venerdì 23 dicembre 2011

Liberalizzazioni: fallimenti e successi. Il caso degli “avvistaposti”



E’ insopportabile. Anzi c’è da vergognarsi.
E’ in atto una dura battaglia, senza badare a spese in risorse umane,
contro gli avvistaposti al parcheggio di Careggi a Firenze.
Sì, gli avvistaposti di parcheggio, ossia la naturale evoluzione,
in modalità senegalese, del modello dell’arte napoletana dell’arrangiarsi,
senza i multiformi rischi dell’originale.
Ma a Napoli il parcheggiatore è pigro, ha anche la sedia.
A Firenze, no! Il dinamismo artigianale non è scomparso.
Sei mai stato a Careggi, al parcheggio di via Pieraccini?
Bene, in quel parcheggio, i senegalesi svolgono,
con gran beneficio degli utenti, in termini di tempo,
l’importante funzione di avvista posti.
All’inizio di ogni corridoio-parcheggio, abili di vista e di corsa,
ti accolgono due giovani, agilissimi,
per niente impediti da una busta gonfia di rapida mercanzia,
e gentili ti guidano al tuo “posto”, senza chiedere altro.
Forse ora saranno spazzati via, come i lavavetri, per far posto
alla diffusa tranquillità del perbenismo egoista.
La lobby dei lavavetri ai semafori e degli avvistaposti ai parcheggi
non è potente: le autorità registrano quindi un successo.
Contro la lobby dei tassisti, dei farmacisti, dei professionisti in “ordine”,
il fallimento delle autorità pubbliche è palese.
In Italia, si fa per esagerare, se non hai una lobby di riferimento, non esisti.
Una qualunque lobby, di qualunque tipo, visibile o nascosta.
Così a Firenze, città dell’accoglienza e della creatività artigiana,
aperta a ogni liberalizzazione e modernizzazione nel lavoro,
la battaglia contro i lavavetri e gli avvistaposti ha avuto successo,
con grave danno per la mia/nostra pigrizia.
Sì, perché il servizio a offerta libera del lavaggio del parabrezza,
ha sempre garantito, incrementando la visibilità, 
la qualità della mia/nostra guida. Per il bene di tutti.
Anzi più volte si chiede persino il servizio completo,
con passaggio veloce di schiuma lavante al parabrezza posteriore.
Se ben si guarda alla sicurezza stradale e all’efficienza di parcheggio,
e alle possibilità di un’integrazione facile nel tessuto produttivo,
sarebbe utile, in ogni grande città, istituire, con regole chiare,
l’ordine dei lavavetri e degli avvista posti.
O no?
Severo Laleo

P.S. Ha scritto l’ex ministro Mussi con gran rispetto del vero: “Prima i lavavetri, poi i mendicanti orizzontali invece che verticali a Firenze, infine persino un accordo tra il Comune e i frati francescano, con il sostegno dell’opposizione, per proibire ai mendicanti di Assisi di stazionare davanti alle chiese. Viviamo in una società che produce a getto continuo poveri, ma non sopporta di averli davanti agli occhi.. Sembra una storia molto antica in forme nuove. Avete presente l’Inghilterra della fine del ‘700? La Camera dei Lords approvò la famosa Legge delle enclosures, delle “chiusure”. Prima di allora una parte grande dei terreni erano commons, beni comuni dove lavoravano i contadini. Le terre vennero chiuse, e questo trasformò alcune centinaia di migliaia di contadini in operai delle nascenti industrie, altre centinaia di migliaia in vagabondi. Non c’erano semafori all’epoca, tuttavia i crocicchi delle strade si riempirono di una varia umanità di straccioni, un po’ più sporchi e un po’ più maleducati dei lords . Ovviamente i lords fecero leggi contro i vagabondi, nelle quali si stabiliva che al primo arresto del vagabondo c’era la galera, al secondo l’impiccagione sul posto. Si creò in pochi anni un certo ordine nelle strade…”

giovedì 22 dicembre 2011

Non è tanto umano il nascere

Non è tanto umano il nascere
per chi nasce,
quanto per chi muore 
è umano il morire.
O no?
Severo Laleo

Fuggire o uscire dalla vita: dov’è il limite?




