Oggi, nel giorno di
San Giovanni Battista de La Salle, teologo francese
morto nel 1719, e
con buone pratiche educative al suo attivo,
leggo su Huffington
Post un articolo di Fulvio Abbate con
la parola
scuola
nel titolo. In verità, t’accorgi subito, si parla d’altro.
La
prosa del nostro
Abbate
è spesso gradevole,
ti immerge,
ancora
assonnato, in una ciotola di
brulicante muesli,
e
tiene,
almeno
in questo caso, a non scivolare,
a suo modo, lungo il
crinale
del
lieve dileggio, ma il suo
dire appare completamente
inutile
e fuori posto: in una situazione di emergenza qual è l’attuale,
la
sua analisi è tutta centrata sulla figura della ministra (un
antico
maschilismo
svolge bene il suo compitino!) e per niente sui problemi
della
scuola. Il nostro buon
Abbate
gioca con le parole,
sente
pur il
bisogno di citare la
docimologia, ma il suo intento
è
di accusare di “scena
muta” l’insegnante
Azzolina.
Caro
il nostro Abbate,
oggi abbiamo tutti
bisogno
di parole pesanti,
di
parole da lanciare nelle relazioni sociali, ciascuno
dal suo
confinement,
per un solo scopo, per contribuire a trovare soluzioni.
Le
usi, e costruiremo insieme una sovranità conviviale!
La
ministra Azzolina,
avendo dalla sua, da insegnante, le qualità
dell’ascolto,
della prudenza e della pazienza, saprà svolgere il suo compito
al
meglio e al momento opportuno. In
ogni caso nessuno perderà
il
diritto di critica. Per ora “scena
muta”
e “boh”,
per usare
i
creativi termini dell’Abbate,
non sono compagni dell’arroganza.
La
pandemia ha costretto tutti a fare i conti con il sistema scuola,
e
soprattutto con la didattica e la valutazione.
Si
potrà finalmente riflettere sul superamento definitivo della
didattica
tradizionale, tutta
centrata sul trinomio lezione-interrogaziome-voto
in
un luogo chiuso, a
volte angusto e non sicuro, tra banchi e cattedra?
Si
potrà finalmente pensare a una scuola dove
ogni minore abbia
la possibilità di
apprendere il proprio sapere e agire libero
senza il condizionamento della
valutazione e del merito?
Più
chiaramente: la scuola, nel rispetto della
singolarità di
ogni persona
discente, deve
poter usare tutte le strategie possibili, con impiego largo
di
risorse strumentali e
umane, perché il successo scolastico
sia per tutti.
E
non serve
certo
un 6 politico per
scavalcare la classe e andare avanti.
E
non
è utile a nessuno un passaggio burocratico da una classe all’altra,
complice una falsa, contrattata,
ipocrita, pagella/esame.
Per
una società migliore, è necessaria la promozione
reale
di tutte le persone in
età di apprendimento, tutte,
e la scuola per
questo motivo
è
chiamata a offrire a
ciascuno secondo i propri limiti e le proprie attitudini
il
cammino della “promozione”.
O
no?
Severo
Laleo
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