martedì 7 aprile 2020

Promemoria coronavirus: 2. la scuola




Oggi, nel giorno di San Giovanni Battista de La Salle, teologo francese
morto nel 1719, e con buone pratiche educative al suo attivo,
leggo su Huffington Post un articolo di Fulvio Abbate con la parola
scuola nel titolo. In verità, t’accorgi subito, si parla d’altro.
La prosa del nostro Abbate è spesso gradevole, ti immerge,
ancora assonnato, in una ciotola di brulicante muesli, e tiene,
almeno in questo caso, a non scivolare, a suo modo, lungo il crinale
del lieve dileggio, ma il suo dire appare completamente
inutile e fuori posto: in una situazione di emergenza qual è l’attuale,
la sua analisi è tutta centrata sulla figura della ministra (un antico
maschilismo svolge bene il suo compitino!) e per niente sui problemi
della scuola. Il nostro buon Abbate gioca con le parole,
sente pur il bisogno di citare la docimologia, ma il suo intento
è di accusare di “scena mutal’insegnante Azzolina.
Caro il nostro Abbate, oggi abbiamo tutti bisogno di parole pesanti,
di parole da lanciare nelle relazioni sociali, ciascuno dal suo
confinement, per un solo scopo, per contribuire a trovare soluzioni.
Le usi, e costruiremo insieme una sovranità conviviale!
La ministra Azzolina, avendo dalla sua, da insegnante, le qualità
dell’ascolto, della prudenza e della pazienza, saprà svolgere il suo compito
al meglio e al momento opportuno. In ogni caso nessuno perderà
il diritto di critica. Per ora scena muta” e “boh”, per usare
i creativi termini dell’Abbate, non sono compagni dell’arroganza.
La pandemia ha costretto tutti a fare i conti con il sistema scuola,
e soprattutto con la didattica e la valutazione.
Si potrà finalmente riflettere sul superamento definitivo della didattica 
tradizionale, tutta centrata sul trinomio lezione-interrogaziome-voto 
in un luogo chiuso, a volte angusto e non sicuro, tra banchi e cattedra?
Si potrà finalmente pensare a una scuola dove ogni minore abbia 
la possibilità di apprendere il proprio sapere e agire libero
senza il condizionamento della valutazione e del merito?
Più chiaramente: la scuola, nel rispetto della singolarità di ogni persona 
discente, deve poter usare tutte le strategie possibili, con impiego largo 
di risorse strumentali e umane, perché il successo scolastico sia per tutti.
E non serve certo un 6 politico per scavalcare la classe e andare avanti.
E non è utile a nessuno un passaggio burocratico da una classe all’altra,
complice una falsa, contrattata, ipocrita, pagella/esame.
Per una società migliore, è necessaria la promozione reale 
di tutte le persone in età di apprendimento, tutte, e la scuola per questo motivo 
è chiamata a offrire a ciascuno secondo i propri limiti e le proprie attitudini
il cammino della “promozione”.
O no?
Severo Laleo

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