domenica 18 marzo 2012

Il pesce, a volte, anche fresco, “puzza”, specie a Bari

 

Esterrefatto, da cittadino rispettoso dei colori dei semafori,
leggo dalla Stampa una serie di dichiarazioni del Sindaco Emiliano di Bari,
del Pd, Partito al quale pure è ancora possibile, grazie alla presenza
di non poche personalità irreprensibili, riconoscere un residuo di “serietà”:
1.      Non ho tenuto distinta la politica dall’imprenditoria”;
2.       “Se qualcuno pensa di potermi mandare a casa solo per qualche chilo di pesce
e cozze pelose, si sbaglia: rimarremo qui consapevoli degli errori commessi
ma con la determinazione che solo le persone perbene riescono a mettere insieme”.
3.      Non avrei dovuto accettare quella «valanga di pesce»”;
4.      Il pesce era talmente tanto che lo avevamo messo anche nella vasca da bagno,
avrei dovuto riportarglielo e ho sbagliato a non farlo”;
5.      Bari non può essere rappresentata come la città di un sindaco che si fa comprare con qualche spigola e una bottiglia di champagne”;
6.      Leggere dai giornali quello che succedeva negli uffici comunali  
mi ha molto impressionato, e mi costringe a dire oggi di avere sbagliato
ad avere rapporti troppo stretti con il gruppo imprenditoriale Degennaro
e di avere commesso un errore ancora più grave
facendo entrare in giunta la figlia di Degennaro”.

Niente più?
In questo blog da sempre si sostiene l’importanza di praticare in politica
la cultura del limite, e si sostiene, almeno per un amministratore,
se vuole affrontare con serietà e onestà la gestione della cosa pubblica,
l’obbligo civile di interiorizzare un’idea di limite.
Chi non è in grado di comprendere, ad esempio, quali sono i fines
tra imprenditoria e politica  deve essere non solo scacciato, s u b i t o,
-e nulla osta- dal partito di appartenenza per inadeguatezza
(non è stato, e non è, solo Berlusconi l’unfit in Italia!),
ma condannato, a vista, all’allontanamento definitivo dai pubblici uffici.
O no?
Severo Laleo

sabato 17 marzo 2012

Oltre i tecnici, per ripartire dal basso, con Placido Rizzotto


In questo blog, spesso, sono stati disapprovati i comportamenti “leggeri”
di noi italiani, specie in ambito etico-politico e sociale,
dove la nostra dimensione pubblica, civica, di responsabilità comune,
è avvezza a cedere, anche “chiudendo un occhio”, agli interessi dell’orticello.
E, in particolare, si è anche sostenuto come l’affermarsi, negli ultimi decenni,
di un diffuso danarismo avvilente abbia generato, ad ogni livello,
una corsa infinita verso un individualismo esasperato e senza limiti,
da inseguire perfino a costo di rinunciare a dignità e libertà.
Sicché è apparso a volte facile ripetere, a un secolo di distanza,
con P. Gobetti, a proposito del civismo degli Italiani:
gli Italiani hanno bene animo di schiavi”.
A tal punto, si potrebbe aggiungere, che qualcuno è riuscito a dar vita
anche a un movimento di agitati e urlanti "servi liberi".
In verità, esiste un’Italia, sia pure minoritaria, di ben altra schiena.
E’ il caso di Placido Rizzotto, sindacalista della CGIL,
socialista (esiste ancora questo termine-valore?), ucciso dalla mafia,
nel 1948, per la sua determinazione nel sostenere, senza paure,
il movimento dei contadini siciliani per l'occupazione delle terre.
Una lotta, la sua, a viso aperto, dal basso, per difendere la libertà
dei senza terra e sconfiggere la schiavitù insopportabile della povertà,
una lotta, insieme al movimento, per difendere le possibilità stesse 
di costruirsi, da parte di contadini poveri, una vita degna e libera.
Forse, per salvare l’Italia, oltre i tecnici, è tempo di partire dal basso,
dai movimenti, seguendo l’esempio dei Rizzotto.
O no?
Severo Laleo

P.S.
Ma voglio ancora sperare in un Monti, non solo disponibile,
da abile “manovratore” italiano, a organizzare vertici a Palazzo Chigi,
con capi di partiti senza  più credito, per concordare decisioni al chiuso,
ma anche disponibile, da libero e responsabile interlocutore dei movimenti,
a costruire alleanze nuove dal basso con persone in carne ed ossa,
e con pieno credito, per concordare più giuste e aperte decisioni.

giovedì 15 marzo 2012

Le quote rosa non sono la soluzione. Meglio il “bicratismo”.



