mercoledì 16 novembre 2016

Promemoria per il Referendum: eguaglianza opera di civiltà



In tempi di negazione/confusione di differenze tra destra e sinistra,
in tempi di ricerca di “potere/dominio” da parte di tanti Maschi Alfa,
pur nelle vetuste democrazie dell’Occidente,
in tempi di riduzione degli spazi di democrazia
per superare il fastidio del dibattito
a fronte di rapide decisioni in affari e impresa,
in tempi di inchini a una ricchezza senza limiti,
in tempi di disconoscimento dei diritti della povertà
comunque si configuri, a livello planetario,
forse è bene ricordare ai più, con Guido Calogero,
che “la diseguaglianza appartiene alla natura
ma il lavoro della libertà umana è sempre quello
di vincerla e di ricondurla nell’ambito della maggiore
eguaglianza possibile, che è opera di civiltà
e continua e inesauribile “correzione” della natura ineguale”.

Altrimenti è barbarie.

O no?

Severo Laleo

lunedì 14 novembre 2016

Promemoria per il Referendum: democrazia è colloquio



In tempi di ricerca di rapporto diretto tra “capi” e “seguaci”,
in tempi di fastidio per la fatica della negoziazione continua,
in tempi di urla scomposte e insulti contro ogni interlocutore,
è bene ricordare, con Guido Calogero, che la democrazia è “colloquio”, ricerca di “un armonico contemperamento 
fra intervento proprio e cordiale attenzione per l’intervento altrui”. Perché l’agire politico non è autoaffermazione 
e “volontà di potenza”, ma volontà di comprendere l’altro 
e di costruire, insieme all’altro, nel rispetto del “senso del limite” 
e della misura,  uno spazio comune e condiviso.
La volontà del limite, in contrapposizione con la volontà di potenza,
connota la concezione della civiltà ed “è a un tempo limitazione
e promozione di libertà”.

O no?
Severo Laleo


domenica 13 novembre 2016

La riforma costituzionale, una scelta politica e culturale passatista per bloccare/superare la Costituzione dell’Antifascismo



Statuto Albertino 1848
Del Senato Art. 33. - Il Senato è composto di membri nominati a vita dal Re,
in numero non limitato, aventi l'età, di quarant'anni compiuti, e scelti 
nelle categorie seguenti: 1° Gli Arcivescovi e Vescovi dello Stato; 2° Il Presidente della Camera 
dei Deputati; 3° I Deputati dopo tre legislature, o sei anni di esercizio; 4° I Ministri di Stato; 
5° I Ministri Segretarii di Stato; 6° Gli Ambasciatori; 7° Gli Inviati straordinarii, dopo tre anni 
di tali funzioni; 8° I Primi Presidenti e Presidenti del Magistrato di Cassazione e della Camera dei Conti;
 9° I Primi Presidenti dei Magistrati d'appello; 10° L'Avvocato Generale presso il Magistrato 
di Cassazione, ed il Procuratore Generale, dopo cinque anni di funzioni; 11° I Presidenti di Classe 
dei Magistrati di appello, dopo tre anni di funzioni; 12° I Consiglieri del Magistrato di Cassazione 
e della Camera dei Conti, dopo cinque anni di funzioni; 13° Gli Avvocati Generali o Fiscali Generali 
presso i Magistrati d'appello, dopo cinque anni di funzioni; 14° Gli Uffiziali Generali di terra e di mare. 
Tuttavia i Maggiori Generali e i Contr'Ammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività; 
15° I Consiglieri di Stato, dopo cinque anni di funzioni; 16° I Membri dei Consigli di Divisione, 
dopo tre elezioni alla loro presidenza; 17° Gli Intendenti Generali, dopo sette anni di esercizio; 
18° I membri della Regia Accademia delle Scienze, dopo sette anni di nomina; 19° I Membri ordinarii 
del Consiglio superiore d'Istruzione pubblica, dopo sette anni di esercizio; 20° Coloro che con servizi 
o meriti eminenti avranno illustrata la Patria; 21° Le persone, che da tre anni pagano tremila lire 
d'imposizione diretta in ragione de' loro beni, o della loro industria.

