La democrazia, quella partecipazione, cioè, di tutte le
persone,
senza differenze di alcun genere, alla vita pubblica del
Paese,
si costruisce, sempre, qualunque sia il recinto della sua
azione,
con regole semplici, chiare, trasparenti, controllabili,
largamente condivise,
con pari facoltà per tutte/i di accedere al dibattito
pubblico,
e, comunque, nel rispetto pieno dei diritti universali della
persona.
E, per aggiungere una minuzia, forse anche con il riconoscimento,
per legge, della parità perfetta uomo/donna, in termini di
presenza,
in ogni sede assembleare e di direzione.
La Costituzione
italiana, all’art. 49, garantisce
la partecipazione:
"Tutti i cittadini hanno diritto di
associarsi liberamente in partiti
per concorrere con metodo democratico a determinare la politica
nazionale".
Purtroppo, negli ultimi trent’anni (a partire almeno da quel
1981,
quando Berlinguer, solo, denunciò, con un’analisi lucida, la
grave degenerazione
di partiti troppo spesso impegnati a “occupare” un complice
Stato),
quasi tutti i partiti, nel tempo, hanno subito una trasformazione totale,
e da “libere
associazioni”, con regole chiare, di cittadini son diventati
“gruppi” di potere, e hanno
sostituito il “metodo democratico”
con il “culto” del capo, sino a bearsi, proprio i seguaci
della “rivoluzione liberale”,
dell’appellativo “servi liberi”, con un inquietante ossimoro.
Soltanto nella partecipazione al dibattito e al voto
referendario,
in particolare in occasione degli ultimi referendum, è stato
possibile
incontrare/praticare qualche spazio di democrazia.
A dare il via con gran forza alla definitiva rottamazione del
“metodo democratico”,
nella vita interna dei partiti (non senza qualche tentativo
di rottura anche nelle istituzioni, grazie a quella volontà di “popolo” manifestata
con il “Porcellum”),
è stato Berlusconi, il gran Maestro, (e che questo gli sia riconosciuto come merito
storico, la dice lunga sulla capacità di intendere la democrazia in Italia),
il quale, diventato “leader carismatico” (era già
carismatico per molti italiani,
per via di denari), tutto prende e tutti contagia, anche a
sinistra.
E l’imprenditore, il “non politico”, diventò politico,
e il “nuovo”, il rottamatore del “teatrino”, tornò al “passato”.
Ora, a macerie tutt’intorno, invece di provare tutti a
realizzare
in pieno il dettato costituzionale dell’art. 49,
a) i più “nuovi” (Grillo, Renzi),
quasi in ideale continuità con il modello bosberlusconiano,
si agitano, con un’idea confusa dell’agire democratico,
ancora a chiedere, di nuovo, un plebiscito, al solito “popolo”,
alla solita “gente”, ai soliti “cittadini”, per cambiare totalmente
il nostro Paese, promettendo un’altra rivoluzione,
il primo, Grillo, rottamando tutti, proprio tutti, anche i
suoi, se non ubbidiscono,
il secondo, Renzi, pronto a rottamar il “cuore” del PD,
anche con i voti dei “delusi”
(ma i “delusi” sono sempre in errore, e non cambiano mai,
perché continuano ad alimentare illusioni);
b) i più “vecchi”, Casini, Fini, e molti altri in ogni campo
dispersi, aprono,
gioiosi, ma sempre con’idea confusa dell’agire democratico
(la Costituzione riserva ancora al capo dello Stato la
nomina del Premier),
la porta al BisMonti, per garantire la continuità di Governo
e per realizzare la “rivoluzione silenziosa” dell’inutilità
del voto.
Il sovrano è il caos, e non è democratico.
Forse spetta al PD, ora primo partito del Paese, spingere o per
una riforma
democratica di tutti i partiti attraverso una legge ampiamente condivisa
di inveramento dell’art.49, restituendo a tutti noi il “metodo democratico”
o almeno per un’autoriforma del solo PD alla luce del sole,
definendo e rispettando regole severe di comportamento
democratico,
oggi ormai inevitabili, con la speranza di dare un esempio
anche agli altri partiti.
Senza partiti e senza regole chiare non sarà possibile
tutelare il bene comune “democrazia”.
Scriveva Gobetti nel XX secolo: "Né Mussolini né Vittorio Emanuele
hanno
virtù di padroni, ma gli Italiani hanno bene animo di schiavi".
Cambieremo nel XXI secolo?
Si spera di sì, specie se le persone, già in civile fila nei
seggi ai referendum ultimi,
torneranno di nuovo in massa ai seggi elettorali per rifiutare
le “nuove” rivoluzioni della palingenesi (Grillo, Renzi) e della conservazione
(Casini), e riportare nella politica le parole dimenticate:
"uguaglianza", "giustizia
sociale", "legalità".
O no?
Severo Laleo
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