Scrive Seneca:
 ...
"L’uomo forte e sapiente non deve fuggire, ma uscire dalla vita;
e soprattutto si liberi di quella passione comune a molti:
la voglia di morire (libido moriendi).
Lucilio caro, come per altre cose, 
anche per la morte ci può essere un'inclinazione inconsulta
che spesso assale uomini generosi e impavidi, 
spesso uomini vili e deboli:
gli uni disprezzano la vita, gli altri ne sono oppressi." (Ep., XXIV, 25)
...
Forse il fuggir/uscir di vita è questione “sociale”,
se la persona è “protesi” d’altra persona.
O no?
Severo Laleo





mercoledì 14 dicembre 2011

A Samb Modou e Diop Mor (e al dolore dei familiari)

Giorno di lutto oggi a Firenze,
nel dolore dei "cari" di Samb e Diop,
per la comunità senegalese “tutta”, 
per  la “civile” comunità fiorentina,
per l’intero Paese “normale”, 
per l’Europa non più degli “extracomunitari”,
per ogni “persona” senza luogo:
ancora una volta il rifiuto, arcaico e violento,
agito attraverso un’ideologia nera, opprimente e senza gioia,
incapace di guardare gli “altri”, ogni “altro”, negli occhi,
ma abile a sostenere un’aggressione, con o senza pistola,
contro gli “altri” e contro sé stessi,
per corteggiare e posseder la morte,
questo rifiuto, arcaico e violento,
del principio dell’uguaglianza in dignità degli uomini,
sancito,  per  superare la tragedia della razza del Novecento,
dall’art. 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani,
uccide, ancora oggi, appunto, a Firenze,
e, ieri, dovunque abiti la violenza dell’ingiustizia,
il sentimento dell’universale umanità.
Ciao Galia, che fai oggi?
Nulla di che, Diego. Lavoro fino a tardi.
Dai, trova un po’ di spazio per un aperitivo. Forza, vieni.
Non so, forse. Comunque sul tardi.
Sai, è tornato anche Simone dal Marocco.
Vabbè, via, ci si vede, dieci alle otto, al solito posto, 
a Piazza MorModou.
O no?
Severo Laleo


domenica 11 dicembre 2011

L’equità non tollera diseguaglianze senza un limite


A proposito di “equità” e “sacrifici” per tutti,
ecco un brano di Giovanni Crisostomo (354-407),
promemoria per il Presidente del Consiglio Mario Monti:

"mentre tu riposi nel tuo letto,
il povero giace sfinito su una stuoia
tra i portici delle terme, coperto di paglia,
tutto tremante e intirizzito per il freddo,
straziato dai morsi della fame:
allora, anche se fossi l'uomo più insensibile al mondo,
sono certo che ti condanneresti, perché, 
mentre tu vivi nel superfluo,
a quello non lasci neanche il necessario."

