giovedì 5 dicembre 2013

Bozzi, Besostri, Tani, Ragusa … per la politica ventisette belle persone. Comunque liberali




E gli altri? Qualche esempio?
Bossi ha governato questo Paese: ma qual è stato il suo “merito”? 
L’invenzione della Lega.
Calderoli ha scritto il Porcellum: ma quali erano le sue competenze? 
Il legame con Bossi.
Berlusconi ha guidato il Paese: ma dov’è il suo onore di statista? 
Carità di Patria obbliga al silenzio.
Grillo suscita una “rivoluzione”: ma qual è il suo messaggio?
L’”estrema unzione” per i partiti (a sua cura la somministrazione).
Monti è stato scelto per la sua "serierà" per salvare il Paese: qual è stato
il risultato? La presunzione "civica" di gestire un partito personale.
Renzi guiderà il Pd: ma quali sono le sue qualità?
Certo l’ ”ambizione di non porsi limiti” (è sua la convinzione).
E tutti in spettacolare competizione continua di parole.
Le più rumorose.

I giornali raccontano la vita del paese: ma qual è stato l’uso più ficcante 
delle informazioni? Il metodo Boffo.
Un’intera classe dirigente ha partecipato al governo di questo Paese: 
ma qual è stata la sua vocazione?
La partecipazione diretta o complice al Banchetto.
Un’intera società civile ha dato il suo consenso: ma quale è stata
la sua  scelta? Ha preferito praticare il silenzio dei condoni
e rifiutare la civile Ribellione.

Per fortuna esistono le eccezioni. In ogni settore della società.
E sono tante, tantissime. E la possibilità di cambiare è sempre possibile. 
Per tutti, da Bossi a Renzi, dalla classe dirigente
alla società civile, alla stampa. Anzi è anche un augurio.
Ma ora, senza ombra di dubbio, solo ventisette persone
–non note al grande pubblico per un disordine stabilito
nella comunicazione sociale, nei giornali, nelle tv- meritano in politica
la palma di “persone belle”. Perché, comprendendo appieno
il senso della propria libertà, hanno voluto combattere
contro il Porcellum fino in fondo con determinazione,
senza paure e cedimenti in un Paese a vassallaggio spinto,
per difendere anche la nostra libertà. Senza parole, senza rumori,
senza palcoscenico, senza platea, con tenacia, con atti.

Questo è essere “belle persone”. Questo è essere liberali.
Quasi un ribellarsi personale. Alla Gobetti.
Ma in Italia, purtroppo, i liberali hanno ben altri rappresentanti,
i n c r e d i b i l m e n t e. E non i Bozzi, i Besostri, i Tani
e tutti gli altri.
E viene alla memoria, contro la legge truffa, anche l'ostinazione
di un altro bel nome liberale: Epicarmo Corbino (senza dinmenticare
Parri e Calamandrei). E la "truffa" era allora semplicemente un ritocco
al proporzionale rigido!

Grazie. Senza dire altro. Grazie. Almeno per questo.
L’Italia civile, libera, laica e democratica, l'Italia di cittadine/i  è con voi.
O no?

Severo Laleo

mercoledì 4 dicembre 2013

Bicratismo di genere: un assist dalla ricerca scientifica


 "It's quite striking how complementary the brains 
of women and men really are".

Finalmente anche un assist dalla ricerca scientifica al bicratismo 
(v. google ricerca) di genere. Per il monocratismo maschilista è la fine. 
Solo una guida di coppia  in politica è garanzia del pieno utilizzo 
di ogni estensione neuronale dell’intelligenza umana 
per la soluzione dei problemi.

O no?

Male and female brains wired differently, scans reveal
Maps of neural circuitry show women's brains are suited to social skills and memory, men's perception and co-ordination
The Guardian, Monday 2 December 2013 20.40 GMT
Men women brains
Neural map of a typical man's brain. Photograph: National Academy of Sciences/PA

Scientists have drawn on nearly 1,000 brain scans to confirm what many had surely concluded long ago: that stark differences exist in the wiring of male and female brains.
Maps of neural circuitry showed that on average women's brains were highly connected across the left and right hemispheres, in contrast to men's brains, where the connections were typically stronger between the front and back regions.
Ragini Verma, a researcher at the University of Pennsylvania, said the greatest surprise was how much the findings supported old stereotypes, with men's brains apparently wired more for perception and co-ordinated actions, and women's for social skills and memory, making them better equipped for multitasking.
"If you look at functional studies, the left of the brain is more for logical thinking, the right of the brain is for more intuitive thinking. So if there's a task that involves doing both of those things, it would seem that women are hardwired to do those better," Verma said. "Women are better at intuitive thinking. Women are better at remembering things. When you talk, women are more emotionally involved – they will listen more."
She added: "I was surprised that it matched a lot of the stereotypes that we think we have in our heads. If I wanted to go to a chef or a hairstylist, they are mainly men."
Female brain

Neural map of a typical woman's brain. Photograph: National Academy of Sciences/PA


