Secondo il
direttore di Tv2000, Dino Boffo, la
decisione del Papa di rinunciare
al ministero di
Vescovo di Roma, offrendo le
sue dimissioni, avrebbe l'obiettivo
di “porre fine a una gestione del potere che può scandalizzare gli
ultimi
e gli umili”. Può darsi. Ma è solo una sua interpretazione. Sebbene, in
qualche
modo, anche Benedetto XVI, nel
mercoledì delle Ceneri, affrontando il
discorso
delle “tentazioni”, sembra aprire una
riflessione sulle insidie del potere e parla
del
pericolo, sempre presente, anche nella Chiesa, di “strumentalizzare
Dio
per i propri interessi, dando più
importanza al successo o ai beni materiali”.
E spiega: “Nei
momenti decisivi della vita, ma a ben vedere in ogni momento,
siamo davanti ad un bivio: vogliamo seguire l'Io o Dio? L'interesse individuale
oppure il vero bene, ciò che realmente è bene? ”.
E’ un chiaro insistere
nel rifiuto del successo e dell’interesse individuale.
Qui, al
contrario, in semplice e rispettoso atteggiamento d’ascolto, si vuole tentare
di comprendere, solo attraverso le parole del Papa -mai parole
furono così a lungo
e profondamente meditate –, l’origine e
il senso della decisione di rinuncia,
a mente fredda, quando ormai
il fatto è accaduto e appartiene già alla storia,
con il suo lascito, bene scolpito, di un insegnamento, di una lezione di vita.
Senza
analisi di altra natura.
Ascoltiamo,
dunque, nuovamente le parole del Papa, nell’atto di comunicare
la sua decisione:
“Dopo
aver ripetutamente esaminato la mia coscienza
davanti a Dio, sono pervenuto
alla certezza che le mie forze, per l’età
avanzata,
non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero
petrino.
Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza
spirituale,
deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non
meno
soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo
di oggi, soggetto a rapidi mutamenti
e agitato da questioni di grande
rilevanza per la vita della fede, per governare
la barca di san Pietro e
annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore
sia del corpo, sia
dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito
in modo tale da
dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene
il ministero a me
affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto,
con piena libertà, dichiaro di rinunciare
al ministero di Vescovo di Roma”.
Discorso di una lucente chiarezza: l’età avanzata toglie sì vigore al corpo
e all’animo, ma non fino al punto di non riconoscere l’incapacità
di bene
amministrare. Questa sola l’origine della saggia determinazione,
in piena libertà. Molti hanno parlato anche di coraggio. Soprattutto
per l’atto
di rinuncia in sé. In verità, il coraggio non è nel rinunciare
al ministero,
ma nel riconoscere i dati reali di una condizione biologica in
via di peggioramento,
e di un contesto storico in via di rapidi
mutamenti. Un elogio, insieme alto e umile,
della coscienza del
limite. Scrive Navarro-Valls: “Il male
maggiore, che provoca
e affligge l'epoca contemporanea, è il culto del potere, ossia la
tendenza
a considerare prioritario in senso assoluto l'utile individuale.
L'ambizione
è fatalmente sganciata da ogni criterio etico, finendo per
costituire una minaccia
per gli altri...Ed è proprio la coscienza del limite che tiene aperta
la porta
di
ciascuno al bene dell'altro”.
Una lezione di laicità.
O no?
Severo Laleo
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