martedì 5 febbraio 2013

Rispetto per le persone in elemosina




In questo blog si è parlato altre volte di accattonaggio
e si è sostenuta la liceità del “cercar soldi”, un mestiere come gli altri,
da tutelare, anzi da “patentare”.
Ora si vuole qui riportare un articolo tratto da Ilfattoquotidiano.it
circa l’assurdità di una legge o almeno delle sue conseguenze.  
Ecco.
Il reato di accattonaggio e la cecità della legge  di  Daniela Padoan 
Una mamma romena è stata arrestata davanti ai suoi tre bambini, dopo essere
stata condannata per accattonaggio. La condanna è avvenuta in contumacia: 
nessuno si era preso la briga di rintracciarla. Peccato che la denuncia risalisse 
a sei anni fa, e che nel frattempo la donna – grazie alla Casa della Carità 
di don Colmegna, a Milano – avesse trovato una casa e un lavoro, così da poter 
mandare i figli a scuola.
Oggi “condivido” lo spazio sul blog riportando la denuncia della Fondazione 
Condividereche si offre di farsi carico dell’eventuale sanzione pecuniaria 
sostitutiva del carcere. Che è l’essenza: cosa accadrebbe, altrimenti, 
di questa piccola famiglia che si è appena rimessa in piedi? 
Ma la questione è politica, e mette a nudo tutte le retoriche dell’accoglienza.

Il braccio insensato della legge
Avrete sentito forse parlare in questi ultimi due giorni dello sciopero della fame iniziato da Don Colmegna per chiedere la scarcerazione di una madre di tre bambini che è stata a lungo ospite della Casa della Carità di Milano. Nel lontano 2006 questa donna romena, come tante, chiedeva l’elemosina sui mezzi pubblici insieme a una bambina. Furono trovate dalle forze dell’ordine, e lei fu denunciata per il reato di “accattonaggio con minore”. La cosa inizialmente non ebbe seguito e la denuncia rimase dormiente negli armadi del Tribunale, insieme a migliaia di altre denunce.
Nel frattempo, Don Colmegna aveva accolto nella Casa della Carità questa persona, ospitandola per un lungo periodo e aiutandola fattivamente in un percorso di reinserimento che le aveva permesso di trovare un lavoro onesto e una casa per lei e le sue tre bambine.
Felice conclusione di un percorso di reinserimento sociale? Per nulla…
Negli anni successivi, la legge si è mossa lenta ma inesorabile. Sono state fatte ricerche per rintracciare senza successo Anna (nome di fantasia) che è stata quindi dichiarata contumace (peccato che nel frattempo avesse eletto residenza presso la casa di Don Colmegna). Il processo a suo carico si è quindi celebrato a sua insaputa, ed è stata condannata a sei mesi di carcere. Qualche giorno fa, i carabinieri l’hanno arrestata davanti alle sue tre bambine e l’hanno portata in carcere.
Ulteriore lato assurdo di questa vicenda, è che in Italia nessuno con una condanna sino a tre anni va in carcere, perché nel 99% nei casi vengono applicati i benefici di legge che evitano la carcerazione e prevedono pene alternative, ivi compresa una sanzione pecuniaria. Non è stato cosi per Anna, che tanto si era data da fare per inserirsi nella società trovando un lavoro regolare e mantenendo la sua famiglia.
Questa storia dimostra quanto assurda possa essere una pedissequa applicazione della legge che vede il mondo con i paraocchi. La vicenda mi ricorda molto la multa di 2.000 euro comminata a Maurizio, colpevole di dormire in un’auto senza ruote in un campo di grano. Per quanto fosse la sua unica casa, il Comune intervenne sequestrando l’auto perché non assicurata, costringendolo così a dormire in tenda, e lo multò per soprammercato. 
Ho preso contatti con Don Colmegna e gli ho dato la mia disponibilità a farmi carico dell’eventuale sanzione pecuniaria, qualora il giudice accettasse questa soluzione al posto del carcere.
Eppure chiedere l’elemosina è un lavoro, con i suoi tempi, le sue modalità, la sua fatica.
O no?
Severo Laleo

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