The findings come from one of the largest studies to look at how brains are wired in healthy males and females. The maps give scientists a more complete picture of what counts as normal for each sex at various ages. Armed with the maps, they hope to learn more about whether abnormalities in brain connectivity affect brain disorders such as schizophrenia and depression.
Verma's team used a technique called diffusion tensor imaging to map neural connections in the brains of 428 males and 521 females aged eight to 22. The neural connections are much like a road system over which the brain's traffic travels.
The scans showed greater connectivity between the left and right sides of the brain in women, while the connections in men were mostly confined to individual hemispheres. The only region where men had more connections between the left and right sides of the brain was in the cerebellum, which plays a vital role in motor control. "If you want to learn how to ski, it's the cerebellum that has to be strong," Verma said. Details of the study are published in the journal Proceedings of the National Academy of Sciences.
Male and female brains showed few differences in connectivity up to the age of 13, but became more differentiated in 14- to 17-year-olds.
"It's quite striking how complementary the brains of women and men really are," Ruben Gur, a co-author on the study, said in a statement. "Detailed connectome maps of the brain will not only help us better understand the differences between how men and women think, but it will also give us more insight into the roots of neurological disorders, which are often sex-related."

lunedì 2 dicembre 2013

D’Alema, Renzi, le Iene e la mia generazione


La mia generazione, anno più anno meno, è la generazione di D’Alema (e Mussi); la generazione grata a Berlinguer per aver richiamato la nostra attenzione, in un paese di gaudenti in nuce, sulla questione morale da un punto di vista strettamente politico;
la generazione sempre pronta a scendere in piazza, in grandi manifestazioni, a battersi per la pace comunque e dovunque;
la generazione del nuovo diritto di famiglia, delle discussioni
sul divorzio, dei dibattiti laceranti sull’aborto; la generazione del lutto
da terrorismo disumano; la generazione del rispetto delle istituzioni, nonostante le aspre battaglie del ’68 contro l’autoritarismo;
la generazione dell’onestà politica, della disobbedienza alla don Milani, del linguaggio serio, mai sgangherato, a prescindere dagli interlocutori, 
in una parola, la generazione politically correct. E D’Alema era 
per tanti di noi un punto di riferimento. E giustamente. Difensore strenuo dell’orgoglio rosso. Poi venne la Guerra del Kossovo 
e per tanti giunse definitiva la separazione.
Oggi D’Alema, sia pure con le Iene, parla un’altra lingua, diversa, cedendo frivolo al degrado dei tempi e al giovanilismo sciocco
e innaturale (anche se i giovani hanno ragione a lamentarsi
di una generazione incapace di “lasciar posto”).  Ecco la sua lingua (prendo il testo da l’Unità):
Hai visto che a Renzi ho fatto dire che non ti deve più rompere i coglioni? «Sì, ma l'ha detto proprio perché gliel'hai estorto tu. Comunque se lui
non li rompe a me, io non li rompo a lui. Parliamoci chiaro: io non sapevo manco chi era Matteo Renzi. Lui si è affermato sulla scena politica avendo come principale parola d'ordine 'rottamare Massimo D'Alema'. Mettiti nei miei panni. Arriva uno che dice: voglio rompere le ossa a quello là. Tu come ti metteresti?». Così Massimo D'Alema intervistato da Enrico Lucci per 
Le Iene su Italia 1. 
«Io me sarei incazzato», aggiunge Lucci. «Ti saresti incazzato? E pure io», replica D'Alema che alla domanda se gli 'rode' non essere più in Parlamento, dice: «Assolutamente no. Faccio cose che mi interessano di più, viaggio,
ho meno vincoli, meno obblighi. Il Parlamento purtroppo, a me dispiace,
è talmente screditato che una signora mi ha detto: onorevole! Ed io: 'Non so
più onorevole, non sto più in Parlamento'. E lei: 'Bravo mi ha detto, come se avessi fatto chissà cosa». 
Il tempo passa, per tutti. Ma continuo a difendere la mia generazione
(e anche di Mussi), nelle sue idee, nel suo linguaggio, nelle sue aspirazioni di democrazia matura, magari diretta e conviviale, lontana, almeno per ora, e molto, dall’agire politico, prepotente e rozzo, di Renzi e D’Alema. A loro modo s’intendono.
Forse per la mia generazione è una sconfitta ancora più dura.
O no?
Severo Laleo