E guai a far "sacrifici" eguali tra diseguali.
O no?
Severo Laleo

lunedì 5 dicembre 2011

Monti, tecnico sì, ma all’italiana


A scanso di equivoci, è bene subito precisare:
un pieno rispetto merita il lavoro del Governo Monti
(e soprattutto della Ministra Fornero, così vera nella sua  carica di empatia),
e  un grazie sincero meritano tutti i membri del Governo Monti
per aver scelto, incoraggiati da un ottimo Presidente della Repubblica,
di prestare “servizio” per il bene comune del nostro Paese.
E questo a prescindere da qualsiasi giudizio nel merito.
In breve, e chiaramente, continui pure il suo lavoro questo Governo Monti,
utile forse non tanto e non solo sul piano dell'economia,
quanto sul piano del recupero di "civiltà" politica.
Ma altrettanto rispetto merita il lavoro di critica di ogni persona,
specie se inquadrato nel nuovo ritrovato clima
di civile “dialogo” e di “confronto” competente,
dopo anni e anni di scontri inutili e avvilenti.
Il Presidente del Consiglio Monti subito indicò i tre principi-guida
della  sua opera di governo: rigore, equità e crescita.
E l’accordo fu generale.  Ora, però, a manovra meditata e deliberata,
è più facile esprimere un giudizio nel merito, ad esempio,
per quanto riguarda il principio dell’equità.
L’equità, è chiaro a tutti, non è termine/valore tecnico,
è, al contrario, un termine/valore eminentemente politico:
a ciascuno la sua “equità”.
Ma il Presidente Monti ha (è stato costretto?) esplicitato,
con la sua trasparente chiarezza (moderna virtù civile,
presso di noi ancora senza molta fortuna), un’idea di equità
davvero originale: nella sua idea di “equità” sociale
non c’è alcuna sua scelta personale e politica,
alcuna sua responsabilità etica e sociale,
alcuna sua coraggiosa e solitaria decisione (almeno non è dato sapere),  
ma solo un’azione, quasi ritornando al significato originario di “aequum”,
di “pareggiare” i conti tra PDL e PD, di  “livellare” i contrasti,
di semplice porsi, quindi, quale trait d’union tra “continuità e discontinuità”.
Non ho dubbi, Monti ha scelto di agire così per “salvare l’Italia”,
perché ha grande rispetto per i partiti (quali?) presenti in Parlamento,
perché non può rinunciare a trovare un “equo” accordo,
ma non credo si possa lavorare per il bene della più ampia comunità
se non si sceglie con coraggio da quale parte “stare”,
con le proprie idee, quando si tratta di “equità” sociale.
Un governo Monti promosso dalle Camere sulla “sua propria” idea di “equità”
avrebbe regalato al Paese coesione sociale e nuova affidabilità,
affogando nel ridicolo ogni sospetto discorso sui poteri forti,
un governo Monti bocciato dalle Camere sulla “sua propria” idea di “equità”
avrebbe restituito, magari approvando una nuova legge elettorale,
la parola, soprattutto ora, in tempi di “equità” da praticare, agli elettori.
Un governo Monti promosso (o anche bocciato) 
sull’equità complicata e scoraggiante del “pareggio” PDL/PD,
è una delusione troppo grande per il Paese, specie per quanti hanno sperato
in un serio rinnovamento, attraverso l’esempio, dell’agire politico.
Il nostro Paese aveva (ed ha) sì bisogno di un tecnico, stimato e competente,
ma non di un notaio funambolo all’italiana nel circo dei partiti di oggi.
O no?
Severo Laleo

venerdì 2 dicembre 2011

E' d'obbligo un limite al potere anche nella durata

Scrive Stefano Allievi in
http://appuntidallacrisiitaliana-padova.blogautore.repubblica.it/2011/12/02/troppo-potere-troppo-a-lungo/:

"Troppo potere, troppo a lungo, fa male.
Gli scandali della giunta Formigoni sono l’ultimo capitolo di una lunga storia. A Formigoni è riuscito quel che non è riuscito a Galan: avvitarsi sulla propria poltrona trasformando il mandato elettorale in una sorta di satrapia di lungo termine. Quello che sperava Berlusconi per sé, sognando il Quirinale, e che praticano molti leader all’interno dei rispettivi partiti, a livello nazionale  – Bossi ne è l’esempio più longevo, ma non il solo – e locale.
Il sogno eterno del potere: durare sempre, a dispetto di tutto. Ma se “il potere corrompe, il potere assoluto corrompe assolutamente”. Ecco il senso del limite al numero dei mandati, delle cariche a termine. Specie se pubbliche ed esercitate in nome del popolo: ma farebbe bene anche a tante associazioni, imprese, enti, fondazioni… (il caso don Verzé dovrebbe dirci qualcosa). Troppi anni nello stesso ruolo fanno ristagnare le relazioni, creano inerzie malsane, impediscono l’innovazione. E, dove ci sono soldi da gestire, specie se pubblici, producono centri di potere più o meno occulti e stabili.
Per questo è sano il ricambio: frequente. Non solo dei leader. Sono in troppi, nei partiti e altrove, a essere convinti della propria indispensabilità. Non è così. Li cambiamo volentieri, ci abitueremo in fretta ai nuovi, quando arriveranno. Andate pure, grazie…"

Perfettamente d'accordo.
O no?
Severo Laleo

mercoledì 30 novembre 2011

Per una definizione del significato di limite

Ho trovato quest'articolo di Filippo Zaccaria nel sito http://www.labiolca.it/. Bene,  qui non è fuori luogo. Anzi. Solo un'osservazione: un limite al denaro (e alla miseria) è sempre possibile. O no? Severo Laleo     
   