In breve, lo Statuto del 1848 prevede un Senato di nominati, 
ma tra persone con alte esperienze di servizio pubblico.
Nessuna possibilità di accesso agli evasori!
E diventa, per forza di regole, espressione di  una “casta”
(absit iniuria verbis).

Costituzione del 1948
Art. 57. Il Senato della Repubblica e` eletto a base regionale, salvi i seggi 
assegnati alla circoscrizione Estero. Il numero dei senatori elettivi 
e` di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero.

In breve, la Costituzione del 1948 prevede un Senato eletto dal popolo 
a suffragio universale, ma con senatori di almeno 40 anni. 
E diventa, per forza di regole, espressione di comunità regionali.

Riforma 2016
Art 57. Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori 
rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori 
che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica. 
I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento 
e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori 
fra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, 
fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori.

In breve, la Riforma del 2016 prevede un Senato di “scelti/eletti/nominati” 
(ancora da definire), tra Consiglieri Regionali e Sindaci 
senza più vincoli dell’età. E diventa, per forza di regole, 
espressione di  una “casta” locale (absit iniuria verbis?).

Compariamo: lo Statuto del 1848 prevede un Senato di nominati 
tra determinate categorie.
La Costituzione del 1948 prevede un Senato di eletti dal popolo a suffragio 
universale tra tutte le persone di almeno 40 anni.
La riforma del 2016 prevede un senato di “scelti/eletti/nominati” 
tra due determinate categorie: consiglieri regionale e sindaci. 

Forse è onesto, per restare moderni, preferire il profondo respiro
democratico della Costituzione del 1948.

O no?
Severo Laleo


venerdì 11 novembre 2016

Il SI di Luigi Berlinguer, l'anniversario di Antonio Gramsci e l'invito di Pescara



Si sa perché l'ex ministro della (Pubblica) Istruzione Luigi Berlinguer
vota SI, ora, al prossimo referendum costituzionale. E' facile.
Vota SI, perché ha dimostrato, negli anni del suo governo della scuola,
di avere una visione della burocrazia centrale di Stato direttiva,
onnivora e pigliatutto (una volta anche abbonamenti a riviste si decidevano
al “centro”!), in contraddizione piena con il parallelo sviluppo di norme
per l’autonomia scolastica; e conseguentemente di avere una visione 
"amministrativa" della democrazia, secondo la quale è possibile 
guidare dal "centro", con obbligate procedure, tutte le attività 
(dagli scrutini alla scelta dei libri di testo!).
Per questo non si smentisce Luigi Berlinguer con il suo SI. Tra l’altro 
parecchi a sinistra hanno questa "coerenza": centralismo vs autonomia.

Nel 1997, l'allora ministro Berlinguer, con molta disinvoltura istituzionale,
firmò una Circolare per invitare le autorità scolastiche periferiche
a celebrare il 60° anniversario della morte di Antonio Gramsci
(povero Gramsci!). La circolare creò qualche sconcerto,
ma diede la misura di una visione: il ruvido dirigismo del Ministro
persino in un settore a libertà costituzionale garantita.
Per fortuna il mio buon Preside, con una comunicazione interna,
"liberò" ogni docente da una pur burocratica osservanza,
stroncando quell'invito dall'alto con queste parole (a memoria):
"non è mestier di Ministro indicare le personalità della storia da celebrare 
a scuola". Era il minimo sindacale in difesa dell'autonomia didattica.

Oggi è nei giornali la notizia dell'invito rivolto, tramite i dirigenti scolastici,
a studenti e docenti a partecipare a Pescara a un'iniziativa "culturale"
riempita dalla presenza del Premier, non direttamente dal Ministero,
ma da parte della sua periferica burocrazia scolastica,
al servizio, forse, per timore o per condizionamento o per servaggio,
del Potere Politico. Basta riprendere qualche passaggio dell'invito
(l’evento è il Festival delle Letterature di Pescara): "Spettabili dirigenti ....
ci farebbe piacere (ci farebbe piacere? che significa?)
che ne deste comunicazione ai vostri docenti e studenti, in modo da favorire
la loro massima partecipazione alla rassegna (perché mai? per quale
specifico –e imprevisto- obiettivo didattico?) ... Il Festival
sarà aperto, giovedì 10 novembre, presso il teatro Circus di Pescara,
dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che sarà intervistato da Luca Sofri:
mai, in Abruzzo, un evento culturale è stato inaugurato alla presenza
di una così alta carica dello Stato.” (è scritto proprio così!).
La visione non cambia: centralismo vs autonomia. E con adulazione.