domenica 1 dicembre 2013

Estrema unzione, mobilitazione cognitiva, sovranità conviviale

Grillo a Genova per il terzo V-day  attacca a morte i partiti, tutti i partiti, 
anzi l’idea stessa di Partito. E la conclusione senza appello di un percorso 
dell’antipolitica. Purtroppo non ha tutti i torti; i partiti (si fa per dire, perché 
partiti più non sono) hanno dato di sé una prova pessima, a ogni latitudine 
di schieramento. Soprattutto i  partiti con padrone e con il suo seguito di casta. 
Senza pudori. Quando attraverso gli scontrini di cassa non si riconosce 
più la differenza tra l’azione politica pubblica e l’agire privato, quando il senso
dell’onore costituzionale di un rappresentante delle istituzioni affoga  
nella Nutella, la crisi è totale. Senza speranze. E dà fiato a nuovi populismi 
rigeneratori. Di ogni tipo. 
Urge, al contrario, una riflessione pubblica. 
Grillo  non ha bisogno di riflettere, anzi sbotta minacciando: 
"Politici vigliacchi, ora estrema unzione".
Bene (insomma!). Ma l’ ”estrema unzione” non è una cura, è il commiato 
definitivo per l’altro mondo, a tutti ignoto. Sicuramente diverso, 
fino all’inesistenza. Appunto l’inesistenza. 
In realtà a Grillo non interessa la “comunità vivente”, 
Grillo interessa solo fare piazza pulita, e deserta, perché Grillo non conosce 
il valore politico della “convivialità”, dell’empatia, del viver bene insieme agli altri; 
la sua meta politica è sempre la stessa, di tutti i suoi predecessori:
la sovranità elettorale.
E per incrementare i suoi voti, e diventar “sovrano”, partecipa con forza 
e determinazione, anche con i Vaffa,  al mercato del voto, al pari dei Bossi
dei Berlusconi, dei Di Pietro, dei Fini, degli Ingroia, dei Casini, dei Monti
dei Vendola, dei Renzi. Tutti leader, tutti maschi, e per giunta spesso tifosi di calcio 
(e qui diventa visibile tutta la nostra miseria sociale e culturale).
Tutti a imitare Berlusconi.
E i grillini nelle istituzioni, ubbidienti, ancora dormono i sonni beati del grillismo.

Eppure, in questo marasma dell’antipolitica, se Barca ha cercato, inutilmente, 
almeno per ora, di trovare una risposta corretta alla crisi dei partiti 
nella “mobilitazione cognitiva”, solo SEL aveva scoperto il senso 
della “sovranità conviviale, per costruire una società pienamente
democratica e non competitiva: “Sinistra ecologia e libertà guarda 
alla rivoluzione più grande, che ribalta il sistema dei valori oggi 
dominante: dallo spirito della guerra alla cooperazione e all’empatia; 
dalla competizione alla convivialità, dal primato dei beni materiali 
alla conoscenza, alla cultura, all’arte…. Il nostro orizzonte è un mondo 
futuro non dominato dalla forma di merce, nel quale il buon vivere 
sarà una funzione della conoscenza, della sicurezza, della bellezza, 
della convivialitàun mondo che metta in equilibrio città e campagna,
ponendo un limite secco all’ipertrofia del cemento e della chimica…”.
Purtroppo le persone di Sel non tutte leggono a fondo i Manifesti e non tutte 
riescono sempre a praticare al proprio interno quella convivialità immaginata
per la società del futuro, e non poche, purtroppo, devastate inconsapevolmente 
da un  berlusconismo diffuso e subdolo, inseguono il potere al par degli altri. 
Non si costruisce sovranità conviviale con gli stessi riti di sempre,
con una burocrazia congressuale ferrea, senza sperimentare nuove regole 
(bicratismo di genere, sorteggio), e soprattutto senza mobilitare affetti e passioni.
O no?
Severo Laleo





Renzi e il bisogno di te



Questa volta voglio un po’ giocare, non voglio parlare di politica,
ma solo di caratteri. E ognuno di carattere ha il suo.
Anche Renzi è Renzi. Ed è troppo forte, Renzi.
E’ un carattere leale, semplice, aperto, anche se è costretto
a giungere alla sincerità dalla sua sfrontatezza raggiante
e impertinente, quasi adolescenziale (qualcuno assicura:
se vuole, sa essere cattivo”; mah!).
Aperto è aperto.  Anche quando cerca di cambiar registro
nei suoi discorsi per attrarre l’attenzione dei “comunisti
(si fa per dire!), sì, quei reduci sparuti del pensiero collettivo,
non riesce a trattenere la sua sincera natura.
Così, per presentare di sé un’altra dimensione in vista
dell’8 Dicembre, prova a usare la parola magica
 ”insieme”, ma non arriva fino al punto di cancellare
la sua prorompente ambizione personale, il limite suo
più evidente (anche se in Italia paga ancora bene, per via soprattutto 
di una dominante cultura maschilista, adatta alla mischia senza misura,
quasi sempre tifosa di calcio –e Berlusconi “scende in campo”,
Vendola vuole giocare “la partita”, e Renzi è fissato
per non sbagliare “il rigore”: ma si puo!-) .
Bene. Leggiamo ora questo spiritoso pezzo di bravura di Renzi
nel voler convincere “altri” elettori della natura collaborativa,
e non monarchica –anche se in Italia la monarchia è un’illusione-, 
della sua leadership . Scandisce Renzi: «Non ci sono supereroi
da queste parti: ci sono persone che credono che insieme 
si possa cambiare il mondo. Una leadership forte è fondamentale.
Ma il vero leader è chi sa fare insieme agli altri, non senza gli altri. 
Ho bisogno di tutti a cominciare da te, che stai leggendo questa email». 
Bravissimo. Ma vediamo l’andamento del discorso.
Prima affermazione: “non esistono supereroi”;
e qui tutti d’accordo, e tu ti senti alla pari di ogni altro, 
e senti l’orgoglio di poter “contare”; e ripeti all’antirenziano: 
Hai sentito? Continuare a dire che Renzi vuol far l’uomo solo al comando
 è una malignità!
seconda affermazione: “le persone che ci credono possono insieme 
cambiare il mondo”: e tu capisci subito che anche tu, che ci credi, 
sei importante, perché insieme agli altri puoi contribuire a cambiare
il mondo; e già ti senti addosso l’entusiasmo;
terza affermazione: “una leadership forte è fondamentale”; e qui tu, 
su due piedi, senza poter riflettere, ti senti quasi chiamato
a pensare, istintivamente: ”certo, altrimenti come si potrebbe fare?”;
quinta affermazione: “non è fondamentale solo una leadership forte, 
ci vuole anche un leader vero che sa fare insieme agli altri”;
e qui tu, accolta ormai l’idea della leadership forte, già ti senti pronto 
all’azione, vuoi già fare insieme al leader vero,
che così è diventato il “tuo” leader;
ma alla sesta affermazione arriva la doccia fredda, gelata, il "cambiamento";
il leader vero diventa “io” e quell’ “io”  grida :ho bisogno di tutti a cominciare da te, 
lettore della mail”; anzi sembra quasi che il leader vero ti chiami per nome 
per confermarti: “ho bisogno di te”. Ma anche di "tutti".
E qui, all'improvviso, se appena ti senti una persona di piena autonomia e libera, 
dopo aver provato l’entusiasmo della partecipazione reale, del fare insieme 
agli altri, tra persone alla pari, ti ritrovi a essere una mappina 
(è napoletano per “cencio”, “straccio”, ma più inservibile), in una parola,
ti trovi a essere strumento nelle mani e nel disegno di un leader vero.
Lentamente, dolcemente, senza accorgertene.

