giovedì 26 giugno 2025

Pedro Sanchez e il dovere principe della politica

 Il governo spagnolo, nella persona del Primo Ministro Pedro Sanchez,
si è impegnato, nel recente vertice dell’Alleanza Atlantica, a preservare
l'unità” della Nato, senza dover aumentare la spesa per la difesa
al 5 per cento del Pil.
In breve, ha dichiarato Sanchez, "la Spagna non spenderà il 5 per cento
del suo Pil per la difesa, ma la sua partecipazione, il suo peso
e la sua legittimità nella Nato rimarranno intatti". Perfetto!
Ma perché la Spagna non ritiene di dover spendere il 5 per cento
del suo Pil per la difesa?
Ebbene, per dare un’idea dell’importanza nuova e della responsabile
serietà dei ragionamenti politici di Sanchez (specie in un contesto
in cui Trump sa solo straparlare -e minaccia dazi per vendetta!-
e Rutte sa solo adulare, entrambi senza una sofferta “visione
del mondo), si riportano di seguito alcuni brani della sua dichiarazione.
 Afferma Sanchez: “Comprendiamo la difficoltà del contesto geopolitico;
rispettiamo pienamente, come è naturale, il legittimo desiderio
degli altri Paesi di aumentare i propri investimenti nella difesa,
se lo desiderano, ma noi non lo faremo”.
Ecco la novità importante: “Noi non lo faremo!”
Non usa espressioni ambigue Sanchez, è chiaro. 
E spiega le sue ragioni: “Non lo faremo ... perché nel nostro caso,
il 5 per cento del nostro prodotto interno lordo speso per la difesa
sarebbe sproporzionato e inutile -ancora parole chiare:

sproporzionato e inutile”- ... non ha senso che il governo spagnolo

si impegni a spendere il 5 per cento del Pil per la difesa.

Farlo ci costringerebbe a rompere la nostra promessa, a sperperare

-ancora parola forte: "sperperare!"- miliardi di euro e,

paradossalmente, non ci renderebbe più sicuri o alleati migliori.

In definitiva, ci allontanerebbe

dalla vera soluzione, che è quella di procedere verso la creazione

di un’Unione Europea di sicurezza e difesa.

Solo nelle parole di Sanchez è possibile ancora scorgere, per fortuna,
la permanenza di un legittimo democratico rapporto tra "popolo"
e "governo", rapporto saltato in Europa (il Parlamento si attiva contro
il Consiglio!) e in ogni altro Stato europeo: nessun "popolo"
è stato chiamato a partecipare a una così grave, nuova, imprevista
decisione, nata solo dal vociare alto e minaccioso di un Presidente Usa

fuori controllo e vendicativo.
Sanchez è il solo a tener vivo questo rapporto, non inseguendo

altre "autorità", se non il pieno rispetto della "sua promessa".