Se quindi è possibile oggi alla burocrazia scolastica una così plateale 
ingerenza, con un invito mirato e raccomandato, nella programmazione 
educativa di tutte le scuole di una città/provincia/regione, quanto sarà facile 
domani alla "nuova" burocrazia, alle dirette dipendenze di un più "forte
Potere Politico, entrare nel vivo del corpo scolastico a dettar norme 
e disposizioni di natura educativa? Soprattutto con la Buona Scuola 
e il suo controllo diretto
dei Dirigenti Scolastici? Quale visione avrà della autonomia scolastica
la "nuova" burocrazia, se già fin da ora è così attenta a "servire"?
La riforma della Costituzione è il compimento sia di una visione politica
di riduzione della democrazia, proprio attraverso una "nuova"
burocrazia politica dominante (l'attacco alla burocrazia di oggi, in parte giustificato,
è anche un attacco alla sua autonomia), sia di una svolta nelle relazioni
Stato/Autonomia Locale nella direzione di un centralismo diffidente
del dibattito democratico e impaziente di agire.
E così spetta alla "nuova" Politica di restaurare il "vecchio" centralismo.
Forse ogni idea di velocizzazione/semplificazione dei processi decisionali
reca sempre con sé una visione oscura di "dominio".
O no?

Severo Laleo

lunedì 7 novembre 2016

La Leopolda, la battaglia finale, il “fuori fuori” e l’idea di democrazia




La battaglia finale del 4 dicembre –grida, a leggere HP,  il Premier
(il Premier di tutti!)- è il derby (la fissazione per il calcio, di memoria
berlusconiana, è dura a morire!) tra passato e futuro, cinismo e speranza,
rabbia e proposta, la nostalgia e il domani”.
E la dominata platea dei seguaci (o tifosi), la platea cioè del futuro 
contro il passato, della speranza contro il cinismo, della proposta 
contro la rabbia, del domani contro la nostalgia, appena il Premier 
(il Premier di tutti!) si scaglia contro D'Alema, Bersani, Speranza 
(Cuperlo è salvo per un pelo), urla, già pronta per la battaglia finale 
(aggettivo di tristissima connotazione): “Fuori, Fuori”.
Il Pd del mite Bersani è definitivamente morto: la Leopolda tiene 
altre persone, altri propositi, altra cultura, altre alleanze, altra vis.
Se non sei leopoldino, sei il passato, sei cinico, sei rabbioso, sei nostalgico.
Si è ormai oltre il limite, il senso della misura è perduto, 
in un manicheismo infantile, con hybris in agguato. Eppure il Premier 
è il Premier di tutti, anche dei cattivi con il NO!

Passi pure il tifo da stadio (da Craxi, a Berlusconi, a Renzi il tifo 
è sempre contro un “nemico”), ma non si può lasciar passare 
l’idea corta di democrazia espressa nelle parole di foga dal Premier 
(il Premier di tutti!). Quali parole? Eccole, ancora recuperate in HP.
Nel difendere la sua Riforma contro il fronte del NO, il Premier strilla:
Loro dicono di difendere la Costituzione, ma semplicemente cercano 
di difendere i loro privilegi (chissà perché i privilegi dei “loro” 
sono diversi dai privilegi dei “suoi”) e la possibilità di tornare al Potere
(grida proprio Potere!) Sanno che il 4 dicembre è la loro ultima occasione 
per tornare in pistaquesta è la partita (e dai, basta, Premier, 
con le solite parole: pistapartita, rigore, palla, scendere in campo)
non ce n’è altre, non ci prendiamo in giro! Ma quale articolo 70!”. 
Quando si dice entrare nel merito! 
Non c’è che dire, è proprio la battaglia finale.

