sabato 28 ottobre 2023

L'ottimismo di Piero Gobetti

Caro Scapece,
sai, ho finito ora di leggere anche un'altra biografia
di Piero Gobetti "La vita di Piero Gobetti", scritta da Umberto Morra
di Lavriano e uscita nel 1984.
Mentre la biografia di Pianciola, molto utile e chiara e ricca di preziose
foto, rimane un ottimo testo di documentata ricerca storica,
questa di Morra, pur nell'obbligo dell'analisi delle fonti, appare
senza dubbio molto partecipata, e a tratti coinvolgente; Morra, si sa,
è persona che ha conosciuto direttamente e bene Piero, appartiene
alla cerchia degli amici sin dall'ottobre del 1922, e non manca quindi,
nel raccontare, di far sentire la sua presenza viva con annotazioni
e giudizi, comunque siano, anche severi, ma sempre puntuali,
preparati con garbo, e di felice scrittura.
Vorrei segnalarti qui solo due punti, e lascio da parte, anche se,
devo dirti, è molto bello da leggere, il capitolo "L'incontro con Ada".
Ecco il primo punto.
Sono stato favorevolmente colpito dal fatto che Morra attribuisca
a Gobetti un ottimismo pieno, correggendo un suo primo giudizio
espresso in occasione della commemorazione di Piero
sulla "Fiera Letteraria", all'indomani dell'improvvisa morte.
(Parlò allora di pessimismo gobettiano!)
In verità tutto il volume, in ogni "capitolo" della vita di Piero,
è un sottolineare continuamente, in qualunque attività Piero si cimenti,
l'intenso suo lavoro e il grande suo entusiasmo. Ma se leggi le pagine
43,44,45 (controlla, e dimmi se riesci a leggere il file che ti ho inviato)
potrai direttamente capire, condividere e apprezzare la finissima analisi
di Morra. Scrive Morra: "L'ottimismo gobettiano era stato una rivalsa
e una negazione della faciloneria romantica, degli ideali avulsi,
delle illusioni a buon mercato. Era fondato su un apprendimento
costoso della realtà, su esperienze non epidermiche né sbadate...
Senza la forza dell'ottimismo, cioè di una fondata aspettativa
di risultati e della convinzione di essere presente alla vita
che si andava svolgendo e non lo contaddiceva, come avrebbe potuto
predisporre la sua attività e addirittura esporre fino in fondo
il suo confidente pensiero?" E questo è solo l'inizio!
Ritorna, nel capitolo "L'occupazione delle fabbriche", un'altra
dimensione dell'ottimismo gobettiano.
Ora ti trascrivo il brano: "Il suo ottimismo era la carica vitale
che lo spingeva al lavoro, che incarnava per lui
le prospettive future. Sapeva anche lui (forse non proprio allora,
giovanissimo com'era, ma l'avrebbe saputo presto) che esse erano
lontane, ma non se ne adontava o se ne crucciava, non aveva
da raggiungere traguardi personali (nemmeno quelli di una cattedra!),
scriveva -e viveva- per la storia. E la storia, possiamo pur dirlo
senza peccare di infatuazione, gli ha dato ragione".
Non si può non essere d'accordo.
L'altro punto sul quale vorrei attirare la tua attenzione è il giudizio,
a mio avviso molto preciso, lucido ma emotivamente molto sentito
(almeno mi piace immaginare), espresso sulla personalità di Piero
da Barbara Allason nel suo libro "Memorie di un'antifascista"
(e il richiamo all'antifascismo è la cifra assoluta per comprendere
l'esito inevitabile del "mondo" gobettiano nel suo farsi): "Furono
le sue prime campagne qualche volta ingiuste -egli era tanto giovane
e poteva errare- mai mosse da personale superbia o vanagloria,
meno che mai dal personale interesse, sempre da questo anelito,
a purificare, svecchiare, snidare i comodi, i pavidi, i transigenti,
gli uomini dalla coscienza elastica [espressione intensa: oggi
la "coscienza elastica" è giunta al governo del paese!], per instaurare
la disciplina dura, la lotta, l'affermazione delle proprie convinzioni
e della propria attività a costo di farsi dei nemici, di pregiudicarsi
la carriera e gli affari".
Credo abbia proprio ragione Allason.
O no?
Stammi bene
il tuo Severo
PS Eppure mi piacerebbe capire di più circa l'origine e il senso di quell' "anelito".


