venerdì 18 maggio 2012

Stato Amico? La trasparenza della Pubblica Amministrazione è d’obbligo


 
Ecco l’annuncio della nascita di Foia.it per un "Freedom of Information Act" italiano: Il diritto di accesso alle informazioni della pubblica amministrazione. Lo rivendicano con urgenza le associazioni della società civile attive nella rete e nella carta stampata, giornalisti, professori ed esperti della pubblica amministrazione che si sono riuniti ieri presso la sede della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi). L’obiettivo comune è quello di ottenere, anche in Italia, un Freedom of Information Act (Foia), ovvero una legge che come già avviene in tutti i Paesi democratici - permetta in concreto alla comunità di controllare e far funzionare meglio le proprie istituzioni.
La totale trasparenza di quanto sta alla base delle decisioni pubbliche (i pareri interni, i documenti, le "carte" insomma), a tutti i livelli, è un formidabile strumento di "buon governo" che i cittadini attivano, non solo negli Stati Uniti e nel Nord Europa. In ottanta Paesi, nei cinque continenti (tra cui - oltre a Canada, Usa, Regno Unito e Svezia vi sono anche Messico, Brasile, Sud Africa, Nigeria, India, Giappone, Giordania e molti altri) il diritto di accesso alle informazioni e ai documenti della pubblica amministrazione funziona come bussola della pubblica opinione nelle piccole cose e nelle grandi crisi. Ma così non è in Italia, dove addirittura è esplicitamente negato per legge ciò che in gran parte dei Paesi occidentali costituisce la ragion d'essere della disciplina in vigore.
Lo stesso giornalismo non è costretto a fare la sua parte solo il giorno dopo, quando è venuta giù per il terremoto dell'Aquila la casa dello studente e ha ucciso i ragazzi.
L’Iniziativa per l'introduzione di un Freedom of Information Act prende corpo da oggi con un sito web ( www.foia.it ) nel quale sono illustrati gli obiettivi e sono evidenziati 10 buoni motivi che spiegano il perché di questa urgenza. Aprire i cassetti dà ossigeno alla democrazia che ne ha davvero bisogno, è un vero ostacolo alla corruzione e fa anche risparmiare.
Poche norme, semplici e chiare, da votare subito, possono aiutare una svolta traducendo quella che ora è una necessaria affermazione di principio in fatti tangibili.
Con l'Iniziativa e il sito Foia.it i promotori intendono informare i cittadini del loro diritto a conoscere e dei modi per esercitarlo, per quanto possibile, sin da subito: nei Comuni, nelle Regioni, negli enti pubblici dove buoni amministratori vogliono lavorare alla luce del sole. In materia ambientale (discariche, inquinamento, amianto), ad esempio, è già possibile ottenere importanti informazioni utilizzando la "convenzione di Aahrus", ratificata dall'Italia”.
Forse solo con la trasparenza un moderno stato democratico 
potrà diventare anche amico.
O no?
Severo Laleo