Incredibile! La stampa ripete e non vuole comprendere 
la gravità delle parole. Ormai  nel ventennio dei leader e dei leaderini 
(Renzi è l’ultimo tra i tanti) abbiamo perso il senso di comunità 
democratica. E’ una rissa continua. E sempre tra i “capi”. 
Le persone normali sono invitate a ascoltare e a seguire.
Rileggiamo questo passaggio “loro … semplicemente cercano … 
la possibilità di tornare al Potere”. La battaglia è per il Potere!
Bisognerebbe preoccuparsi (si fa per dire: siamo pur sempre italiani!)
per le parole usate dal Premier (il Premier di tutti!) per attaccare
i sostenitori del NO. Sono parole pesanti: da una parte, tutte rivolte 
ai leader (anche qui, si fa per dire, ma quali leader!) di quel campo del NO,
senza prendere minimamente in conto le ragioni sincere di milioni 
di persone decise liberamente a votare NO, a prescindere da quei leader 
(D’Alema, De Mita, Berlusconi), dall’altra rivelano un’idea disordinata 
e personalissima della democrazia; sembra dire il Premier 
(il Premier di tutti!): attenti, se vince il NO, “loro” potrebbero tornare 
al Potere; se invece vince il SI’ gli si toglierà la possibilità di tornare 
al Potere. Il SI’ servirà a sbarrargli la strada.
Perché, cosa cambia veramente con la Riforma? Che c’entra il SI’ 
con il tornare al Potere? Perché il SI’ dovrebbe impedire a “loro” 
di tornare al Potere. Non sono forse libere le elezioni? 
O si sa già chi prenderà il Poterechi vincerà, cioè, 
e con quale legge elettorale, le prossime elezioni politiche, 
solo in conseguenza del risultato referendario? 
E perché sarebbe la battaglia finale? Per chi?
E quale valore esprimono in democrazia tutti i NO di milioni di persone 
interessate solo all’estensione e non alla riduzione degli spazi 
di democrazia?  Anche quei NO lottano per il Potere?
Qualcosa non torna.
Anche qui la colpa sarà della fretta e della semplificazione.
E Napolitano, già Presidente super partes (si fa per dire), 
non ha nulla da raccomandare? E’ anche lui per la battaglia finale
E a chi appartiene?  A quei ”loro” o ai “suoi”?
Tertium non datur! Che disastro!
Anche il voto del Presidente Mattarella, pur simbolo di unità, 
in questa logica, servirà a spaccare in due il Paese.
Sarà bene si astenga, se è l'ultima battaglia. Non può partecipare 
alla  battaglia finale! Il sospetto di essere, in questa battaglia finale,
comunque da una parte, sarebbe troppo pesante per il garante dell'Unità.
Nella battaglia finale dovrà essere neutrale.

Una volta - i giovani di oggi non potranno capire - in Italia si applicava
contro il PCI la conventio ad excludendum; quell’idea ad excludendum 
ora torna in auge con più vis d’azione. Ma contro quei “loro”.
Insomma la Riforma serve per impedire a quei “loro” di tornare al Potere!

Ma dove sono i giornalisti  liberali in questo Paese!

Forse solo per il Premier la preoccupazione non è l’art.70;
il Premier ha un’altra preoccupazione, ed è detta con estrema chiarezza,
ed è quella di togliere, con il SI’, a quei “loro”, la possibilità di tornare 
in pista (ormai la terminologia è sempre da stadio!).
Ecco a cosa servono i SI’; perciò la battaglia è finale!
Quali scenari prevede con il SI’ il Premier (il Premier di tutti!)
tali da sbarrare ai NO la possibilità di tornare al Potere? Non è dato sapere.
Trovo questa vis contro quei “loro” (noi semplici persone libere votanti NO, 
non contiamo per il Premier) molto confusa e sconveniente in un uomo 
di Stato. E pericolosa per il futuro. Anche solo per intrinseca sciatteria.
O no?