E’ troppo forte Renzi, non riesce a smentirsi, ma può fregarti.
Ehi, tanto solo per giocare, con le parole e con i discorsi.
O no?
 Severo Laleo

venerdì 29 novembre 2013

Il capitalismo maneggione, la cultura del limite e il Galateo



Il Galateo appare in Italia nel Rinascimento. E’ il libro per eccellenza
del “viver civile”. Un libro di regole, di consigli, e di limiti da rispettare. 
Bisogna essere orgogliosi noi Italiani: siamo, nel mondo, 
il Paese della buona educazione e delle buone maniere.
Anche di Pulcinella, ribatte subito il mio amico Scapece.
E’ vero, eppure, a suo modo, Pulcinella conserva le sue buone maniere.
E’ comunque pulito e generoso. E sempre a suo modo è solidale.

La più grave devastazione della buona educazione è roba recente. 
Esplode nella “nuova” politica dei Bossi e dei Berlusconi, nei “nuovi” palinsesti 
della TV, ancora di Berlusconi, nel “nuovo” capitalismo, ancora di Berlusconi
e dei Ligresti e dei Riva. E la maleducazione si diffonde senza freni, 
varca ogni limite e diventa modello. Per conquiste di rapina.
Alla fine, meraviglia, contro la deriva dell’arroganza cafona
e prepotente e danarosa vien percepito leggero, castigato e liberatorio
il Vaffa dei grillini. E’ l’effetto della misura colma.
E chi era stato chiamato nelle istituzioni a dire dei no ai maneggi,
a opporre il limite dell’etica, della legge e della cultura, in una parola 
il “viver civile” del Galateo, spesso ha subito il fascino del danaro 
e ha scelto di farsi servo, vinto, perché senza difese, dalle sirene 
di un danarismo avvilente. A destra, a centro, a sinistra. 
Per un lento avvelenamento dal sembiante del successo, della vittoria.

Nell’800, ancora un italiano, Melchiorre Gioia,  nel riprendere il Galateo 
per un suo moderno aggiornamento, scriveva: “L'onore e la giustizia sono 
il primo limite ai sacrifizi che si possono ricercare agli amici; ogni lesione 
all'uno o all'altro non debb'essere né chiesta né concessa: ab amicis honesta 
sunt petenda...Generalmente gli amici volgari, cioè quelli che professano 
amicizia per interesse, per vanità, per convenienze sociali, pretendono 
che sacrifichiate loro il vostro onore e la giustizia che dovete a voi stesso 
e agli altri; per amicizia, se siete giudice, dovete tradire la giustizia; 
se testimonio, la verità; se impiegato, l'interesse pubblico"
(Melchiorre Gioia, Il primo e il nuovo Galateo, 1859, p. 275).