giovedì 17 maggio 2012

Parità uomo/donna e bicratismo perfetto. Appunti per una società nuova



Ormai non è più una novità, anzi si avvia a diventare “norma”,
la #parità donna/uomo nel Governo di un Paese:
Hollande, rispettando la promessa elettorale
(di evidente interesse per ogni elettrice, appunto, donna),
avrà un esecutivo di 17 donne e 17 uomini,
sebbene qualche ipercritico già calcoli i “pesi” dei diversi ministeri
(non vorrei si inventasse il manuale Cencelli dei generi!).
Forse è ora - ma il maschilismo nei nostri partiti è troppo radicato-
di estendere questa “norma” al nostro Paese
e a tutte le giunte degli enti locali, da Nord a Sud,
anche per il suo valore, a livello politico e culturale, unificante.
Eppure bisogna andare oltre. Qualcosa non convince in questa parità di governo,
elargita per illuminazione o per promessa elettorale:
la parità uomo/donna, in un organo di governo collegiale,
appare, ed è,  ancora una decisione personale e “illuminata”
di un organo monocratico, a prescindere dal suo genere.
Se non irrompe, la parità uomo/donna, nel livello monocratico di ogni “governo”,
la nostra società continuerà a restare imbrigliata 
nelle antiche strutture di potere di produzione maschile.
La scalata alla parità uomo/donna attraverso le quote rosa
non riuscirà mai a scalfire la struttura maschilista 
della nostra organizzazione sociale, se non spezza il monocratismo.
Per aprire una via possibile al cambiamento della società,
anche nella direzione dell’estensione della democrazia e della trasparenza,
e soprattutto della formazione di una decisione pubblica
non più condizionata/dominata da una cultura di genere maschile,
in tutte le “sedi/posizioni” di natura decisoria di pubblica utilità
la presenza uomo/donna non può non essere pari, anzi, dovrà essere pari.
In realtà, il monocratismo, il potere/dominio, cioè, di uno solo,
anche per via democratica, è proprio l’esito peggiore del #maschilismo,
con tutte le sue degenerazioni, dal leaderismo carismatico 
all’uomo della provvidenza (la P maiuscola, in questo caso, sarebbe un’offesa
all’intelligenza di qualsivoglia Provvidenza!).
Il maschilismo cade solo insieme al monocratismo.
Forse solo il bicratismo perfetto potrà segnare una nuova stagione di cambiamento.
O no?
Severo Laleo

martedì 15 maggio 2012

“Quello che (non) ho”? E’ da dare a tutti! In empatia.



Non si era mai visto in televisione, nel luogo delle immagini e dei suoni veloci,
un trattamento di visibilità così esclusivo, continuo e profondo per le “parole”,
a prescindere dalle forme diverse di discorso e di testo.
Forse solo il maestro Manzi, con pari  intensità, riuscì, in passato, in Tv,
a dare alle “parole” altrettanta visibilità, per offrire, allora, 
gli strumenti del sapere, a chi, non per sua colpa escluso dal bene-istruzione, 
chiedeva di imparare a “leggere”.
#Fazio e #Saviano tornano, novelli maestri, nella Tv del consumo rapido 
e del danarismo avvilente di oggi, a dare visibilità alle “parole”, per offrire,
a chi sceglie di tenere gli occhi aperti, gli strumenti di comprensione della realtà,
non più attraverso le lettere in bella grafia alla lavagna,
ma attraverso il racconto attento, drammatico, di significati e di fatti.
E tra questi, le violenze (e tra queste, i nuovi #suicidi, gli antichi #femminicidi).  
Grazie alle parole di “Quel che (non) ho” la Tv torna a “parlare” a tutti,
non per un agitato divertire/addormentare, ma per sereno incupire/svegliare,
sia pure solo per suggerire riflessioni.
Bravi!
Ma forse “quello che (non) ho” è da dare a tutti, in empatia, almeno per augurio.
O no?
Severo Laleo

sabato 12 maggio 2012

“Diversi. E allora?” Anzi: meno male!



Rubo la battuta, felice, a Marcello Buiatti, intervenuto oggi al Convegno
Diversi. E allora?”, organizzato a Firenze, alla maniera antica
(cioè impegno civile, passione politica e autofinanziamento), 
da un gruppo di Associazioni di Migranti e molti altri. 
Un convegno -dove la memoria di Diop Mor e Samb Modou è presente e viva- 
perfetto per semplicità (ritualità a zero) e interesse
(discorsi brevi di parole vere di Pape Diaw, Anna Maria Rivera, Michela Balocchi,
Jean-Leonard Touadi, don Alessandro Santoro, e di tutti gli altri).
La diversità -ha sostenuto Buiatti- meno male che c’è!”, anzi è fonte di gioia 
(almeno nella sua esperienza personale). E non si può non essere d’accordo.
Eppure, perché il razzismo è così difficile da sconfiggere, 
e continua a covare latente nella nostra società, nelle nostre scuole, 
nei nostri comportamenti, nell’azione politica?
Speriamo giungano domani, dai tanti Worshop, utili indicazioni per contrastare,
non solo qui a Firenze, il pericolo di questo nuovo e violento,
anche quando è subdolo, #razzismo.
O no?
Severo Laleo