"La parola che deriva dal latino (limes – itis) forse da limus ‘obliquo’ cioè “linea di confine naturale”, non ha attendibili corrispondenze precedenti o fuori dall’ambito italico.
Curiosamente i Romani che sembravano non avere limiti alla loro espansione e che crearono un impero tra i più espansi della storia, osservavano con attenzione il limine (limen – inis = soglia, limitare) o il limitare e persino il limbo (limbus ‘lembo’ nel senso di marginale). Avevano una divinità a esaltare il mistero tra dentro e fuori, tra l’aldiquà e l’aldilà: Giano bifronte, il dio della soglia. 
Sappiamo tutti quanto sono pericolose, per sé e per gli altri, le persone a cui manca il senso del limite, in genere si dice che abbiano un egoismo sconfinato, appunto. L’egolatria, sostituto relativamente recente dell’idolatria, in cui l’io diventa idolo da adorare, esaltare, celebrare, portare in processione, malattia infantile, molto umana, che si manifestò, forse per la prima volta, in quel popolo collerico che costituì l’Impero di Roma. Se Roma aveva un alto senso del limite (ogni Cesare aveva il suo Bruto), oggi sembra perduto, perché il potere è rappresentato dal Denaro, divinizzato oltre ogni etica, estetica ed eros. Nessuno può mettere un limite al denaro, il denaro giustifica ogni massacro, ogni degrado, ogni nefandezza, ogni illegalità, ogni perversione della realtà. Se continua in questo modo, il dominio del Denaro “demoniaco”, arimanico, che oscura ogni intelligenza, ogni scienza, ogni economia, l’umanità intera è perduta. La natura, lo stesso pianeta terra, dovrà intervenire per eliminare dalla sua superficie un parassita che non ha più limiti, che ha disimparato le leggi dell’economia. E’ stretta la relazione tra economia ed ecologia (essere vivente e suo ambiente); quando, accecati dal profitto, distruggiamo l’ambiente, l’essere vivente muore. I tempi della natura sono più ampi dei meccanismi costruiti dall’uomo (un motore si spegne immediatamente se si interrompe il flusso), un fiore reciso contiene ancora un “etere” vitale che lo fa spegnere lentamente, così l’uomo che recide sistematicamente i suoi legami con le leggi naturali sopravvive ancora un poco, ma in realtà s’è suicidato. Dobbiamo urgentemente imparare, addestrandoci al “senso del limite”: per poterlo fare dovremmo sviluppare il “senso della fine”, come la vista è in relazione con la luce, così i nuovi sensi si sviluppano in relazioni inscindibili. Se il denaro esce dal sistema economico, provoca la morte dello stesso, se l’economia esce dal sistema ecologico provoca la morte dell’ambiente, quindi dobbiamo imparare a vedere i limiti e non superarli. Il degrado che nel presente coglie l’uomo è la cecità della fine, meglio dire la perdita del fine: a quale scopo avere più denaro del necessario, più ricchezza, più potere; la perdita di uno scopo, del fine, ci porta all’irrazionale, oltre il limite." 

       

sabato 26 novembre 2011

E i "giovani" tornano a scrivere: lettera aperta al nuovo Presidente del Consiglio Mario Monti