Severo Laleo

venerdì 4 novembre 2016

Il prof Scapece, il referendum e la priorità etico-politica



Il mio amico napoletano Antonio Scapece, il prof. Antonio Scapece,
contrario per natura e cultura al litigio senza senso,
alieno da ogni linguaggio, non dico irrispettoso, ma appena impertinente,
sempre pronto al dialogo e a una sua possibile conclusione di sintesi
con le ragioni di tutti/molti, in una parola, un vero spirito ecumenico,
in privato ha voluto chiarirmi il suo porsi nei confronti del Referendum.
Anche questa volta è riuscito a sorprendermi per chiarezza
di punto di vista. Per questo motivo, dopo aver ottenuto a fatica
il suo "vabbuò, ja", pubblico la sua dichiarazione. Eccola.
"Nel prossimo voto referendario -scrivemi Scapece- ci si potrà dividere 
(in verità è stata la "politica" a decidere, a ogni costo, la strada 
della  "divisività" di un'intera comunità !) tra il Si e il NO 
e ognuno porrà le sue ragioni. Bene! Ottimo!Eppure, per quanto mi riguarda, 
a prescindere da ogni linea di divisione, da sempre, da uomo di scuola, 
dominato dall'idea di educare alla libertà, ho il dovere di ritenere 
che ogni tentativo, comunque vestito, di riduzione della "rappresentanza" 
è insieme un passo verso la riduzione della "democrazia" 
(che, al contrario, avrebbe bisogno di "estensione", e penso soprattutto 
alla parità perfetta tra uomini e donne nella presenza/gestione pubblica) 
e insieme, per forza di conseguenze, un passo verso la riduzione 
della libertà mia e delle persone in formazione; la mia natura, 
la mia conquistata educazione, l'idea/cultura di capire/porre "limiti" 
per ogni tipo di "potere", la mia conoscenza, tra banchi di scuola e biblioteche, 
della storia non mi consentono di cedere alcuna quota, benché minima, 
della libertà mia e delle persone in formazione, a chicchessia, 
per nessuna ragione, figuriamoci se semplicemente per un'esigenza 
di "governabilità" (che è dovere esclusivo dei "rappresentati", 
che solo per incapacità proprie cercano scorciatoie). 
Il mio voto, pur consapevole del merito della riforma, discende forte 
da questa priorità etico-politica e pedagogica."

Grazie Antonio Scapece, forse per i molti impegnati nella mischia
senza senso non sarai convincente, ma quanto a me, oggi più che mai,
appari molto convincente.

O no?
Severo Laleo

lunedì 31 ottobre 2016

Fuori Binario, l’autopromozione della persona e il Referendum




Non conosci “Fuori Binario”?  Sicura?
E’ il giornale di strada dei Senza Dimora di Firenze,
autogestito e autofinanziato. E’ una pubblicazione
periodica mensile, registrata al Tribunale di Firenze
dal 1994, di proprietà dell’Associazione
Periferie al Centro”. Si diffonde per strada a offerta libera.
Ora è in diffusione il numero 185 Ottobre/Novembre 2016.

Per “non perdersi” i Senza Dimora pubblicano, tra l’altro,
tutto quanto è utile per offrire solidarietà alle “persone
che vivono il disagio sulla propria pelle”, dagli indirizzi
dei Centri di Ascolto, alle sedi per l’Assistenza Medica,
dai Bagni e Docce ai Corsi di Alfabetizzazione,
dai Centri di Accoglienza alle Mense (ora anche Autogestite).
E insieme si battono per la difesa dei diritti sociali, e soprattutto
per l’”autopromozione della persona”.
L’autopromozione impegna direttamente, esclude ogni atteggiamento 
di rinuncia e non implora la generosità
a gocce e una tantum delle istituzioni: chiede al contrario
alle istituzioni di garantire in continuità
con risorse/servizi/interventi/strumenti adeguati
l’esercizio pieno del diritto a declinare in libertà
la propria dignità di persona.
La prima pagina del n. 185 dei senza Dimora grida
a caratteri cubitali:  “Al referendum votiamo NO!
Occorrerà battersi perché la nostra Costituzione del 1948
sia finalmente ATTUATA!”

