Il nostro
Paese potrà dirsi serio, maturo, civile, responsabile,
almeno in Politica, quando, con mitezza, e perché
no? gentilezza,
ogni sua/o cittadina/o, titolare di un dovere civico, riuscirà
a respingere, in piena autonomia, i discorsi
ambigui e le invenzioni
di propaganda di una classe dirigente, vecchia e nuova,
presente
oggi nelle istituzioni, ancora accomunata dall’idea antica
di una separazione netta nella società tra “chi è chiamato a decidere”
(i decisori) e “chi è destinato a subire” (sudditi); specie quando,
di fronte a un referendum, pretende, quella classe
dirigente,
a suo modo, maldestramente, senza argomenti di
merito,
e comunque di civile dibattito, di giudicare l’iniziativa
di un voto referendario, a sentire l’ex Presidente
della Repubblica,
“pretestuosa” e “inconsistente”(senza rispetto per le
istituzioni,
le Regioni, e per i suoi Consiglieri, pur chiamati,
per riforma,
nonostante l’ agire “pretestuoso”,
a sedere nel nuovo Senato!),
e, a sentire il Presidente del Consiglio, una “bufala”.
E un tanto elegante e nobile intervenire al solo
fine di giustificare
il non voto. Non altro.
Entrambi, all’unisono, si collocano, così, per
sostenere una causa,
fuori dal perimetro della Costituzione. Volontariamente.
In verità, se si ignora la propaganda bufala del Presidente
del Consiglio, è Napolitano a dare un vestito argomentativo,
da Renzi
prontamente definito “magistrale”, al
diritto
di non andare a votare in una tornata
referendaria.
Dichiara Napolitano:
”L'astensione è un modo di esprimere
la
convinzione dell'inconsistenza e della pretestuosità di questa
iniziativa
referendaria … Se la Costituzione prevede
che la non partecipazione della maggioranza
degli aventi diritto
è causa di nullità, non andare a votare è un
modo di esprimersi
sull'inconsistenza dell'iniziativa referendaria".
E nell’interpretazione del Presidente del
Consiglio,
il ragionamento diventa: “se un referendum
prevede il quorum
la posizione di chi si astiene è costituzionalmente legittima
al pari
delle altre. Nel caso di un referendum con quorum sostenere
le ragioni
di chi non vuole andare a votare ha la stessa identica
dignità
di chi dice sì o no”.
In verità la Costituzione merita una
lettura meno arzigogolata
e più serena. Anche nel rispetto dei
tempi di ogni operazione.
La Costituzione non prende in
considerazione, per l’espressione
del voto referendario, l’astensione (ogni referendum, di per sé,
è sempre degno di partecipazione), non
prevede, quindi, l’astensione
quale “modo
di esprimersi”, ma valuta, correttamente,
a posteriori, la possibilità,
per qualunque causa, di qualunque tipo,
di una non maggioritaria affluenza alle urne
con la conseguente
non approvazione del quesito
referendario.
La Costituzione è chiarissima: “La proposta soggetta a referendum
è approvata se ha
partecipato alla votazione la maggioranza
degli aventi diritto, e se è
raggiunta la maggioranza dei voti
validamente espressi”.
Far scaturire da un risultato, ex post, un comportamento costituzionalmente
legittimo, non
previsto dalla Costituzione,
è operazione argomentativa ambigua.
Per fortuna a scuola la maestra, in una lezione di
educazione civica,
semplicemente interpretando correttamente il suo
ruolo,
in libertà e onestà, ha spiegato alle sue bambine
e bambini,
future persone cittadine, che andare a votare
significa non solo compiere
un dovere
civico, nel rispetto della Costituzione,
ma significa anche svolgere attivamente, con
responsabilità,
il proprio ruolo di cittadina/o educata/o, anticipando,
lucidamente,
il pensiero del Presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi:
“Partecipare
al voto significa essere pienamente cittadini”.
Caro ex
Presidente della Repubblica, caro pro
tempore Presidente
del Consiglio, il vostro parlare, per caso da un alto
pulpito,
è ambiguo, infido, non dovuto da parte di leali
interpreti
della Costituzione; vero, al contrario, è il
discorso di una maestra,
non per caso in un’aula di scuola, perché giunge
correttamente
a salvare, tra i banchi, in lealtà istituzionale,
la dignità
della persona cittadina.
Forse, ancora una volta, per incontrare semplicità,
chiarezza, onestà
intellettuale bisogna guardare in basso.
Tra i banchi liberi di una scuola.
O no?
Severo Laleo