martedì 29 novembre 2016

Per i NO la democrazia non è “governance”, è dialogo senza esclusioni



Alla fine arriva anche l'endorsement dell'Organizzazione per la Cooperazione
e lo Sviluppo Economico (Ocse) al Sì al referendum. Per l’OCSE, si legge su HP,
"la riforma costituzionale, oggetto di un referendum costituzionale a dicembre,
sarà un passo in avanti nel processo di riforme e rafforzerà la governance politica
ed economica" dell'Italia. Ecco la parola magica, da svelare: governance.
Perfetto. L’OCSE non imbroglia; scrive la verità “la riforma rafforzerà 
la governance”. Ogni parola invia a un’immagine all’apparenza virtuosa:
riforma, rafforzare, governance. Perché non essere d’accordo?
Ma cos’è la governance? Qual è la storia della parola? 
Quali sensi impliciti contiene?

Governance è parola nuova per la lingua italiana. Nasce nel mondo aziendale 
e imprenditoriale, e almeno inizialmente significa “modo di dirigere, conduzione”,
in particolare indica “il metodo e la struttura organizzativa 
con la quale si distribuisce il comando tra i dirigenti di un’impresa (Treccani.it).
Rapidamente, con il passar degli anni, il significato s’allarga all’insieme
dei princìpi, dei modi, delle procedure per la gestione e il governo di società,
enti, istituzioni, o fenomeni complessi, dalle rilevanti ricadute sociali”.
Niente di più. Tutto dentro un quadro di riferimento tecnocratico.
Aziendale. Imprenditoriale. Gestionale.
Ma le Costituzioni si scrivono per definire principi, diritti, doveri
e limiti al Potere, per la salvaguardia della piena libertà
di partecipazione/decisione della sovranità di ogni persona,
non per rafforzare la governance.
Ma dove è finita la nostra cultura costituzionale e democratica?
Se si rafforza la governance con la riforma, i SI brindano,
perché credono di aver “semplificato” il governo di un Paese,
perché assimilano/confondono il Paese con un’Azienda,
e chissà, il Premier con l’Amministratore Delegato,
il Consiglio dei Ministri con il Consiglio di Amministrazione
insieme alle sue procedure di rapida decisione in un mondo 
a concorrenza spinta (spietata).
La politica non c’entra. La democrazia, poi! 
Specie se “l´unità della democrazia è l´unità degli uomini che, 
per qualunque motivo, sentono questo dovere di capirsi
a vicenda e di tenere reciprocamente conto delle proprie opinioni
e delle proprie preferenze.” (Guido Calogero)

Se anche l’OCSE si accontenta ormai del semplice “rafforzamento 
della governance” a scapito della complessità della mediazione politica, 
chi resta a difendere la democrazia e le sue relazioni? Forse solo le persone 
del NO, incorreggibili e testarde nel difendere il processo di estensione 
della partecipazione politica corale nel rispetto non della governance
ma della vita delle persone in carne ed ossa.
O no?

Severo Laleo

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