P.S. Solo per sorridere. Un po'.
A conclusione del suo vibrante, e a voce sperlita, intervento, il “nostro” 
(è anche “sua” la “nostra” libertà!) combattente partigiano Silvano, 
forte dei suoi 87 anni, ha gridato la sua gioia di trovarsi tra tanti giovani, 
con un riferimento, dolce, simpatico alla sessualità, quasi a confermare, 
sia pure solo per celia, l’antico vizio della nostra povera cultura maschilista 
(radice da sempre di razzismo), uguale a destra, a centro, a sinistra.
O no?

martedì 8 maggio 2012

L’urlo violento della crisi e la sordità "tecnica" del Governo



Il Presidente del Consiglio Monti, parlando dei suicidi legati 
alle conseguenze della crisi economica, ha dichiarato:
 Le conseguenze umane della crisi dovrebbero far riflettere
chi ha portato l’economia in questo stato
e non chi da quello stato sta cercando di farla uscire”.
In teoria, non ha tutti i torti il Presidente del Consiglio
(la crisi non è sua, viene da lontano), e non ha, il Presidente,
responsabilità diretta nella mala gestione dell'economia 
di ventata berlusconiana, aggravata dalla sfrenata corsa, 
corruttiva e ignorante, al danaro dei suoi alleati e servi liberi,
eppure parla solo da tecnico, anzi da professore, 
pronto a rimproverare altri e incapace  di offrire risposte immediate a chi è nel bisogno.
Quanto decisionista e rapido è nell’imporre, sul piano economico, 
i “tagli”, tanto perplesso e lento è nel trovare, sul piano umano, 
i nuovi “orditi”.
Se, con tempismo, è riuscito a reperire e nominare alti Supertecnici
pronti subito, con urgenza, a risolvere problemi di “conti”,
perché il nostro Presidente ancora non riesce a scovare,
per risolvere problemi di “persone”, altri Supertecnici,
magari solo per aprire un Centro d’Ascolto,
per dare una speranza a tutte le persone “in grave crisi”?
Forse perché il “servizio” e, a volte, il “dono” 
non sono affar di governo.
O no?
Severo Laleo

domenica 6 maggio 2012

Solitudine, disperazione, suicidio e Centro d’Ascolto (o che so io)




Caro Presidente Monti,
non è il caso questa volta di trovare le giuste parole per chiedere un Suo intervento. La situazione è drammatica, ora,
e molto pericolosa diventerà, per il futuro, per l’effetto trascinante, verso l’estrema soluzione, definitiva, per i più fragili.
Non so se esistono studi circa l’incidenza delle crisi economico-sociali sul numero dei suicidi, né so di studi circa le misure per bloccare il fenomeno.
Ma so quante sono ad oggi le persone suicide per crisi,
un numero inaccettabile per una società civile, e non solo,
e sono imprenditori, lavoratori autonomi, dipendenti, disoccupati.
Al Nord e a Sud. Senza differenze d’età. E sono (forse) tutti uomini, “maschi”.
Questi semplici dati segnano, tragicamente, 
1.      la fine di una pratica culturale antica dell’italianità, l’arte di arrangiarsi; 
2.      la solitudine del “maschio” (è maschile l’idea di risolvere il problema in solitario orgoglio), incapace di trovare sostegno di donna, alla pari.
Trova, finalmente, questo Paese, purtroppo nella maniera più tragica, la dignità dell’esistere. E conferma insieme l’esistenza di “maschi” fragili e chiusi in sé, nell’impotenza della solitudine, a prescindere, per cultura.
Lei, da poco, con tempismo, da economista, da professore, ha trovato e nominato Supertecnici per risolvere problemi 
di “far di conto”, utili, per carità, al Paese tutto, 
ma, per le persone disperate, La prego, scovi subito, 
da uomo di cultura,  da padre di famiglia, altri Supertecnici 
per aprire un Centro d’Ascolto (è solo per aprire una possibile, tra tante, strada di speranza), per dare risposte utili a tutte le persone “in grave crisi”.
Con quell’affetto imprescindibile a viver l'empatia,
La saluto caramente,
Severo Laleo