Eppure, ancora nel 2000, sono soprattutto gli italiani, a ogni livello, a tessere 
le reti di  “volgari amicizie” – non può esistere una classe dirigente disonesta
in un paese di onesti-, a darsi da fare perché la giustizia sia tradita, 
la verità manipolata, l’interesse pubblico negato.  Sempre e comunque.
Solo così puoi avere una ministra della Giustizia, Cancellieri, porsi a 
disposizione di un Ligresti; solo così puoi avere un Primo Ministro, un Berlusconi
condannato per frode fiscale –la frode più nobile del “viver civile”!-; 
solo così puoi avere una classe dirigente prona, al servizio del silenzio, 
perché nel libro paga di un qualunque Riva.
O no?
Severo Laleo

P.S. Il Paese, ormai stravolto dalla violenza della dismisura, tornerà a praticare 
il “viver civile”, anche perché i mille galantuomini del capitalismo italiano,  
i mille galantuomini del giornalismo italiano,  i mille galantuomini della politica
italiana,  i mille galantuomini comunque al lavoro senza rumori,
continueranno a resistere in “onore e giustizia”. Senza differenze tra le generazioni.



giovedì 28 novembre 2013

Le parole avare di Barbara Berlusconi

Quando i figli difendono i genitori, a prescindere dalle “situazioni”, 
è sempre comprensibile, spesso ammirevole. Anche perché i figli, 
nel dispiacere, riescono sempre a trovare le parole giuste,
generose, non avare, dell’affetto, per una difesa d’abbraccio a 360 gradi. 
Ma, a analizzare le parole di ogni dichiarazione, ai figli di Berlusconi 
non pare sia capitato, forse  per l’intervento di suggeritori d’obbligo, 
informati e importanti. E, si sa, quando i suggeritori intervengono
non è per usare il linguaggio dell’affetto, ma il linguaggio delle “situazioni
dei genitori. Così, mentre a Marina tocca la faccia feroce dell’aggressività 
politica con termini quali “vergognatevi”, “vi pentirete”, una faccia feroce 
solo mitigata dall’idea sua straordinaria di continuare ad avere un padre
leader” – è stata questa la parola dominante e omologante del ventennio 
ancora a chiacchiere scoppiettante nel suo unico epigono Renzi-;
mentre Pier Silvio, più pacatamente, senza ombra di minaccia, 
semmai di augurio, divide la sua, di figlio, “amarezza profonda”, 
dal suo, di cittadino, avvertire “un forte senso di ingiustizia”; 
Barbara Berlusconi –sono sicurissimo, senza sua colpa, la colpa
è dei suggeritori- è capitato di dichiarare: «Con la violenta estromissione 
di mio padre dal Parlamento, avvenuta attraverso norme 
incostituzionali e palesi violazioni regolamentari, gli avversari 
politici si illudono di avere la strada spianata verso il potere. 
È una operazione politica che si ritorcerà contro chi l’ha messa
in atto, nel momento in cui gli italiani torneranno a pronunciarsi
con il loro libero voto».
Proprio così. E ti dispiace non leggere in quelle parole l’amarezza di una figlia, 
la soggettività propria di un dispiacere filiale, perché leggi solo parole
minacciose di “situazione”, di “estromissione violenta”, di “norme 
incostituzionali”, di “palesi violazioni regolamentari”, 
di “avversari politici”, “strada spianata per il potere”,
di “libero voto”. Parole avare.
Prova a eliminare all’inizio di dichiarazione quel “di mio padre” 
e sostituiscilo con “Berlusconi”, e t’accorgi che la dichiarazione in questione 
può benissimo essere attribuita a un burocratico funzionario di Forza Italia
al massimo a un Ghedini stanco, sorpreso da un frettoloso cronista di Rete 4
Dispiace, dispiace davvero.
O no?
Severo Laleo

domenica 24 novembre 2013

L'importanza del limite

In questo blog di "parole per una cultura del limite" l'intervento di G. Sartori sul Corriere di ieri e ora nel sito "Cogito ergo sum" della Fondazione Roberto Franceschi non può mancare. Anche se il "limite" è qui suggerito per il controllo delle nascite, soprattutto in Africa. Comunque la "filosofia" è giusta. Buona lettura.


