martedì 20 gennaio 2015

O il 'capo' o la libertà. La democrazia del sorteggio




E'  stato detto da un Segretario di Partito (il nome è irrilevante,
perché non è un discorso contra personam, ma vale per tutti e per sempre):
"Cofferati è in Europa con i voti del Partito democratico…
Io rispetto la scelta, quando si perde fa male ma non si va via.
Se aveva problemi sui valori poteva dirlo sei mesi prima
quando sempre io l'ho candidato alle europee."
C'e' troppo di vecchio in questo modo di ragionare.
Troppo, e sa anche di muffigno medievale. Premoderno.
In una democrazia nuova, aperta, moderna, ricca di idee,
e di persone alla pari, non deve mai essere possibile che un 'Io',
sia pure un Segretario, possa dire "Ti ho candidato",
lasciando presagire una condizione, per il candidato,
di dipendenza assoluta e/o di gratitudine servizievole e ubbidiente.
La scelta dei candidati non deve, in una democrazia libera
di persone alla pari, essere affidata a 'Uno', ma deve scaturire
da altri metodi di selezione non vincolanti per nessuno.

Al Partito certo dovrà toccare l'approvazione dell’elenco di candidati,
secondo criteri definiti in anticipo e in trasparenza assoluta,
ma solo al sorteggio deve toccare la scelta delle persone.
Perché solo il sorteggio rende liberi, ostacola e frena il malaffare,
e può costruire una comunità politica tra pari.

O no?
Severo Laleo


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