Una volta, almeno a partire dai formidabili anni sessanta, e giù di seguito,
la politica era più complessa, difficile a dirsi, quasi un esercizio per iniziati.
Passione e ideologia segnavano ogni discorso politico.
Dal contadino di Cerignola, all’intellettuale di Torino.
Discorsi profondi, da interpretare, senza gesti.
Per voglia di partecipazione, per imparare a “contare”.
L’adesione a un progetto politico, sempre rigorosamente della collettività,
della comunità, prendeva dentro, la ragione e i sentimenti,
e, a suo modo, ognuno aveva il suo “sol dell’avvenire”.
E la coerenza era misura d’intelligenza politica, quasi d’onore.
Qualcuno scoprì persino il senso politico della questione morale.
Oggi, grazie soprattutto a una nuova classe politica non più di partito,
ma imprenditoriale e/o di “popolo”, tutto è più facile, più semplificato.
La politica diventa immediata. Senza memoria.
Macina tutto e il contrario di tutto.
Senza la dimensione del futuro. Senza discorsi.
Solo slogan gridati e gesti semplici, chiari.
Non perde tempo la politica in coerenza. Guarda al frutto.
Sempre individuale. E ha imparato molto bene a “contare”,
perché sa gustare il danarismo avvilente,
scoprendo, in Parlamento, la virtù della “responsabilità”.
La “questione morale” è moralismo, è il ritorno dei puritani. Vecchiume.
Una volta, per capire la strategia politica,
ti si dava da interpretare le “convergenze parallele”,
oggi per tutti basta l’icasticità del gesto del dito medio.
Il passaggio dalla complessità alla semplificazione è ormai avvenuto.
E diventa non più necessario in politica farsi un’idea propria e libera,
informarsi, partecipare, indignarsi, protestare, condividere,
è sufficiente “legarsi” a un “capo”, a cui “si deve” qualcosa
(chiunque sia il “capo”, dovunque collocato).
Esprime bene questa nuova condizione di semplificazione
nell’impegno politico una dichiarazione di Emilio Fede:
"Proteggo il premier. Da amico vero del presidente Berlusconi,
a cui rimarrò legato per tutta la vita,
perché gli devo la mia seconda giovinezza professionale,
ho sempre cercato di proteggerlo”.
Ecco i nuovi termini: protezione, legame, “dover tutto”.
Semplice, no?
E una conferma giunge anche dal Presidente del Consiglio, quando spiega:
"Pochi giorni fa per l'ennesima volta abbiamo ottenuto la fiducia alla Camera
con una maggioranza che dopo la diaspora di Fini e Casini
è numericamente inferiore ma politicamente più coesa”.
Chiarissimo: il libero confronto politico con Casini e Fini
è stato sostituito dal fervido desiderio di “coesione”
-legame più a stretta, ma ambigua, tenuta- dei Responsabili
(e viene in mente un bell’articolo di Guido Viale, apparso su il manifesto
del 29 aprile dal titolo “Il desiderio italiano di essere servi”).
Forse anche il carisma, se crea “servo legame”, non è carisma.
O no?
Severo Laleo
P.S.
Ma il gentile, garbato, colto, moderato, cattolico Gianni Letta
è dentro questa logica del “legame”?