Una lezione magistrale!
E continua:
L’umanità oggi ha bisogno di più sicurezza, ma anche di molta
più diplomazia, di molta più cooperazione e solidarietà tra i Paesi e,
quindi, di più speranza.
Il mondo, come stiamo vedendo attualmente dai media, sta iniziando
a scrutare un abisso oscuro. Stiamo normalizzando il fatto che alcune
potenze si bombardino a vicenda, che i loro leader si scambino minacce
nucleari e che sia la popolazione civile a subire tutte queste conseguenze.
Il nostro Paese, la Spagna, non può voltare le spalle a questa realtà,
ma non dovrebbe nemmeno accettarla come normale.
Dobbiamo proteggerci da queste nuove minacce, è ovvio,
ma dobbiamo anche esigere moderazione reciproca e ricordare
al mondo e a noi stessi, e la storia ce lo insegna,
che le guerre non hanno mai vincitori ...
la Spagna ha una vocazione chiara: pace e sviluppo, cooperazione e multilateralismo. Non vogliamo più conflitti; ciò che vogliamo
sono più diritti, più giustizia, più dignità, perché il modo migliore
per evitare le guerre è generare prosperità e speranza.
E se è vero che per raggiungere questo obiettivo abbiamo bisogno
della capacità di deterrenza, abbiamo anche bisogno della ferma volontà
di preservare la pace. E in questo ambito e con questa aspirazione,
la Spagna ci sarà sempre
Ed ecco, in queste parole, il dovere principe della politica nel suo guardare
al futuro. E mentre tutti, in un'Europa smarrita, corrono dietro al riarmo
per il riarmo, nutrendosi di vieti falsi slogan, senza esprimere una visione
e una strategia di lunga portata, anzi continuando a credere, spesso ammutoliti
fan di Trump, al ruolo salvifico della FORZA per imporre la pace, Sanchez, solitario, svolge ragionamenti politici e indica, da persona riflessiva,
una strada diversa rispetto al semplice uso della forza: l'umanità non può continuare a credere nel  consumato e fallimentare principio del "si vis pacem,
para bellum", perché la logica del preparare la guerra è sempre sfociata,
alla fine, nella guerra, e questa volta la guerra potrebbe essere l'ultima.
Tra troppi statisti, innamorati solo del POTERE (molti analisti pensano
addirittura sia diventata la guerra -è il caso soprattutto di Netanyahu-
una "strategia" per tenere stretto il potere a fini personali), Sanchez
chiama il potere e i potenti a "preservare la pace".
E apre l'intelligenza alla speranza.
Solo il garantire "più diritti, più giustizia, più dignità" per ogni persona
al mondo potrà restituire alla nostra civiltà in pericolo, con la fine
di ogni conflitto, il senso dell'umana solidarietà.
O no?
Severo Laleo
P.S. Grazie Sanchez, non perda la voglia di usare sempre la "parola".


domenica 22 giugno 2025

La guerra, i maschi e Dio


 Ed eccoli qui, i MASCHI più potenti del mondo, lugubremente insieme, dopo aver lanciato le bombe sull'Iran. 

E senza vergogna, il CAPO, lì davanti gracchiante, incapace di parole nuove, ritorna, secondo l'antico barbaro rituale, a invocare DIO.

Non è da credere! Non è da credere!

Il Presidente degli Stati Uniti, dopo aver collocato l'"odio" nel campo avverso, definito "bullo" il suo nemico, osa, con blasfema sicurezza, associare alla sua decisione di guerra l'AMORE e DIO, non si sa quale: "Amiamo DIO e il nostro grande ESERCITO", e a seguire, naturalmente, ama, quel presidente, le bombe e la morte. 

Sì, la morte, soprattutto di persone, ma anche di territori e ambiente, è l'unica prevedibilissima conseguenza di ogni guerra. Eppure si lascia il destino del mondo alla corriva tendenza dei capi, sempre maschi, di usare la forza e solo la forza. Vincere o perdere: non si conosce né si pratica altra logica. 

L'interminabile, sconvolgente, davanti agli occhi di tutti, eccidio di persone a Gaza, è un terribile esempio di questa logica, capace di spegnere, con la sua atroce continuità, ogni norma del DIRITTO e, forse, ogni residuo di umanità in ognuno di noi.

Prima di arrivare a usare la "parola", questi maschi, devono mostrare muscoli di morte.

Nominiamo questi grandi responsabili di morte ognuno con il suo "orgoglio", di ragione e di torto: Putin, Zelensky, Hamas, Netanyahou, Khamenei, Trump (e altri silenti e/o complici). Tutti, ciascuno a suo modo, al di là anche dell'origine e della natura del Potere, hanno in comune una visione della vita fondata esclusivamente sul dominio dell'altro, a volte fino alla sua eliminazione o alla propria autodistruzione: la storia è là, maestra, dinanzi a noi.

Alla fin fine, i bulli sono dappertutto nel mondo!