E’ vero, a parlar così forse non si entra nel merito della riforma
(ma è possibile un voto nel merito se si è costretti a votare
un insieme di norme in “blocco”, quasi la “filosofia”
di un intero impianto, senza la libertà di operare distinzioni?),
è vero, forse una venatura un po' retorica percorre,
sottile, quel verbo “battersi”, eppure, sarà anche colpa
di un “vecchio” sentimento fuori moda, vagamente di sinistra,
a scegliere di stare, in questa battaglia referendaria, 
con le “persone che vivono il disagio sulla propria pelle” 
forse non si sbaglia.
O no?
Severo Laleo 


lunedì 17 ottobre 2016

No, non siate arroganti, la scienza è mite



E’ successo qualcosa di grave, forse una crepa profonda,
nelle fondamenta della cultura del nostro Paese, se anche le parole
(e quindi i valori/comportamenti conseguenti) sono stravolte
a piacimento da chiunque “possiede” la parola; ed è successo, forse, 
qualcosa di ancora più grave, se le parole così stravolte troppo spesso 
sono accolte dai molti che ascoltano senza un minimo
di reazione. E va bene in campo politico, ma non si coinvolga l’etica. 
Quando si perde il senso della relazione etica, si rischia
di perdere il senso dell’Altro.
Purtroppo stravolgere il senso delle parole, quasi a sostegno ognuno 
del proprio sentire, è un segno di questi tempi
di individualismo esasperato, di corsa all’apparire e al successo,
per l’affermazione di sé; è quasi un desiderio di uscire
dalla condizione di “normale” umanità verso una condizione
di “superiore” umanità. In ogni campo. Ma alla fine i “vincenti” 
(altra parola d’uso frequente e forte dei nostri tempi) hanno tutti qualcosa 
in comune, in ogni settore, sia se praticano la buonavita sia se praticano 
la malavita: la logica della supremazia.

Stravolgere le parole è capitato ora anche al nostro Premier
se è vera la frase riportata dalla stampa, pronunciata da Renzi,
il Premier d’Italia, davanti agli studenti della Scuola Sant'Anna
di Pisa: "Vi auguro di essere inquieti e arroganti,
nel senso latino del termine, cioè di avere delle ambizioni, pretendere 
delle cose, puntare in alto".

Arroganti? Nel senso latino del termine?
No, dai! Anche per i dizionari di latino più diffusi tra i banchi
di liceo “adrogans” indica solo e sempre l’arrogante, il borioso,
il presuntuoso, l’ insolente.
Quale bisogno c’è, per contribuire alla crescita culturale
di un Paese, di invitare giovani studenti a essere arroganti,
sia pure nel senso di avere ambizioni, successo e altro?
L’arrogante è sempre un violento, perché non ha un limite
nel pretendere di raggiungere il suo obiettivo; e per questo
diventa insolente e aggressivo, infagottato, presumendo troppo
di sé, in una sprezzante superiorità;  in una parola, diventa tracotante
capace appunto di andare oltre; l’oltraggio è nel suo orizzonte. 
L’arrogante è ben il contrario del mite.
L’elogio dell’arroganza cancellerà l’elogio della mitezza?

No! Noi si vuole continuare testardi a difendere, contro l’arroganza, 
al di là del latino del Premier, la mitezza, non quindi il senso pieno di sé, 
ma la cura degli altri, e non inseguendo il “merito” (il merito è ambiguo 
ed è sempre sub iudice), ma riconoscendo i bisogni a prescindere; 
perché solo i bisognosi “meritano” sempre la nostra cura.
Se qualcuno dei miei dodici lettori per un caso avrà il “possesso” 
della parola nei confronti di minori (dovere, ad esempio, tipico
di docente), non sia arrogante, se vuole puntare in alto,
anzi sappia essere mite nel senso pieno della parola,
in latino e in italiano, perché solo il mite riconosce la priorità dell’Altro
nella sua pienezza di persona.
L’arrogante “sa” da sempre, il mite sempre “cerca”;
l’arrogante insegue gli “eccellenti”; il mite sceglie gli “ultimi”;
l’arrogante è per la conquista, il mite è per il dono.
L’arrogante, che ha ambizioni, che pretende, che punta in alto,
è sempre preso/chiuso in sé stesso, nel suo egoismo. Sa fortemente solo 
di dover “arrivare”. E’ duro l’arrogante.
Eppure raggiungere il traguardo forse non è mestiere solo
degli “arroganti”.
O no?