Egregio Presidente prof. Monti,
scriviamo la presente, prima di tutto, augurandoLe buon lavoro con l’auspicio che riesca a trovare le giuste soluzioni per il nostro Paese!
Ci rivolgiamo a Lei come neo Presidente del Consiglio di un Paese, il nostro, che come da Lei sostenuto ha davanti a sé anni difficili, di sacrifici, tagli, ma anche l'opportunità di rinascere, ridare a tutti, cittadini, famiglie, giovani, quella fiducia in un futuro (non troppo lontano) possibile, più giusto, democratico e sostenibile. Un futuro per il quale siamo disposti a fare sacrifici, ma che questi siano l'inizio di una ricostruzione verso un modello sostenibile, democratico, meritocratico, che spazi via i privilegi di pochi, e investa in formazione, ricerca, sviluppo e sostegno alle fasce più svantaggiate, in particolare alle persone disabili.
Apprezziamo la Sua volontà di ascoltare, in questa fase così importante e delicata, anche i giovani, convocando il Forum Nazionale dei Giovani, la piattaforma italiana di rappresentanza giovanile. Un’iniziativa del tutto nuova per l’Italia che speriamo sia il primo segno di una reale rottura con il passato che ci ha condotto alla situazione attuale e sia il primo passo per promuovere un effettivo cambiamento.
Le scriviamo in quanto giovani che vivono quotidianamente l’esperienza dell’impegno nella società civile in diversi ambiti; Le scriviamo per presentarLe l’idea del Paese che vorremmo, tenendo conto di quanto il cosiddetto “mondo dei giovani” sia complesso e variegato, fatto di tante realtà. Molti di noi partecipano all’attività di associazioni che fanno parte o hanno fatto parte del Forum Nazionale dei Giovani, molti non si riconoscono in un’Associazione specifica, in un gruppo organizzato o in un partito politico, altri fanno parte dei movimenti, alcuni nascono e sono espressione diretta di esigenze sociali.
Riteniamo che questo momento di crisi debba essere un’opportunità per l'Italia di rinascere e riconsegnare ai giovani non solo un’idea di politica “pulita”, ma anche una speranza concreta di futuro, dove sia l'uomo il centro di un sistema e non il contorno di un pasto troppo abbondante.
Abbiamo la consapevolezza di quanto l’attuale situazione non sia facile, non solo dal punto di vista economico ma anche, e soprattutto, per quanto riguarda il disagio sociale. Ma UN GOVERNO CHE NON CAPISCE IL FUTURO NON PUO’ CAMBIARE IL PRESENTE.
Per questa ragione, Presidente Monti, Le chiediamo di vestire, anche solo per un momento, i nostri panni, in questi anni in cui abbiamo solo sentito parlare e visto tagli alla formazione, al lavoro, ai diritti in particolare a quelli verso le persone disabili, alla tutela del territorio, alla sanità. Abbiamo quasi tutti una laurea in tasca e pochi con un posto di lavoro.
Il dissesto dei nostri territori sembra quasi la metafora della nostra società.
Ma avere ragione non ci basta più, vogliamo soluzioni alle nostre ragioni. Come dice Max Weber “Senza l’ambizione di risolvere i grandi problemi del mondo non si riuscirà a risolvere nemmeno i più modesti”.
Per questo Le chiediamo di assumere quest’ambizione, inchiodando ognuno – la politica come i cittadini e i giovani – alle proprie responsabilità e conseguenze delle proprie decisioni.
Nei prossimi anni e mesi non basterà risolvere solo i conti di uno Stato per rispondere in modo più adeguato alla crisi che stiamo attraversando. Ciò che vorremmo è che questo Governo non sia solo tecnico, ma anche espressione delle diverse parti sociali, ridandoci la speranza, di avere da parte Sua, risposte più efficaci e concrete rispetto a ciò che è stato fatto in questi ultimi 20 anni.
Abbiamo bisogno di risposte concrete che rispondano alle esigenze dei giovani, per dare loro l’opportunità di investire nel proprio progetto Italiano.
Per tutto questo, ci permettiamo di elencarLe, pochi e semplici punti per “attrezzarsi” di fronte alle nuove questioni, dentro un’idea di solidarietà tra generazioni e le diverse parti del Paese:
1. Lavoro e precariato: “sfruttando” ad esempio tutti quei settori che rappresentano per l’Italia un occasione di rilancio e che anche in tempi di crisi hanno garantito competitività, posti di lavoro e miglioramento della qualità di vita dei cittadini, come la grande questione energetica, le rinnovabili, l’efficienza e il risparmio energetico, la riconversione ecologica dell'economia. Basti pensare solo agli oltre 120 mila nuovi posti di lavoro nel solo settore delle rinnovabili. Aggiungendo l’attenzione verso una occupazione concreta che apporterebbe un evidente risparmio per la spesa sanitaria, oltre a conquiste umane e sociali comprovate in altri Paesi del mondo.
2. Città e qualità della vita: prevenire e investire in manutenzione ordinaria e di tutela dei territori per garantire una migliore qualità di vita e sicurezza. Abbiamo bisogno di opere e infrastrutture necessarie per lo sviluppo: niente opere faraoniche irrealizzabili e ambientalmente non sostenibili che tengono bloccati fondi inutilmente, ma piuttosto, ammodernamento delle infrastrutture, con piccoli interventi diffusi sul territorio che darebbero lavoro a piccole-medie imprese e rilancerebbero un'occupazione di qualità migliore (ferrovie e treni per il trasporto pendolare, metropolitane leggere, ammodernamento ed efficientamento di edifici pubblici, scuole, efficienza energetica, ecc...), tenendo conto delle accessibilità “PER TUTTI” anziani bambini e persone disabili.
3. Rilancio del servizio civile nazionale come riconoscimento "legale" di difesa della patria non armata e non violenta, di spirito di servizio volontario ed esperienza di formazione e di apprendimento non-formale.
4. Scuola e università pubblica, luoghi di formazione della cittadinanza, in cui introdurre educazione civica ed ambientale. In particolare rendere dignitosa la presenza nelle strutture di formazione, di qualsiasi ordine e grado, tornare a una inclusione concreta dei giovani disabili con servizi garantiti.
Ovviamente questi punti non sono esaustivi di tutto ciò che si potrebbe e dovrebbe fare.
Ma come accade nell’economia familiare dove spesso bisogna tener conto di alcune priorità, così come per la “famiglia Italia”, riteniamo, che i punti sopracitati siano assolutamente indispensabili per crescere con i valori giusti, non solo con la bramosia e l’ingordigia del denaro come premio per l’egoismo.
“La conquista non è mai il risultato dell’impegno individuale. È sempre uno sforzo e un trionfo collettivo”.
Nelson Mandela
Certi di un Suo interesse, Le porgiamo ancora i nostri migliori auguri, sottolineando la nostra disponibilità ad un confronto.
I giovani di:
Legambiente Onlus, HANDIAMO! Onlus, Yap Italia, Rete degli Studenti Medi, Associazione Culturale Tavola Rotonda, Federazione Giovani Socialisti, ArciRagazzi, Rappresentanza Nazionale Volontari Servizio Civile

