martedì 6 gennaio 2015

Il Salva-Berlusconi, la trasparenza e il bicratismo




L'affidabilità delle istituzioni in democrazia
non può dipendere/appartenere alla sensibilità,
alla bontà, alla “graziosità” delle persone,
anche quando si chiamano Berlusconi o Renzi,
e siano di destra o di sinistra,
ma deve essere definita con chiarezza e garantita
da regole da rispettare senza eccezioni.
E chi salta le regole per sua responsabilità,
diretta o indiretta, salta egli stesso,
in quanto ha governato con l’imbroglio.
Non esiste giustificazione per la doppiezza
nell’esercizio di una funzione pubblica.

La storia del salva-Berlusconi è figlia di questa antica
-il nuovo non è ancora giunto nei paraggi-
visione italiana della democrazia, tutta chiusa,
al momento opportuno, nel cerchio di oscuri decisori
- il Consiglio dei Ministri è apparso in questo caso
un paravento- e tutta affidata a un decisore/capo unico,
un monocrate, al di là del nome pro tempore del decisore/capo,
e purtroppo non indigna più nessuno ormai
-anche se per fortuna gli indignados esistono e in Spagna 
diventeranno forza di governo, almeno si spera-.
Siamo troppo abituati, da sempre in Italia, a seguire un leader,
solo perché bravo a tener banco, a vincere –è questa oggi
la parola tanto magica, quanto vuota- , a prescindere
dal reale progetto/disegno politico; anzi a troppi, a destra,
a sinistra, a centro, proprio la figura del leader “decisionista” 
sembra di nuovo essere il giusto strumento per rendere
moderno il Paese.

Non è così. Moderno forse, ma non a democrazia reale.
Un paese moderno e a democrazia estesa si dà altre regole
per tutelare e estendere la democrazia “totale” e “conviviale”,
la democrazia cioè delle persone, tutte titolate, alla pari,
passaggio per passaggio, attraverso un reale esercizio
di condivisione (dibattiti nei partiti a struttura democratica, 
scioperi, referendum, manifestazioni, consultazioni rapide
via rete), a contare nelle decisioni del Paese, e non solo
con il voto ogni tanto e pure truccato.
L’indignazione appunto è il primo gradino per il passaggio
da suddito con diritto al voto a persona libera con diritto
di intervento per ogni decisione non concordata
nel programma di governo presentato alle elezioni.

Una democrazia moderna deve pretendere, per evitare
i “salva-Berlusconi” e le “originali” procedure  per chiudere
i “salva-Berlusconi”, oggi, e chissà quali altri furbastri
provvedimenti, domani, il rispetto di qualche semplice regola:

1. Una persona con condanna definitiva, anche se rappresenta 
milioni di elettori, non ha titolo a incontrare una qualsiasi carica 
istituzionale per concordare, pubblicamente o in segreto,
una qualsiasi decisione pubblica da prendere nell’interesse
del Paese: in democrazia non esistono persone insostituibili.
Il contrario è un invito a cancellare il limite fondamentale
tra chi rispetta le leggi e chi le leggi ha violato. Ed è questa
una prassi possibile sono in Italia e senza vergogna.

2. Ogni riunione del CdM deve essere pubblica, sempre
in streaming, aperta quindi a chiunque voglia seguirla,
e questo per stabilire una parità di presenza,
pur a seconda del ruolo, tra le persone deputate a decidere
e le persone deputate a seguire/controllare le decisioni.

3. Infine, noti ormai i mali storici e presenti del “leaderismo”,
 è ora di sostituire il Premier unico, salvatore o distruttore
di “Nazioni”, a seconda dei punti di vista, in una parola,
a sostituire il monocratismo (che anche nelle democrazie
moderne altro non è se non l’esito storico del maschilismo),
con il premierato duale, di coppia, un uomo e una donna,
in una parola, il bicratismo.
Il potere decisionale nelle mani di un “singolo
tende a perpetuare l’idea di un potere per “potenti”
tra “potenti”, mentre in una democrazia tra persone alla pari,
in una democrazia conviviale e totale, il potere
è un servizio a tempo per il bene comune,
in trasparenza piena. E il pasticcio arruffone e furbo, a responsabilità 
unica di un Presidente del Consiglio,
è una prova gigante di un potere nelle mani di un “singolo
ad uso dei “potenti”.
E vien da chiedere come è stato possibile giungere a tanto!

O no?

Severo Laleo

1 commento:

  1. Per una cultura della galera direi. Altro che del limite.

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