Notizia ANSA del 14 Marzo 2012
Il Parlamento Ue dice sì alle 'quote rosa' tanto nei Cda quanto in politica
approvando in plenaria due relazioni in questo senso.
Più contrastato il sì al rapporto della liberale di sinistra olandese Sophie in't Veld
(361 a favore, 268 contro, 70 astenuti) che chiede iniziative forti
per aumentare la presenza di donne nei ruoli direttivi nel mondo degli affari.
Più netta la posizione a favore della 'popolare' finlandese Pietikainen
(508 sì, 124 no, 49 astenuti) che chiede parità nella rappresentanza politica”.
In realtà, la scalata alla parità attraverso le quote rosa non scalfisce
la struttura maschilista della nostra organizzazione sociale.
Per aprire una via possibile al cambiamento della società,
nella direzione dell’estensione della democrazia e della trasparenza,
e soprattutto della formazione di una decisione pubblica
non più condizionata/dominata da una cultura di genere maschile,
in tutte le “sedi/posizioni” di natura decisoria di pubblica utilità
la presenza uomo/donna non può non essere pari.
Ad esempio chi/cosa impedisce a un partito politico
di chiamare/eleggere/sorteggiare  nei propri organismi
di decisione politica uomini e donne in numero pari?
Chi/cosa impedisce a un partito di avere, ad ogni livello,
una segreteria a conduzione “bicratica” a coppia uomo/donna?
Solo la resistenza di un maschilismo di potere,
diffuso ampiamente in ogni luogo della nostra geografia politica.
Se un cambiamento di questo tipo segnasse qualche nuova
formazione partitica, forse molte/i giovani potrebbero riprendere
un cammino di fiducia verso l’impegno politico.
O no?
Severo Laleo

martedì 13 marzo 2012

Bar Sport: per comprare … serve una “paccata” di soldi.


 
Non è “serio” buttar giù espressioni da Bar Sport,
quando si discute di concordare aiuti pubblici ai senza lavoro.
E’ comunque volgare, anche solo per un attimo di battuta.
I soldi pubblici meritano sempre rispetto, sono di tutti noi,
e solo temporaneamente in gestione corretta a un Governo.
I soldi pubblici non sono mai una “paccata”.
La “paccata” è un’offerta di soldi buttata là, sul tavolo,
senza stare a contare, basta il suo volume,
per comprare definitivamente qualcuno/qualcosa.
E quasi significa:
Che vuoi più, ti do una paccata di soldi!”
In una democrazia matura i soldi non dovrebbero mai servire
per comprare un consenso, nemmeno se è una “paccata”.
O no?
Severo Laleo