Severo Laleo

giovedì 13 ottobre 2016

La Rai, Bill Gates e l'importanza del limite nel possesso/uso del denaro




Forse è improprio, ma vorrei comunque accostare due notizie, pur distanti
tra loro per ambienti e persone, solo perché consentono, queste "notizie",
di svolgere una riflessione, con qualche serietà, sul danaro e il suo uso,
in un'epoca, e si spera in un'inversione di tendenza, in cui i "ricchi"
sfondati, pieni di soldi, andando oltre i limiti, in parole e in atti,
proprio grazie all’uso del denaro, hanno avuto (in Italia, Berlusconi)
o  aspirano ad avere (negli USA, Trump) anche il Potere in Politica.
Combiniamo le notizie.
In Italia è successo che il Senato ha approvato un emendamento
che fissa per tutto il personale e i consulenti RAI, senza eccezioni,
un tetto massimo, in una parola, un limite, di 240mila euro, in retribuzioni.
Si è quindi ritenuto opportuno e giusto porre un limite al “guadagno”
in una struttura pubblica. E’ un fatto nuovo.
L'idea che si possa stabilire un limite ai guadagni/profitti
(si tratta per ora solo di dipendenti RAI) e che si possa in teoria stabilire
un limite alla ricchezza attraverso, ad esempio, una politica fiscale
tendente a tenere accettabili le differenze di "fortune" tra le persone,
spinge a guardare con ottimismo al miglioramento della qualità della vita
e delle relazioni tra le persone.
Pare su questo d'accordo Bill Gates, ed è l'altra notizia,
ripresa dal Corriere. "Signor Gates, cos’è il denaro per lei?
E che significa essere l’uomo più ricco del mondo?
Sente una responsabilità in più? «La risposta non può che essere
a due livelli. Il primo è che mi sento incredibilmente fortunato
perché posso fornire ai figli una buona istruzione e ogni aiuto
senza dovermi preoccupare dei soldi: e questa è una vera
benedizione. Il secondo livello è che Microsoft ha guadagnato tanto,
che la maggior parte dei miei soldi, direi oltre il 95 per cento,
non è necessaria per sostenere le spese né della mia famiglia né dei miei figli.
E quindi ho la possibilità e l’opportunità di restituire questo denaro
alla società, per accelerare l’innovazione a favore dei più poveri»".
Indirettamente, al di là del quantum, Bill Gates riconosce l'esistenza
di un limite al possesso/uso di danaro per vivere,
se il 95% dei suoi soldi non è necessario alla  "vita" sua
e della sua famiglia. E ritiene quindi opportuno (giusto?) "restituire
il denaro in più, oltre il limite, a chi ha bisogno urgente per continuare a vivere.
Per miglioramento della qualità della vita e delle relazioni tra le persone.

Se la cultura del limite riuscirà a portare a ragione anche il capitalismo,
forse il futuro sarà sempre meno violento e drammatico per gli ultimi
della terra.
O no?

Severo Laleo

mercoledì 5 ottobre 2016

Caro Benigni, la sobrietà è per tutti

Caro Benigni,
da uomo di scuola non posso non ricordare con commozione
la tua grande “lezione” di illustrazione della “Costituzione
più Bella del Mondo”. La nostra. Soprattutto per quella scoperta
della “persona” e della sua dignità, dopo le atrocità di un lucido delirio 
di Potere Politico volto alla eliminazione dell’altro
(propria di ogni nazismo).
E se non ricordo male, legasti, con un po’ di patriottismo, 
giustificabile in una trasmissione televisiva, la nostra Costituzione 
alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, 
appunto tramite il valore universale della “persona” e della sua dignità. 
Credo fu, tra gli altri, Papa Giovanni XXIII a salutare questa “rivoluzione
con una forte espressione: con la Dichiarazione dei Diritti
appare per la prima volta nel discorso pubblico
l’”homo dignus”.