sabato 21 ottobre 2023

Un invito alla lettura per il "metodo Gobetti"

 Caro Scapece,

non so se avrò la tua approvazione, non so se vorrai comprendere
le mie pensate "pensionate", ma ho deciso di riprendere gli studi
(dai, si fa per dire) su Piero Gobetti.
Ho ripreso infatti il bel libro, scritto molto bene, di Cesare Pianciola,
"Piero Gobetti. Biografia per immagini" (ma non solo).
La prima edizione è del 2001, presso Gribaudo.
Quando si legge con la fretta di inseguire qualche interesse vivo
del momento, si trascurano a volte altri utili passaggi.
La prefazione di N. Bobbio (e Bobbio è sempre illuminante), questa
volta mi è giunta anche come un suggerimento di ricerca
(almeno spero). In altra occasione vorrò parlartene.
Scrive Bobbio a inizio della Prefazione: "Se ci domandiamo le ragioni
del sempre rinnovato interesse per Gobetti penso che si dovrebbe
rispondere brevemente in questo modo: ci rendiamo sempre più conto
che gli anni dal 1919 al 1925 sono stati anni decisivi per la storia
del nostro paese, e sono stati decisivi perché in essi si è consumata
ed esaurita la vecchia classe dirigente, in parte assimilata,
in parte eliminata dal fascismo, mentre la giovane generazione
antifascista proponeva, nella lotta contro il regime, tutti i problemi
di critica e di rinnovamento dello stato italiano, che sono ancora oggi
i nostri problemi.* Di quegli anni Gobetti è stato una delle voci
più appassionate, uno degli interpreti più chiaroveggenti,
uno degli scrittori attraverso cui meglio si rivela la lotta tra il vecchio
ed il nuovo, la fine di una classe dirigente incapace di dominare
gli eventi, e il sorgere di una nuova, che viene allora sconfitta, ma getta,
durante la battaglia, semi così resistenti che lungo inverno del regime
non riuscirà a sopprimere, e germoglieranno nella Guerra di Liberazione
e nella instaurazione di una vita democratica del nostro paese.
L'identificazione dell'opera di Gobetti con la vita italiana di quegli anni
è tanto più completa in quanto nessun altro contemporaneo ebbe
ad iniziare ed a concludere il proprio ciclo di scrittore in quell'arco
di tempo, tra il 1918 e il 1925: tutta la sua opera si iscrive
in quell'orizzonte di uomini e di eventi, vi aderisce così perfettamente
ed intimamente da poter essere considerata oggi con uno
dei commentari più drammatici e illuminanti di quella storia."
Perfetto, no?
La lettura scorre gradevole e quasi nulla manca per un'essenziale sì,
ma completa, biografia. Per non dire dell'ottimo apparato iconografico,
spesso coinvolgente emotivamente.
Eppure su un altro passaggio, grazie a una per me intelligente scelta
di Pianciola, vorrei attirare la tua attenzione di uomo di scuola.
Questo, a pagina 194: "Io non credo -scrive Elsa Dallolio
in una lettera del marzo 1920 a Gaetano Salvemini-
che la nostra azione avrà un risultato immediato:
noi dovremo prima di raccogliere preparare i giovani, diffondere
il metodo Gobetti per un'educazione politica che manca ancora
tra i giovani - essere volta per volta freno e propulsore di altri partiti."
Dovremmo essere contenti noi due: il nostro lavoro a scuola,
rispettoso oltre ogni scrupolo della libertà delle/dei discenti,
ha inverato il qualche modo il "metodo Gobetti",
quando all'insegnamento delle "grammatiche" si associava
l'"educazione politica", e i riscontri ancora oggi tra nostre/i
ex allieve/i sono di una grande e forse ingenua
gratificazione. (E tu ricorderai anche il mio impegno irrinunciabile
a distribuire ogni anno a tuttə, a scuola, il testo della Dichiarazione
Universale dei diritti umani e a dedicare ogni anno una giornata intera
per tuttə, a scuola, alla sua lettura/commento!)
Che dirti? La biografia di Gobetti non la puoi leggere senza proporti
l'impegno, vissuto da Piero con intransigenza, di continuare a coltivare
la "passione libertaria", con l'intento di renderla possibile,
per condizioni soggettive e per strutture politiche e sociali, a tuttə.
O no?
Buone cose, il tuo Severo

*E oggi ancor più che mai!

venerdì 20 ottobre 2023

Palestina/Israele: il femminismo e la via della parola

 



A veder dall’alto, con gli occhi di un satellite, 

in un trascurabile fazzoletto della nostra Terra, 

al confine tra due popolazioni (di persone) 

lungo una sottile striscia di terra, 

ha il dominio terrribile la morte, 

caparbiamente inseguita, e diffusamente elargita, 

da uomini, maschi, a persone di ogni genere, età, 

e visione di vita. E’ all’opera, in quel fazzoletto 

della nostra Terra, l’atrocità dell’odio dell’uomo 

contro l’altro uomo, a motivo di Potere, 

garantito solo dall’eliminazione dell’altro.