martedì 1 maggio 2012

L’incapacità opaca del maschio e la libertà lucente della donna



Il maschio cresce, ancora oggi, con l’idea, d’antica tradizione culturale,
di diventare “capo” e “padrone”, abile/pronto a decidere
per il “bene” suo e degli “altri”, in autonoma solitudine,
e non sopporta conflitti e contraddizioni al “suo” volere,
specie nel fragile campo dei sentimenti  (quando anche a scuola 
si aprirà un qualche spazio all’educazione sentimentale!),
e non è per niente abituato, se non espressamente educato, alla codecisione,
alla pari, specie con l’altro sesso.
E la violenza, facile, entra a dirimere i contrasti.
Ma la società tutta, ancora oggi, in Italia e non solo, è strutturata
sull’idea di “mondo” costruita e organizzata dal maschio,
con la “sua” visione, con i “suoi” riti, con la “sua” concorrenza,
senza limiti.
Ed è questo il peso più insopportabile del maschilismo,
e della sua intrinseca violenza,
anche quando a interpretare/esercitare strutture “maschili” è una donna.
Il maschio, anche se ben educato, ha ancora un’opaca incapacità
a costruire rapporti alla pari con persona diversa dalla “sua” identità:
non esistono, così, rapporti alla pari tra ricchi e poveri, tra uomini e donne,
tra “capi” e “sudditi”, tra “normali” e “diversi”.
Anche se l’idea di “persona” esiste da un po’ di tempo!
Siamo il paese, del resto, unico al mondo, dei “servi liberi”,
di chi, cioè, “libero” decide di farsi “schiavo”; è come dire:
se una donna diventa “serva libera” di un uomo/capo/padrone,
tutto s’aggiusta e cessa anche ogni violenza.
Ma per fortuna la libertà delle donne è lucente
e forse illuminerà il mondo nuovo.
O no?
Severo Laleo

Anche per questo accolgo l’appello/invito contro il femminicidio


Cinquantaquattro. L’Italia rincorre primati: sono cinquantaquattro, dall’inizio di questo 2012, le donne morte per mano di uomo. L’ultima vittima si chiama Vanessa, 20 anni, siciliana, strangolata e ritrovata sotto il ponte di una strada statale. I nomi, l’età, le città cambiano, le storie invece si ripetono: sono gli uomini più vicini alle donne a ucciderle. Le notizie li segnalano come omicidi passionali, storie di raptus, amori sbagliati, gelosia. La cronaca li riduce a trafiletti marginali e il linguaggio le uccide due volte cancellando, con le parole, la responsabilità. E’ ora invece di dire basta e chiamare le cose con il loro nome, di registrare, riconoscere e misurarsi con l’orrore di bambine, ragazze, donne uccise nell’indifferenza. Queste violenze sono crimini, omicidi, anzi FEMMINICIDI. E’ tempo che i media cambino il segno dei racconti e restituiscano tutti interi i volti, le parole e le storie di queste donne e soprattutto la responsabilità di chi le uccide perché incapace di accettare la loro libertà.
E ancora una volta come abbiamo già fatto un anno fa, il 13 febbraio, chiediamo agli uomini di camminare e mobilitarsi con noi, per cercare insieme forme e parole nuove capaci di porre fine a quest’orrore. Le ragazze sulla rete scrivono: con il sorriso di Vanessa viene meno un pezzo d’Italia. Un paese che consente la morte delle donne è un paese che si allontana dall’Europa e dalla civiltà.
Vogliamo che l’Italia si distingua per come sceglie di combattere la violenza contro le donne e non per l’inerzia con la quale, tacendo, sceglie di assecondarla.

1° Maggio 2012. Festa dei lavoratori



...basta, riprendiamoci la parola, 
e la vita:
quest'anno la festa ai lavoratori
gliel'hanno già fatta!
O no?

Severo Laleo