mercoledì 20 febbraio 2013

Giannino, Boldrin, Zingales: a ciascuno le sue fragilità




Grazie a una nuova forza politica, FARE per Fermare il Declino,
a  mio avviso utile e determinante per ampliare la strada alla modernità del Paese,
il grande pubblico ha avuto modo di conoscere, più da vicino, grazie alla TV,
e alla Rete, nuove belle persone, preparate e disinvolte, brillanti e competenti,
disponibili a impegnarsi in politica, ognuna a suo modo, e secondo il suo ruolo,
con il nobile fine di chiudere definitivamente l’era fallimentare
dei Calderoli e delle Minetti e, bocca mia taci, di Isso, essa e  ‘o malamente.
E con gran convinzione si battono. Fino all’ultimo, nonostante tutto.
Preparato e disinvolto è apparso Giannino. Brillante e competente Boldrin.
Originale e trasparente Zingales.
Ma le persone, per quanto in gamba, nascondono spesso curiose fragilità.
E così Boldrin, non riuscendo sempre a sviluppare un civile dialogo
con i suoi avversari, né a costruire, da buon maestro, le condizioni,
di metodo e di argomenti, per convincere (obiettivo d’obbligo in una campagna elettorale) i suoi interlocutori, si trova a chiudersi a riccio, rigido, nella sua gabbia di professore scostante, e a volte arrogante. E s'arrocca.
Non è civile, tutti si sa, e non è utile, dar dell’ignorante a una persona;
al contrario, è civile, ed è utile, contribuire a realizzare, anche con i propri
comportamenti sociali,  quel “processo di aggregazione politica libero 
da personalismi e senza pregiudiziali ideologiche” (dal Manifesto di FARE 
per Fermare il Declino). E appare fragile, il professor Boldrin, perché coltiva
ancora un’idea “avara” della politica. Forse un economista, attento ai dati,
tende a trascurare la lezione di un povero “don” di campagna: “Ho imparato
che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica.
Sortirne da soli è avarizia”. E non riesce a praticare l’arte del “sortirne insieme”.
E così Giannino, distratto dai mille impegni, non riuscendo a comprendere
la modernità liberale di una relazione alla pari con ogni suo interlocutore,
si spinge, quasi sempre, a porsi, pieno della sua sgargiante presenza,
in una posizione di “illuminazione” e, per dar sempre più lustro al suo
sapere, cade, da persona puerilmente fragile, nell’errore di inventarsi master
(e lauree?). Così senza alcun profitto, solo per fragilità. E s'arrocca.
E che dire del suo amico cofondatore Zingales, pensatore di qualità?
Semplicemente, non riuscendo a risolvere, pur “in ginocchio” orante,
nel giusto rispetto di un minimale dovere di trasparenza, una questione,
comunque delicata, per amicizia, in amicizia e con amicizia, si lancia in Rete
a dichiarare la propria “disperazione profonda”. Ma insieme dichiara anche la sua fragilità, in quanto, sia pur per una scoperta “per caso”, palesa una sua
personale diffidenza, incomprensibile, verso l’amico, al punto da dedicare,
almeno per serietà, del suo tempo prezioso al controllo di una dichiarazione,
buttata là, a bocca cincischiante, appunto, dal suo amico Giannino,
in un’intervista in TV. Ancora un brillante professore, dalla diffidenza
pronunciata, per dovere di onestà denunciata, debole sul piano
della relazione con gli altri. E s'arrocca
Scrive di suo pugno, il professore Zingales:
Anche la Lega e Forza Italia erano cominciate con grandi ideali: guardate
come sono finite. Speriamo che a Fare non tocchi la stessa sorte”.
Mah! Anzi, ancora mah!
Forse, l’essenziale, per fermare il declino, non è tanto il che FARE,
quanto il come ESSERE.
O no?
Severo Laleo


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