A veder con gli occhi della Storia, le esplosioni di violenza, 

a volte inimmaginabili e orrende, pur dai nomi diversi,

genocidio, guerra, aggressione, rivoluzione, terrorismo, 

si susseguono senza sosta con il ritmo altalenante, 

sempre uguale in sé, del dar morte e del chieder vita, 

in un banale inseguimento tra guerra e pace. 

Senza fine. Ogni pace viene così a fondarsi sulla morte.

Una pace foriera di altra morte.  Comunque. 

Continua, a ben vedere, con armi 

sempre più avanzate il primordiale duello corpo 

a corpo tra fratelli su una linea di confine per terra. 

Fratelli, uomini, maschi.

Ancora oggi tutta la nostra cultura “umana”, 

a occidente e a oriente, a nord e a sud, 

è tutta immersa in questa logica inevitabile 

dell’esercizio della “forza” nella difesa di un bene, 

di un confine, fino all’eliminazione, con ogni modalità,

dell’altro, nel rispetto del perenne “duello” 

per raggiungere il Dominio.

Possibile sia questa l’unica logica “umana”? 

Sono d’accordo anche tutte le donne, 

femministe e non? Esiste una via d’uscita? 

A cura, per iniziativa di chi?

E’ successo da poco, in quel fazzoletto della Terra, 

da parte di un gruppo di terroristi, un attacco 

di feroce violenza, senza limiti, contro persone inermi:

condanna da una parte, esultanza da altre parti. 

Chi condanna ritiene necessaria, giustificata, legittima 

la reazione almeno di pari “forza”, con altra morte 

a seguire. Inevitabile secondo la nostra idea “umana” 

di difesa legittima. Nessun dubbio. 

Il dolore per tanta morte causata spinge a organizzarsi 

per produrre altra morte. E altra morte chiede anche 

chi esulta. La spirale è senza fine.

Esisterà un’altra cultura per porre fine al massacro? 

Esistono altri soggetti in grado di esprimere 

un’altra cultura? Per uscire dalla spirale, è lecito, 

anzi d’obbligo, tentare altre strade, coinvolgendo 

il pensiero/azione femminista.

Solo la persona/popolazione offesa può essere 

nelle condizioni di chiedere il perché della violenza, 

aprendo alle parole senza armi. 

Tocca la cura alla persona ferita, non il diritto 

di procurare altre ferite. Ha il femminismo la “forza” 

di partire dalla ferita per andare oltre?

E chissà se incontri continui, in piena guerra 

e/o durante una fertile tregua, tra delegazioni di donne

 femministe della Palestina e di donne femministe 

di Israele, non abbiano a inventare la “via della parola” 

contro ogni ipotesi di massacro, magari proponendo 

percorsi di convivenza.

Immaginare (e praticare) il cambiamento non è fuori luogo, 

specie quando tutto sembra cadere nel vortice 

della sofferenza degli errori del passato, identici a sé stessi.

O no?

Severo Laleo




martedì 5 settembre 2023

Ustica: difendere la sovranità del popolo non è mestier di sovranisti (almeno per ora)

A 43 anni di distanza dalla tragedia di Ustica, Giuliano Amato, uomo delle istituzioni ai livelli più alti, in un'intervista, torna a sostenere, e pare non avere tanti dubbi, che ad abbattere il DC9 dell'Itavia, con 81 persone a bordo, fu, in quel 27 Giugno 1980, un missile francese, nell'ambito di un'attività della NATO volta ad uccidere il leader libico Gheddafi

Molto probabilmente se la verità non è finora stata svelata apertamente, è anche perché all'interno delle istituzioni, ben coperti, depistatori di mestiere e neoingaggi, hanno lavorato, da subito, pur in ambiente democratico, per nascondere la verità. 