La nostra Costituzione celebra la dignità della persona,
e all’art.1, rende “sovrana” la persona, ma in un recinto
di regole di garanzia.

Tu hai dichiarato di essere per il SI’, benissimo, ma,
mentre difendi i principi fondamentali della Costituzione,
scritti a tutela dei diritti di ogni persona, trascuri di porre attenzione 
proprio a quei limiti di garanzia, oltre i quali da sobri si diventa ubriachi, 
oltre i quali il controllo esercitato dalle persone cade
e diventa arbitrio tra le mani dei decisori politici,
ai quali non s’addicono i limiti.
Un esempio?
La nostra Costituzione più Bella del Mondo prevede,
con un’essenzialità, diresti, straordinaria, all’art. 83,  
la seguente regola:L’elezione del Presidente della Repubblica
ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi
dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente
la maggioranza assoluta”.
Chiarissimo. La maggioranza assoluta dell’assemblea,
per l’elezione del Presidente della Repubblica,
è  un obbligo/limite.
Grazie a questa regola, molti dei più “in gamba” Presidenti
della Repubblica, a dimostrazione della bontà dell’obbligo
del dialogo tra opposti per trovare in comune la soluzione
più nobile, furono eletti con maggioranze di “garanzia”, 
forte per tutti: Gronchi, Pertini, Cossiga (le cui contraddizioni sono ora 
consegnate alla storia), Ciampi (anche Napolitano,
ma solo la seconda volta, forse per sfinimento della Politica)
superarono la soglia del 70% dei voti dell’assemblea.
Eppure la Riforma della Costituzione, senza una motivazione chiara, 
univoca e difendibile sul piano della “garanzia” delle regole, 
prevede/pretende di modificare questa regola, così sapiente
e di garanzia per ogni persona, comunque, pur avendo dato
buona prova, nel tempo, di solida validità.
La Riforma vuole sostituire l’attuale art. 83 con la seguente formulazione: 
L’elezione del Presidente della Repubblica
 ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi della assemblea.
Dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea. 
Dal settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza
dei tre quinti dei votanti”.
Eh, no! I tre quinti dei “votanti”, no! Ma perché rischiare
di eleggere a una carica così alta di garanzia un Presidente debole
con i soli tre quinti dei “votanti”, cioè dei “presenti”?
Un Presidente debole di fronte a tutti non è un Presidente libero.
E rischia di essere prigioniero di un altro Potere.
E perché giustificare gli eventuali parlamentari assenti
a un compito così delicato? Perché favorire la possibilità dell’assentarsi 
al voto nell'elezione del Presidente (non è una quisquilia!)? 
Per consentire l’elezione solo ai presenti?
Insomma si può chiudere tutto con un “chi c’è, c’è”,
per usare il linguaggio di giovanotti scamiciati e irrispettosi?
Qual è il vantaggio per noi persone di una società democratica
nell’avere un Presidente, la più alta carica di garanzia,
sulla carta eleggibile con i tre quinti dei parlamentari presenti? 
Qual è la ratio? Può un Presidente eletto da una minoranza 
(sulla carta, se al settimo scrutinio, si fa per esagerare, si presentano 
solo 366 parlamentari, bastano 220 parlamentari a eleggere il Presidente!).
Dove sono andati a nascondersi i limiti? Anzi dov’è quell’esaltazione 
dei limiti da parte tua, caro Benigni?
Se i parlamentari sono per una qualche ragione presi dall’ubriachezza, 
chi potrà ridurli alla sobrietà?
Solo i limiti della legge costituzionale, caro Benigni.
Votando SI’, tu, dopo avermi dato l’illusione di una comprensione profonda 
della Costituzione nel suo essere sistema (i principi fondamentali 
sono l’orizzonte etico-giuridico di ogni altro articolo),
mi rubi in realtà un pezzettino di garanzia, perché consenti
a eventuali ubriachi la possibilità di non rinsavire.
No Benigni, io alla mia dignità di persona, garantita da limiti
della legge costituzionale, non rinuncio. Tu sì. Forse.
O no?

Severo Laleo