo Partito, pronuncia,
secondo i resoconti di stampa, la frase:
se sbloccare le opere è un reato, io lo commetto
e nessuno sente il dovere di fermare il discorso e di chiedere oltre,
significa si è persa, alla grande, anche in quel che resta
di un grande Partito, la capacità culturale fondamentale
necessaria per giungere a meditate decisioni: la capacità di distinguere.
Il significato delle parole appartiene a chi parla,
solo se chi ascolta è imbambolato dall’emozione dei toni
e dei suoni. Dinanzi ai magistrati, pare abbia sostenuto
la Ministra Boschi, a conferma della linea del Segretario del suo Partito:
volevo solo sbloccare le opere”. S’immagina sempre a fin di bene,
per sviluppo, lavoro, ricchezza. A prescindere da ogni altra considerazione. 
Senza interrogarsi. Senza approfondire. Senza distinguere. Semplificando.
Povero Benedetto Croce, il liberale Croce, ha speso la sua vita di uomo
di lettere e filosofia a praticare e a insegnare a noi italiani/e  l’arte
della “critica”, del distinguere e si trova oggi ad ascoltare discorsi illiberali
(se l’io è la fonte del Potere) e slogan maligni.

Sbloccare le opere” è slogan troppo generico, costruito per colpire
gli ingenui e confondere le questioni; è slogan maligno, perché sposta 
l’attenzione, con sornione sorriso di intesa sarcastica, su quanti
si permettono di indagare, in cerca di reato, per “bloccare le opere”;
è slogan connotato di narcisismo, perché introduce, a imbroglio,
il coraggio di andare contro la Legge, da eroe, sempre a fin di bene 
naturalmente (purtroppo in un Paese a scarso senso civico diventa facile, 
anche per un’alta carica istituzionale, assumersi, disdicevolmente,
la responsabilità di commettere un reato, sia pure per gioco di parole).

Ora, sbloccare un’opera, si sa, non è di per sé reato, non c’è quindi
la benché minima necessità di mostrare il petto in fuori; non è mestier
di Governo ingarbugliare le parole, senza distinguere,
anche perché le parole son gelose del significato.
Il Governo ha il dovere, al contrario, esercitando l’arte del distinguere,
con l’attenzione vigile e la partecipazione corale di ogni istanza democratica, 
di valutare, con il pensiero esclusivamente rivolto
al benessere delle persone, i confini entro i quali un’opera è davvero 
sboccabile”, per l’interesse generale e non di gruppi.
Il problema non è snellire e semplificare. Altri, dei privati, saprebbero
far meglio del Governo, specie in Italia, se avessero mano libera.
Ma il dovere delle Istituzioni è governare la complessità
in trasparenza e responsabilità. A volte fissando paletti insormontabili.
E’ facile sbloccare e basta; basta un emendamento ad hoc; forse è più difficile, 
ma d’obbligo, saper guardare in profondità a tutte le conseguenze di ogni atto, 
esclusivamente, è bene ripetere, esclusivamente, nell'interesse
e a tutela del Bene Comune. 

O no?
Severo Laleo

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