Forse solo una ribellione mondiale, con manifestazioni e inerzia sabotatrice, soprattutto di donne, e uomini di pace, può cambiare questo correre "fiero" verso la morte.

O no?

Severo Laleo


mercoledì 18 giugno 2025

Il mio amico O.

 Caro Scapece,

purtroppo devo confermarti quella notizia/sospetto di cui ti parlai l'anno scorso: il nostro caro comune amico di Ariano, è certo ora, non sta bene. Ieri ho chiamato una sua vicina di casa (il telefono di O. non squilla più da un po') che, nella lingua della vita, mi ha detto commossa: "Non ci sta più con la testa!" 

Povero il nostro amico! E mio compagno di liceo. Vorrei gridare, anche a chi si è scontrato con lui, che O. ha dedicato tutta la sua vita di lavoro a un assoluto rigore morale, senza il minimo segno, come dire, di personale fierezza, anzi nella sua più naturale normalità. E ha vissuto la sua solitudine, nonostante la sua dolce vena amicale, apparentemente con buona gestione, ma nessuno credo può conoscere i suoi tormenti, che a volte mi pareva di cogliere nelle sue pause durante le nostre lunghe conversazioni a passeggio, quando all'improvviso, per un qualche ignoto motivo, smorzava il suo sorriso in una maschera di tristezza. 

Annegava per fortuna gioiosamente la sua solitudine nel paesaggio avito in lunghissime solitarie passeggiate multichilometriche, innamorato vero di pianori ondulati, di verdi monti, di tramonti indicibili: nei sui racconti, a voce, senza foto, tutta la felicità del suo essere con/nella natura! E spesso, al termine di interminabili camminate, ecco gli incontri di generosa convivialità con gli amici. La sua generosità, figlia di un istintivo distacco da ogni oggetto, è l'altro tratto forte della sua personalità. 

E ora è ancora più solo, chiuso nel suo sé. 

Spero tanto di incontrarlo presto per strappargli almeno un antico sorriso.

E devi sapere, caro Scapece, che il nostro amico, pur condizionato da ragazzo e in giovane età da un chiuso ambiente di destra molto conservatore, è riuscito, attraverso il confronto con gli altri (e quanti duri giovanili scontri anche con me!), scivolando lentamente nella vita, attraverso gli studi e l'analisi del reale, ad approdare, da persona diventata ostinatamente libera, ad una concezione liberalsocialista della società.

E ora la sua libertà dipende dall'intelligenza, speriamo buona, di chi l'assiste. 

E vabbè! Così va la vita.

Scusami Scapece, avrei voluto parlarti del libro di Chandler, ma O. mi ha preso la mano (e l'amicizia è un sentimento a cui si obbedisce).

Buone cose

a.

domenica 8 giugno 2025

Democrazia, riforme istituzionali, referendum

 Brevissima riflessione sul futuro della democrazia, oggi, nel giorno della tornata referendaria. La democrazia, così come la conosciamo oggi, è fondamentalmente costruita/definita, dappertutto, su/da una serie di diversi sistemi elettorali a partecipazione popolare. E dappertutto è evidente una crisi di partecipazione. Specie negli ultimi decenni abbiamo assistito a un depauperamento continuo, anche sul piano culturale, della partecipazione democratica. 

Sempre più persone, disgustate dai comportamenti delle classi dirigenti, in Italia spesso davvero deprimenti e insopportabili, non partecipano al voto. Al rito elettorale partecipano in grandissima parte i militanti e gli amici degli amici. E con l'arte, in aggiunta, dell'indirizzamento e controllo del voto tramite le nuove tecnologie, abbiamo visto salire ai posti di governo personaggi di scarsa preparazione culturale, etica e politica, per non dire peggio, dimostrandosi, in questo, bravissima la destra populista. Un esempio per tutti: Trump negli Stati Uniti. Si è oltre ogni limite, dal linguaggio insultante alle decisioni irrispettose della dignità umana. 