Una modernità fuori misura

Gli eccessi che la terra non sopporta



La cosiddetta modernizzazione è tutta «fuori di misura», dismisura: è, come dicevano i greci, Hubrys. La Terra è un piccolo pianeta la cui circonferenza è di appena 40.000 km. Ma noi predichiamo un progresso senza limiti, una crescita senza limiti, uno sviluppo senza limiti e, ancor peggio, una popolazione senza limiti. È demenza? Sì. Perché è demenza ipotizzare una crescita infinita in un pianeta che ha dimensioni finite e per ciò stesso anche risorse finite.
So bene che noi siamo attualmente assillati dalla disoccupazione e dal peso di colossali debiti dello Stato. Il che ci fa dimenticare, purtroppo, che anche il pianeta Terra è in crisi: stiamo inquinando l’atmosfera, stiamo avvelenando l’aria che respiriamo e, al contempo, stiamo destabilizzando il clima. Sono notizie di questi giorni il ciclone senza precedenti che ha colpito le Filippine, e ora il diluvio, la bomba d’acqua anch’essa senza precedenti che si è abbattuta sulla Sardegna e che ancora la minaccia. Forse troveremo il modo di uscire dalla crisi economica (della quale portano la massima colpa gli economisti), ma come fermare l’impazzimento del clima, il progressivo riscaldamento, la crescita dei livelli del mare, l’erosione dei ghiacciai (che alimentano i fiumi) e, infine, la nuova probabile dislocazione delle piogge con la conseguente dislocazione delle zone aride?
Il rimedio vero sarebbe una drastica riduzione delle nascite (specialmente in Africa) che ci restituirebbe un pianeta vivibile. A questo effetto le maggiori responsabilità sono della Chiesa cattolica (per l’Africa e anche parte dell’America Latina). Per ora papa Francesco si è limitato a carezzare molti bambini, stringere molte mani e a distribuire in piazza San Pietro la «Misericordina» che poi, aperta la scatolina, è un rosario. E la nostra televisione è inondata da appelli di soldi per salvare i bambini africani. A che pro? Le prospettive, restando le cose come sono, sono cicloni in autunno, piogge torrenziali in inverno, afa insopportabile d’estate. E d’estate non nevicherà più sui ghiacciai, il che implica che andranno a sparire. Di conseguenza i fiumi si prosciugheranno.
Come dicevo di tutto questo non ci diamo pensiero perché prima di tutto bisogna mangiare. Vero. Ma è anche vero che ci sarà sempre meno da mangiare. Ripeto, l’unica cura ancora a nostra disposizione è di ridurre la popolazione e con essa ridurre l’emissione di gas serra e la conseguente concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera. I combustibili fossili(a cominciare dal carbone) vanno messi al bando, mentre noi continuiamo allegramente a incendiare i nostri boschi senza che mai un incendiario sia preso e condannato.
Si può essere più incoscienti di così? Quasi dappertutto si continua e riprende la cementificazione, la speculazione edilizia che consente di costruire fabbricati in zone pericolose, a rischio di essere spazzati via da frane e piene subitanee. Le nostre amministrazioni locali hanno fame di soldi, ma sono soldi che vanno alla criminalità organizzata, alle mafie che signoreggiano oramai un po’ dappertutto.
Come scriveva qualche giorno fa su queste colonne Gian Antonio Stella, i nostri governi «non hanno fatto che accumulare imposte ecologiche raccogliendo dal 1990 in qua 801 miliardi di euro. Sapete quanti siano stati spesi davvero in interventi di risanamento dell’ambiente? Meno di 7, lo 0,9%». Che vergogna. E anche che incoscienza. 


http://www.corriere.it 23 novembre 2013

Assunta Maria Spina va allo sciopero delle donne



Ha fatto bene”, “ha fatto bene”, mormoravano tra le lacrime
le donne del quartiere. “Ha fatto bene”, si ripeteva nelle strade
a lutto. E mo’, quei poveri bambini.
Assuntina, la femminuccia, che già capisce.
Tutti erano con Antonio, costituitosi con l’arma ancora tra le mani
alla Stazione dei Carabinieri.  L’avevano accolto con rispetto.
Lui in Germania a faticare, e essa nel paese a far l’innamorata”.
Era tornato il giorno prima dalla Germania dopo anni di lavoro d’emigrante.
Con un’idea fissa. Fare giustizia.
Difendere l’onore della famiglia.
E, a pranzo, dopo la festa, l’aveva ammazzata. Un po’ Lucia lo sapeva,
ma non era scappata. Era sola, sola con i suoi bambini.
….
Assunta Maria Spina ora è nonna. E domani è allo sciopero
delle donne, nella Giornata internazionale per l'eliminazione
della violenza maschile contro le donne.
Per dire, insieme a sua nipote Lucia, mai più femminicidio.
Mai.
Severo Laleo

lunedì 18 novembre 2013

Ssst! In Svizzera i comunisti



Era ora. La “cultura del limite” avanza e produce proposte tra i giovani socialisti 
(Juso) della Svizzera. Appartiene al coraggio moderno e civile  dei giovani socialisti 
svizzeri l’idea di definire, per legge, un principio di trasparenza e di controllo 
delle retribuzioni  all’interno di un’azienda. La proposta è di porre un  “limite”, 
appunto,  alla retribuzione di un manager d’azienda, nel rispetto di questo 
rapporto: nessun dirigente/manager può superare di 12 volte il salario minimo 
convenuto nella stessa azienda. Un principio di grande civiltà. Ed è, insieme, 
il ritorno del controllo della Politica, cioè della polis, della città, sugli “affari” 
dell’economia, in questo caso dell’impresa, perché l’incremento senza limiti 
della forbice tra le retribuzioni tende a produrre, attraverso ingiustificabili 
disuguaglianze, disordine sociale. E assordante ingiustizia.
Se fossi cittadino svizzero, sarei contento di portare il mio voto, nel prossimo 
referendum del 24 Novembre, a favore del “limite”. Ma il mondo della “libera 
iniziativa”, insieme ai partiti diventati “impresa”, è già pronto alla battaglia 
a difendere il “libero” mercato del lavoro e la sua “flessibilità”, e, se necessario, 
anche con la minaccia di delocalizzazione (gli imprenditori sono i più convinti 
cosmopoliti oggi!).
In realtà, e a onor del vero, qualche anno fa, un po' troppi for, credo ai tempi 
di Bertinotti segretario di Rifondazione, in Italia, si tentò di raccogliere firme 
per una proposta di legge di iniziativa popolare di simile natura, e credo solo 
per il settore a controllo pubblico, con la quale si indicava, per il dirigente statale 
al massimo grado, una retribuzione non superiore a 10 volte la retribuzione minima
stabilita dalle tabelle stipendiali nella pubblica amministrazione. E il limite, 
così definito, era da estendere a dirigenti d'azienda, agli amministratori delegati, 
ai magistrati, ai parlamentari e ai ministri.  Ma non ebbe fortuna. Erano tempi 
di furiosi desideri di ricchezza smodata. E di voglia di berlusconismo.
Ora, anche nel Parlamento italiano, grazie a Sel, proprio sull'esempio dei socialisti 
svizzeri, giace una proposta di legge, simile nell’ispirazione, anche se, e bisogna
lamentarsi di questo a sinistra, a produrre la proposta non è stata tanto un’idea 
politica forte, a priori, della giustizia sociale, quanto la conseguenza di un diffuso 
malessere sociale, e di rabbia impotente, di fronte a inaccettabili, indifendibili 
sperequazioni nelle retribuzioni. Ed è inutile fare i soliti nomi, perché indirizza 
la rabbia, e scarica l’intelligenza dell’agire politico, verso un bersaglio sbagliato, 
perché la sperequazione stipendiale non è un problema della “persona”, 
ma di cultura sociale e politica di un Paese. E comunque di sistema fiscale
inadeguato. La democrazia senza “cultura del limite” è falsa e infelice.
E nel futuro prossimo, anche attraverso un nuovo sistema fiscale, 
dovrà pur porsi un “limite” alla povertà.
O no?