lunedì 12 marzo 2012

Il reddito minimo, la “pasta al pomodoro” e la Civiltà



Leggo dal Corriere della Sera, in cronaca di Roma, la notizia di un incontro
tra la Ministra del Lavoro, Elsa Fornero, e tredici donne precarie.
Tra queste, Giulia, una ricercatrice, madre di una bimba di 3 anni,
la quale, al termine dell’incontro, tra l’altro, racconta
che il ministro avrebbe bocciato la proposta di un «reddito base
che non sia condizionato a corsi professionali o altro»:
«Ci ha detto che l'Italia è un Paese ricco di contraddizioni,
che ha il sole per 9 mesi l'anno e che con un reddito base 
la gente si adagerebbe,si siederebbe e mangerebbe pasta al pomodoro».
Quanta buona preoccupazione, e senza lacrime questa volta,
per la “gente” povera, senza reddito: i poveri, i senza reddito, 
senza un'occupazione, potrebbero adagiarsi, sedersi e mangiare!
Mentre altri, con redditi certi, e soprattutto i ricchi, specie se di rendite,
possono bene adagiarsi, sedersi e mangiare. Sono liberi di agire,
perché non hanno bisogno dell’aiuto pubblico.
Ormai troppe espressioni di questi ministri tecnici (e intellettuali)
sono rivelatrici di una distanza lunga di incomprensione della realtà,
appunto, della “gente” senza reddito. I bisognosi di aiuto.
E’ l’atteggiamento tipico di chi tende a porre distanze invece di eliminarle,
di chi è abituato a predicare e non a praticare un civile servizio al Paese,
per la crescita culturale, sociale ed economica di tutti.
Non se ne può più!
In verità, la preoccupazione di dare da vivere ai poveri non senza un lavoro
era già di Vives, un umanista del Rinascimento.
Se i poveri, i senza reddito – scriveva Vives -  sono "occupati e assorbiti
completamente dal loro lavoro, si asterranno da quei pensieri ed azioni immorali
nei quali si impegnerebbero se fossero inattivi." E non “si adageranno”!
Ma era anche convinto, lui umanista del 500, della necessità di una legge
che “proibisse a tutti di spendere la propria vita nell'inattività”, ricchi compresi,
perché - ragionava saggiamente - se è vietato ai senza reddito inattivi
di adagiarsi, sedersi e mangiare è altrettanto vietato ai ricchi per rendite.
La Ministra non sa, e neppure riesce a immaginare, 
che è proprio il reddito base, da garantire a “gente” da troppo tempo 
male “adagiata”, e senza aiuti, e vittima di ogni raggiro della politica/mercato,
a dare al sole la sua gioia luminosa, alla “pasta al pomodoro” il suo sapore.
E con il sole, e la pasta al pomodoro, la Civiltà.
O no?
Severo Laleo


C’è sempre un professore più “serio”. E il prof. Monti l’ha scoperto in Tav



Scrive nel suo blog, su Il Fatto Quotidiano, Massimo Zucchetti
 Professore ordinario Dipartimento di Energia del Politecnico di Torino:

Il Governo italiano ha pubblicato, di fronte alle imponenti manifestazioni di dissenso alla proposta grande opera “Alta Velocità” Torino-Lione un breve documento di 9 pagine “Tav Torino-Lione: Domande e Risposte”.

Nel mondo scientifico e tecnico, questo documento ha causato imbarazzo. Fa davvero specie riscontare in un documento firmato dal Governo, e del quale il “tecnico” Monti si prende in qualche modo la responsabilità, l’affastellarsi di affermazioni approssimative, errate, e soprattutto – questa la cosa più grave – prive di fonti e studi verificabili a loro supporto. Lo scrivente, insieme ad un gruppo di tecnici e studiosi “seri”, sta elaborando un documento che metta in evidenza l’imbarazzante pochezza di questo compitino di nove pagine, evidentemente messo a punto allo stesso modo di quando noi, studenti delle medie, facevamo i compiti per la giornata scrivendoli sul tram che ci portava a scuola. Come è possibile che il governo ancora oggi non faccia uscire uno studio o un complesso di studi a supporto delle sue affermazioni che siano analizzabili e criticabili da esperti indipendenti?

Parlando di merito, farò un esempio unico, che concerne quel che mi compete. Dice il documento: “Il progetto non genera danni ambientali diretti ed indiretti. L’impatto sociale sulle aree attraversate, sia per la prevista durata dei lavori sia per il rapporto della vita delle comunità locali e dei territori attraversati è assolutamente sostenibile.”.
Una affermazione molto netta, e basata sulle nuvole.

Non si può non essere d’accordo con Zucchetti.
L’affermazione “assolutamente sostenibile” è tanto netta
quanto vaga/indefinita/consolatoria.
Eppure, poiché ancora crediamo nella “serietà” del Governo Monti,
speriamo di ricevere presto risposte documentate “seriamente”.
O no?
Severo Laleo

P.S.
Le  grandi opere” coinvolgono, per assetto territoriale e spesa, l’intero paese;
ergo, l’intero paese ha diritto di esprimersi nel merito.
O no?