Forse è il caso, soprattutto da parte delle forze politiche ancora sinceramente civili e democratiche, di riflettere su nuovi sistemi elettorali tali da combinare insieme sistemi a sorteggio con sistemi elettorali a voto, tali da portare nelle sedi/assemblee istituzionali di dibattito politico la parità assoluta uomini/donne (la cultura maschilista è ancora un peso troppo dominante); infine sì può riformare, conseguentemente, l'attuale sistema di potere di governo ancora di tipo monocratico, l'uomo solo al comando (dappertutto, essenzialmente), in un sistema di governo di tipo duale, non più un "capo", ma una coppia, un uomo e una donna (bicratismo) a esprimere la direzione.

Eppure, nella crisi generale delle democrazie, la partecipazione al voto attraverso i referendum costituisce ancora l'unica possibilità di farsi ascoltare direttamente senza provare alcun disgusto. Se esiste ancora un significato per la democrazia è grazie al voto referendario: ogni persona può esprimere il suo Sì o il suo No su normative importanti che riguardano in genere la vita della società intera. Quando i partiti suggeriscono l'astensione solo strumentalmente e solo per sminuire l'esercizio di una libera scelta, feriscono intenzionalmente la democrazia, soprattutto ferendo un aspetto vivificante della nostra "civiltà delle relazioni". Spero si realizzi, anche attraverso questo referendum, uno scatto di dignità politica da parte di ogni persona libera. Il voto referendario resta ancora l'isola di salvezza della partecipazione democratica.

E può aprire speranze a possibili cambiamenti, nel cammino verso la civilizzazione dell'umanità. 

O no?

Severo Laleo

PS. Vado a votare.

sabato 7 giugno 2025

La pace non è garantita dall'incremento degli armamenti ma dall'estensione della democrazia e dei diritti.

 La gran parte della classe dirigente europea, sia se al governo sia se all'opposizione, è schierata con l'idea di difendere l'Europa con l'incremento degli armamenti militari. 

Si sostiene che senza sistemi d'arma adeguati e d'avanguardia, per l'acquisto dei quali bisogna fare enormi sacrifici economici, sempre a scapito delle classi povere e medie, di fatto riducendo, proprio a seguito di tagli al welfare, l'agibilità democratica e sociale di un paese, si sostiene, ripeto, che non sia possibile difendere a lungo l'Europa e la sua civiltà da eventuali aggressori, e si ha in mente la Russia di Putin (e forse solo Putin).

Ora, immaginiamo per un attimo che un "mostro" aggressore, potente in armi, occupi militarmente un paese dell'Unione Europea, dopo una guerra atroce, c'è forse qualcuno che può sostenere che un paese democratico dell'UE possa adattarsi così facilmente ad un occupante "straniero"? Potrebbe mai un paese dalla viva coscienza democratica piegarsi a controlli dittatoriali di un qualunque aggressore? Quanto tempo potrebbe durare un'occupazione di questo tipo? Un nulla!

Riflettiamo. 

A garantire la libertà, insieme alla difesa dei nostri stati democratici, non sarà l'incremento degli armamenti, ma l'estensione della coscienza democratica, investendo le risorse immaginate per il riarmo in interventi sociali, economici e culturali. Più un popolo è educato alla democrazia, più un popolo è libero di esercitare i suoi diritti civili, nel senso più ampio possibile, più un popolo è coeso e solidale, senza dubbio saprà resistere con più determinazione a qualsiasi ipotesi di occupazione.

È politicamente sbagliato ritenere che le armi garantiscano la pace; la pace è nella struttura democratica di ogni paese. 

Forti e sicuri in questa convinzione, si abbia la forza, il coraggio, e soprattutto una nuova determinazione a tirar fuori tra i confliggenti il "discorso", le parole giuste per aprire tavoli di trattative. E questo è un compito storico dell'Europa, anzi la sua missione etico-politica.

Solo la "parola" ucciderà la guerra.

O no?

Severo Laleo