lunedì 21 novembre 2011

In pensione a 70 anni, senza calcoli: nel 2047, i giovani, per strada



Dal 2013 l’età di pensionamento aumenterà automaticamente
in connessione all'aumento della vita media attesa,
raggiungendo i 67 anni nel 2021 e i 70 nel 2047.
Questa scelta, dell’innalzamento dell’età della pensione
in relazione semplicemente alla durata media della vita,
a prescindere dalla qualità della salute, e della vita, appare a tutti sensata.
Eppure ha un vizio d’origine: la scelta nasce esclusivamente
in base a un ragionamento di risparmio di spesa, e basta.
E diventa, quindi, una scelta di natura ideologica.
Senza i calcoli dei costi individuali e sociali generali.
E senza sapere se un 70enne a lavoro del 2047
è pari o diverso per acume, per efficienza e per riflessi
a un 70enne in pensione di oggi.
Non ho trovato nel dibattito pubblico altri elementi di valutazione
per i quali la scelta di innalzare l’età di pensionamento
sia da ritenere utile per il singolo e per la collettività,
razionale sul piano dell’organizzazione del lavoro,
efficace sul piano della produttività,
efficiente sul piano della spesa complessiva,
equa sul piano sociale.
E poiché per immaginare non sono necessari studi complessi,
ma solo un po’ di fantasia sociologica,
provo a lanciarmi nell’anno 2047, seguendo nel lavoro
una persona sessantanovenne (anziana, si può dire?),
docente di scuola materna/elementare
(ma l’esempio vale per ogni altro “mestiere”,
dall’elettricista al chirurgo, dall’autista al muratore, e via di seguito).
La nostra persona, docente di scuola materna/elementare, sessantanovenne,
alle sette è sveglia per andare a lavoro, anche se ha avuto la solita nottata
con un paio di felpate passeggiate per le sue stanze di casa,
ora per la pipì, ora per un dolore alla spalla;
è attenta, prima di colazione, a prendere il suo diuretico per l’ipertensione,
e, dopo colazione, la pillola rosa per alleviare i dolori articolari.
Con calma, per non svegliare il dormiente bamboccione,
il tempo a tavola scorre rapido; oddio, bisogna correre (si fa per dire!),
al parcheggio a prender l’auto. Gli occhiali, dove sono gli occhiali.
Mannaggia farò tardi. Mi tocca di nuovo salutarla sulla porta
la  mia cara dirigente. E oggi c’è anche la mamma di Luca, 
per la festa di compleanno.
E vai, non vedi il verde! Al semaforo il botto è forte, ma non grave.
Scende dal furgone un uomo anziano (avrà un settantanni),
per la constatazione amichevole  
(anche il vetraio farà tardi al lavoro stamane).
E intorno d’un tratto si raccoglie rituale una piccola folla,
pronta a curiosare e a dare aiuto. E son tutti bravi giovani, 
ancora in cerca di lavoro.
Per fortuna alla scuola materna/elementare arriverà la “giovane” supplente
di sempre, per la gioia finalmente dei bambini.
O no?
Severo Laleo

