In questo blog si è parlato altre volte di
accattonaggio
e si è sostenuta la liceità del “cercar soldi”, un
mestiere come gli altri,
da tutelare, anzi da “patentare”.
Ora si vuole qui riportare un articolo tratto da Ilfattoquotidiano.it
circa l’assurdità di una legge o almeno delle sue conseguenze.
Ecco.
Una mamma romena è stata arrestata davanti ai suoi tre bambini, dopo essere
stata condannata per accattonaggio. La
condanna è avvenuta in contumacia:
nessuno si era preso la briga di
rintracciarla. Peccato che la denuncia risalisse
a sei anni fa, e che nel
frattempo la donna – grazie alla Casa della Carità
di don Colmegna,
a Milano – avesse trovato una casa e un lavoro, così da poter
mandare i figli a
scuola.
Oggi
“condivido” lo spazio sul blog riportando la denuncia della Fondazione
Condividere, che si offre di farsi carico dell’eventuale sanzione
pecuniaria
sostitutiva del carcere. Che è l’essenza: cosa accadrebbe,
altrimenti,
di questa piccola famiglia che si è appena rimessa in piedi?
Ma la
questione è politica, e mette a nudo tutte le retoriche dell’accoglienza.
Il braccio
insensato della legge
Avrete
sentito forse parlare in questi ultimi due giorni dello sciopero della
fame iniziato da Don Colmegna per chiedere la scarcerazione di
una madre di tre bambini che è stata a lungo ospite della Casa della Carità di
Milano. Nel lontano 2006 questa donna romena, come tante, chiedeva l’elemosina sui mezzi
pubblici insieme a una bambina. Furono trovate dalle forze dell’ordine,
e lei fu denunciata per il reato di “accattonaggio con minore”. La cosa
inizialmente non ebbe seguito e la denuncia rimase dormiente negli armadi del
Tribunale, insieme a migliaia di altre denunce.
Nel
frattempo, Don Colmegna aveva accolto nella Casa della Carità questa persona,
ospitandola per un lungo periodo e aiutandola fattivamente in un percorso di reinserimento che
le aveva permesso di trovare un lavoro onesto e una casa per lei e le sue tre
bambine.
Felice
conclusione di un percorso di reinserimento sociale? Per nulla…
Negli anni successivi, la legge si è mossa lenta ma inesorabile. Sono state fatte ricerche per rintracciare senza successo Anna (nome di fantasia) che è stata quindi dichiarata contumace (peccato che nel frattempo avesse eletto residenza presso la casa di Don Colmegna). Il processo a suo carico si è quindi celebrato a sua insaputa, ed è stata condannata a sei mesi di carcere. Qualche giorno fa, i carabinieri l’hanno arrestata davanti alle sue tre bambine e l’hanno portata in carcere.
Negli anni successivi, la legge si è mossa lenta ma inesorabile. Sono state fatte ricerche per rintracciare senza successo Anna (nome di fantasia) che è stata quindi dichiarata contumace (peccato che nel frattempo avesse eletto residenza presso la casa di Don Colmegna). Il processo a suo carico si è quindi celebrato a sua insaputa, ed è stata condannata a sei mesi di carcere. Qualche giorno fa, i carabinieri l’hanno arrestata davanti alle sue tre bambine e l’hanno portata in carcere.
Ulteriore
lato assurdo di questa vicenda, è che in Italia nessuno con una condanna sino a
tre anni va in carcere, perché nel 99% nei casi vengono applicati i benefici
di legge che evitano la carcerazione e prevedono pene alternative, ivi
compresa una sanzione pecuniaria. Non è stato cosi per Anna, che tanto si era
data da fare per inserirsi nella società trovando un lavoro regolare e
mantenendo la sua famiglia.
Questa storia dimostra quanto assurda
possa essere una pedissequa applicazione della legge che vede il mondo con i
paraocchi. La vicenda mi ricorda molto la multa di 2.000 euro comminata a
Maurizio, colpevole di dormire in un’auto senza ruote in un campo di grano. Per
quanto fosse la sua unica casa, il Comune intervenne sequestrando l’auto perché
non assicurata, costringendolo così a dormire in tenda, e lo multò per
soprammercato.
Ho preso contatti con Don Colmegna e gli
ho dato la mia disponibilità a farmi carico dell’eventuale sanzione pecuniaria,
qualora il giudice accettasse questa soluzione al posto del carcere.
Eppure
chiedere l’elemosina è un lavoro, con i suoi tempi, le sue modalità, la sua
fatica.
O no?
Severo
Laleo
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