Severo Laleo

sabato 16 novembre 2013

Nichi Vendola, il gorilla e nonna Daria



Se la conversazione tra Vendola e il lesto gorilla antistampa dei Riva ha avuto 
e ha tanti esegeti è per una ragione semplice: il Vendola di quella vecchia telefonata
fa ancora notizia, e tra molti iscritti ed elettori di Sel fa anche scandalo, 
perché Vendola, pur politico, è comunque una persona degna di stima.
Ed è così, sicuramente. Ancora oggi. Trascinare Vendola
in una complicità più ampia e terribile con i Riva (anche se l’intervento 
di Alessandro Marescotti racconta una verità diversa) sembra fuori luogo. 
Almeno si spera. 
In verità, ognuno di noi, in situazioni di non controllo, e forse di soggezione, 
rischia sempre di cadere in errore. Succede un po’ a tutti. Questa volta è successo 
a Vendola. E ancora una volta, purtroppo, con il potente di turno, anzi 
con un’ombra del potente di turno. Per questo le parole di Hutter 
su ilfattoquotidiano.it, a difesa ad oltranza di un errore palese, debordante, 
sono stonate. E inutili. 
Scrive Hutter: “La conversazione privata è una  mossa di teatro,
di diplomazia, per attenuare  un conflitto sul piano pubblico e  fattuale
E’  esattamente questo il caso della telefonata di Vendola ad Archinà. 
Per dirla in parole semplici, a me sembra evidente che Vendola sta prendendo 
in giro Archinà  quando si complimenta per lo scatto felino attuato 
per impedire le domande ad alcuni giornalisti…
Non ho bisogno di interrogare Vendola, mi basta conoscere un pochino 
le cose del mondo, per capire che  quella telefonata era una captatio  
benevolentiae, fatta con tutte le caratteristiche rituali della stessa 
(una battuta contro l’avversario del momento dell’interlocutore, 
una dichiarazione di stima all’interlocutore, una cordialità ridanciana) 
ed  esercitata in quel giorno probabilmente anche per mettere le mani avanti, 
per evitare che Riva – all’epoca incontestato – potesse dire che il presidente
di Regione più a sinistra d’Italia si negava, si defilava, non dialogava”.
No, non è possibile, è una difesa insensata: per Hutter, Vendola diventa un attore 
di consumata diplomazia, impegnato, alla stregua di ogni altro potente politico
italiano, in una ridanciana, un po’ sguaiata, captatio benevolentiae. In verità, 
la captatio benevolentiae, in genere mai sguaiata, al contrario bonaria e subdola,
non la si esercita, da parte di un mite, qual è Vendola,  nei confronti 
di un prepotente dal gesto violento diretto a zittire. La stampa libera.

Anche a me è capitato di vedere, insieme ad altri, la scena nella quale un ingegnere 
(si fa per dire!) energumeno dei Riva strappa di mano a un giornalista impertinente
il microfono irrispettoso nel domandare a un Riva di ghiaccia indifferenza dei morti 
di tumori a Taranto. E’ scoppiato a ridere divertito, così per istintiva leggerezza, 
il mio amico Luigi, per quella destrezza maneggiona. A Daria, al contrario, 
nonna di Giacobbe, è scappato un profondo e rabbioso grido:
Ma questi davvero so’ mafiosi, altro che imprenditori! Sono da paura! 
Il mio sorriso di contagio si è bloccato sul nascere.
Daria, la nonna, ha perfettamente ragione.