mercoledì 16 novembre 2011

Il nuovo antico del governo Monti/Napolitano



Da domani molto sarà diverso nel governo del Paese
e molto cambierà nel rapporto cittadini governo.
Non avremo più ministri molto abili nell’annunciare
e scarsamente abili nel produrre,
e soprattutto non avremo ministri sempre pronti a illustrare
con enfasi elogiativa il proprio operato.
Non avremo più ministri urlanti e facili di dito medio.
Non avremo più ministri in lotta continua
contro i giovani, contro gli studenti, contro la scuola,
contro il sessantotto, contro i “fannulloni”, contro comunque.
Da domani i nuovi ministri saranno al lavoro in gruppo,
al di là di ogni calcolo di spread, solo al servizio del Paese,
perché questa è la ragione dell’investitura. Non altro.
E saranno contro l’evasione fiscale, contro l’illegalità,
contro le scorciatoie della corruzione.
Anzi, la stessa statura morale dei governanti 
sarà un investimento economico per tutti noi.
In breve, per essere chiari, non sarà più possibile, anzi inimmaginabile, 
per i Lavitola avere un ruolo di “consigliere”.
E’ la rivoluzione per il nostro Paese,
a prescindere da ogni altra considerazione sulle future scelte di governo.
Si può essere d’accordo e non d’accordo con le venture decisioni,
ma scontate sono l’onestà, la serietà, la competenza.
Il rapporto cittadini governo non sarà più regolato dal "tifo",
ma da una specie nuova di “consenso informato”,
da dare/negare a seconda delle motivazioni pro/contro.
Scompaiono d'un tratto "partite", "discesa in campo", "calcio mercato".
E anche per la libera stampa, chiamata a non più parteggiare,
sarà un viatico per il ritorno al servizio di informare.
Ma soprattutto ogni cittadina/o, nel vedere all’opera di governo
persone per merito competenti e non più persone miracolate per altre doti
(troppe in questi anni di danarismo avvilente),
saprà con serenità e impegno partecipare alla “ricostruzione”.
E forse la politica, liberata dagli affari, potrebbe non dare più spazio
né alle manovre oscure degli impresentabili,
né ai bagliori di nuovi carismi roboanti.
O no?
Severo Laleo




lunedì 14 novembre 2011

Una persona di "misura"

Sobrietà, misura e senso del limite sembrano essere le doti della persona Monti.
 http://vecchio.blogautore.repubblica.it/2011/11/14/un-alieno-a-roma/trackback/
Forse, dopo le sguaiate smargiassate del maschilismo al potere, 
applaudite sempre, senza pudore, da tanti italiani,
anche ornati di fascia tricolore, e in sedi a volte istituzionali,
un po' di cultura del limite, nella versione montiana dell'"equità",
giunge a refrigerio.
O no?
Severo Laleo


Servitori e servi




Con Monti, finalmente, entra nel linguaggio politico di governo
una parola antica,
eppur scomparsa negli anni del berlusconismo:
servizio.
Ora, vedere all’opera, nel governo del Paese,
dei “servitori” responsabili,
in grado di seriamente ascoltare e seriamente agire,
sarà un duro colpo, quasi un trauma, per chi, da libero servo,  
è abituato a seguire, per amore (?), il suo “padrone”.
O no?
Severo Laleo