Si è svolto il 21 giugno scorso un summit, a cura della Fondazione Women
Political Leaders, per ribadire ancora una volta l’importanza
della leadership politica femminile, soprattutto adesso dopo la pandemia,
per costruire il futuro in direzione di una “nuova normalità
e un mondo migliore per tutti.” E vabbè!
Hanno anche parlato Draghi e Macron.
Draghi, capo di un esecutivo al maschile, dichiara: “Ogni giorno milioni
di ragazze imparano che non possono realizzare i loro sogni.
Sono discriminate, a volte con violenza. Devono accettare,
anziché scegliere, obbedire anziché inventare.
Tutto questo non è solo immorale e ingiusto, è anche poco lungimirante:
le nostre economie si perdono alcuni dei loro maggiori talenti,
le nostre società ignorano alcune delle migliori leader del futuro...
ridurre le differenze di genere deve essere una priorità globale”.
Dichiara Draghi, ma non propone e non agisce in senso politico
per rinnovare le istituzioni e ridurre realmente le differenze di genere.
Anzi, dimentica spesso di "nominare" donne in misura pari
agli uomini, quando ha bisogno di qualificate collaborazioni.
Macron, a sua volta, già impegnato a tenere in piedi un esecutivo
a parità di genere, dichiara: “Abbiamo bisogno di costruire
una leadership femminile nel regno politico. Nessuna società
sarà in grado di affrontare le sfide di oggi se utilizzerà solo metà
delle sue risorse viventi, della sua forza, della sua capacità
di promuovere, sia nel servizio pubblico che nelle aziende,
la diversità, che è la pietra angolare dell'innovazione.”
Dichiara bene Macron, e con maggior vigore, ma non esistono
sue proposte e strade percorribili per “costruire una leadership
femminile nel regno politico.”
La retorica delle buone intenzioni è salva, ma il paniere è vuoto.
Infine, l’obiettivo fondamentale della stessa Fondazione,
tra gli altri, è proprio quello di aumentare il numero e l'influenza
delle donne nelle posizioni di leadership politica.
Ma non si trovano proposte di legge ad hoc.
Tutto appare un gioco delle parti e un incredibile spreco
di risorse a ogni livello. Si attende.
Eppure, perché, se c’è tutta questa volontà e convinzione, e c’è,
di portare quanto meno a parità la presenza politica di uomini
e donne anche a livello di leadership, perché non si introducono
semplici riforme istituzionali, a quanto pare da tutte/i ormai
ritenute non procrastinabili, per le quali, ad esempio,
a. le assemblee politiche, ad ogni livello, siano sempre formate
da un numero pari di uomini e donne (almeno qui da noi in Europa);
b. gli esecutivi sian sempre formati da uomini e donne alla pari,
per legge e non per “concessione” del capo, quasi sempre
un maschio;
c. la carica monocratica di Presidente, di Capo del Governo,
di Ministro sia trasformata in carica duale da affidare a un uomo
e una donna insieme con pari facoltà (bicratismo vs monocratismo)?
Perché invece di dichiarare continuamente l’importanza della presenza
delle donne in politica, non ci si impegna a agire per rendere reale
questa presenza alla pari con gli uomini, modificando le leggi?
Le strutture di potere politico (e non solo) sono l’esito di una storia
patriarcale tutta al maschile e per questo ogni carica di potere
è sempre di tipo monocratico. Con la presenza paritaria di uomini
e donne al potere, può essere sperimentata una forma diversa
di organizzazione del “comando” non più di forma monocratica.
E forse qualcuna/o potrebbe studiare le conseguenze in campo culturale
e sociale di una nuova forma di esercizio della guida politica.
O no?
Severo Laleo