Oggi, con le sue scuse al giornalista, Vendola si vergogna dell’inusitata 
sua captatio benevolentiae, riconosce l’aggressore e ne prende le distanze,
conciliandosi finalmente, e giustamente, con nonna Daria.

Eppure esiste una soluzione per non cadere in simili inconvenienti. Questa: 
quando gli amministratori parlano dei problemi degli amministrati le conversazioni 
devono avvenire in luoghi deputati e/o devono essere sempre controllabili da tutti 
gli amministrati. Si chiama trasparenza. Il mio amico Scapece mi racconta
di un amministratore di un piccolo paese il quale, antesignano della trasparenza, 
prometteva e garantiva ai suoi elettori semplicemente questo: "In giunta,
nei colloqui con i politici, con gli imprenditori, con gli amministratori regionali 
e nazionali dico soltanto ciò che posso ripetere a voi in un pubblico comizio
e mi comporto come mi comporto con voi". Erano gli anni 80, ed era una cosa 
"normaleper chi, berlingueriano, s’adoperava per rispondere con il proprio agire 
alle istanze della “questione morale”. Poi il berlusconismo ha cancellato 
e omologato tutto. Vendola, anche se ha sbagliato –e l’ammissione gli restituisce 
integrità- appartiene a quella generazione impegnata per la trasparenza  
e di trasparenza saprà dare piena testimonianza.
O no?

Severo Laleo

Cancellieri e la Costituzione arrangiata


                                                                           
Ora tutti chiedono le dimissioni della Ministra della Giustizia 
(per l'appunto). Perché hanno saputo di altre telefonate. Imbarazzanti.
Eppure non c'era bisogno di ascoltare altre telefonate, né c'era bisogno  
di tirare in ballo la liquidazione milionaria del figliolo. Questi sono 
accidenti secondari, anche se sostanziosi, di una causa primaria, 
di una mentalità, cioè, antica, pre-politica, o, quanto meno, di un visione 
soggettiva, arrangiata, della Costituzione. Ed ecco perché.
Per chiedere le dimissioni di Cancellieri (della Cancellieri 
mi suggerisce di scrivere il mio amico Scapece: ma no, dai, è da superare 
l’uso dell’articolo solo per le donne!), per chiedere, ripeto, le dimissioni 
di Cancellieri è sufficiente, anche a prescindere  da quel gravissimo 
suo esprimere la “sua” solidarietà amicale contro l’operato della (sua)
Magistratura, soppesare la sua risposta di giustificazione per l’ intervento 
di umanità nei confronti della signora Ligresti.
Cancellieri  giustificò il suo intervento con queste parole:
"Sono intervenuta come ho sempre fatto, ogni volta che mi 
è stato chiesto". Eh, no, signora Ministra, non funziona così tra i leali 
e corretti e solerti funzionari dello Stato, sommamente se Ministri.
Un vecchio insegnante di Scuola Media, per illustrare a più giovani docenti 
il senso di un comportamento leale, corretto e solerte, a prova 
di Costituzione, da parte di un funzionario dello Stato, era solito portare 
questo esempio.
A scuola, si sa,  ci sono alunni e alunne che non sempre raggiungono 
risultati eccellenti. E a volte solo per sopraggiunte situazioni difficili 
in famiglia. Federico, ad esempio,  il figlio del Presidente XY,  non studia più 
da quando la mamma si è gravemente ammalata, appare triste e spento, 
e non ha più motivazione a seguire le lezioni. L’altro giorno il Presidente 
è andato dal Professore di Lettere per chiedere, a ragione, un’attenzione 
continua e discreta, insomma, un occhio di riguardo, per suo figlio, 
soprattutto in considerazione delle sue condizioni di fragilità. 
Il Prof  l’ha ascoltato, con garbo, consapevole del suo dovere professionale. 
E decide di conseguenza. Ma s’accorge anche, il Prof, che nella stessa classe 
Rosanna, la figlia dell’infermiera XY, da un po’ di tempo non studia più 
come prima, anzi appare indifferente a tutto e, peggio, comincia a odiare 
la scuola. Il Prof sa anche che la madre di Rosanna, l’infermiera,  non avrà 
mai il tempo per andare a chiedergli un occhio di riguardo per la sua figlia; 
così, quando, informandosi, viene a sapere della disastrosa situazione 
familiare di Rosanna, decide di conseguenza. Come per Federico, da buon 
funzionario dello Stato, perché un funzionario corretto e solerte e leale 
non si muove solo su richiesta, ma seguendo un principio di imparzialità 
del suo ufficio/amministrazione, la scuola, nel rispetto dell’art. 97 
della Costituzione: “I pubblici uffici sono organizzati secondo 
disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento 
e l'imparzialità dell'amministrazione”. Non sono, quindi, necessarie 
richieste per esercitare l’imparzialità (e l’umanità).
Forse la ministra Cancellieri, non avendo genuinamente interiorizzato
il principio costituzionale, e muovendosi solo e sempre su richiesta,
non appare  all’altezza del suo compito.
Eppure, in parte, potrà sempre riparare con un  “ravvedimento operoso”:
le dimissioni volontarie.
O no?

Severo Laleo