Sembra incredibile, ma proprio persone delle istituzioni, le quali dovrebbero rispondere in democrazia soltanto al popolo sovrano e solo al popolo sovrano rendere trasparente conto, si trovino, al contrario, militari, politici, forze alleate,  tutti d'accordo nell'evitare che la verità possa giungere al popolo sovrano. 

Ancora una volta la sovranità del popolo resta una parola e sembra funzionare solo a gettoni. Che democrazia è quella che appartiene a dei "capi/poteri" nascosti ai quali, per ragioni indicibili, si cede la nostra sovranità? Che democrazia è quella che non risponde al bisogno inviolabile di verità delle vittime?

In una situazione nella quale degli aerei cadono e muoiono delle persone, da quale parte bisogna stare? Non c'è scelta diversa: la democrazia non può essere che dalla parte delle vittime e deve far di tutto per garantire verità e giustizia. 

Eppure la sovranista Presidente del Consiglio, di fronte a così pensosa intervista, non pare preoccuparsi di agire per difendere la sovranità del popolo italiano, al contrario pone ancora domande per girare al largo del problema, gravissimo, posto (sia pure con colpevole ritardo, purtroppo) da un uomo quale Giuliano Amato. Ecco il suo intervento anodino e scoraggiante: "Quelle di Giuliano Amato su Ustica sono parole importanti che meritano attenzione. Il presidente Amato precisa però che queste parole sono frutto di personali deduzioni. Premesso che nessun atto riguardante la tragedia del DC9 è coperto da segreto di Stato, e che nel corso dei decenni è stato svolto dall’autorità giudiziaria e dalle Commissioni parlamentari di inchiesta un lungo lavoro, chiedo al presidente Amato di sapere se, oltre alle deduzioni, sia in possesso di elementi che permettano di tornare sulle conclusioni della magistratura e del Parlamento, e di metterli eventualmente a disposizione, perché il governo possa compiere tutti i passi eventuali e conseguenti."

Ma il governo non ha forse il dovere, di fronte a "deduzioni" di un uomo rispettabile e credibile delle istituzioni, ai livelli più alti (confermate, chiarite, precisate nella conferenza stampa di oggi), di aprire un percorso coraggioso, con ogni utile forma possibile, per dare verità alle vittime e al Paese? E non ha forse il dovere di continuare a chiedere di scoprire se qualche "italiano" ha lavorato contro il Paese e la trasparenza in democrazia?

Il governo non deve solo chiedere "carte", ma deve aprire, data la fonte autorevolissima delle deduzioni/ipotesi,  strade per giungere alla verità. In ogni caso e con ogni modalità. E trovare argomenti per insistere presso Macron può essere un primo passo. 

Altrimenti toccherà al sovranismo il "merito" di mortificare la sovranità; e per tal merito con ignominia sarà costretto, il sovranismo, a rifugiarsi nel buio. 

O no?

Severo Laleo

P.S. La ragione grazie alla quale Amato torna sulla tragedia di Ustica è molto convincente; vale la pena riprenderla: "La ragione, che ci crediate o no, è che una persona di 85 anni comincia a ragionare avendo in mente qualcosa di diverso rispetto a quello che possono avere i giornalisti che si occupano di cronaca politica. Sono un uomo di 85 anni. Avevo cominciato a pensare che questa ricerca, a cui queste famiglie non rinunciano, sta per arrivare a un tempo in cui diventa irrealizzabile, perché si muore. Ecco. L’ho fatto per il peso della mia età…". Serve forse altro per agire là dove si può agire?

mercoledì 30 agosto 2023

Una sguaiataggine aberrante: l'ebbrezza e i lupi

 Un giornalista di Mediaset, si legge sui giornali, pare abbia pronunciato queste parole, a proposito di un agghiacciante stupro di gruppo: "Se vai a ballare, tu hai tutto il diritto di ubriacarti. Ma se eviti di ubriacarti e di perdere i sensi, magari eviti anche di incorrere in determinate problematiche perché poi il lupo lo trovi".E il discorso, si noti bene, è rivolto esclusivamente a una giovane donna.

La difesa del giornalista di Mediaset da parte di un sottosegretario alla cultura, una volta paladino urlatore della distruzione di ogni legittima autorità in nome di una esasperazione delle sue personali istanze libertarie senza limiti, ripeto, la difesa, da parte di tal sottosegretario del giornalista di Mediaset, diventa ora un tardivo riconoscimento del principio di autorità, specie se brandito dal "buon padre di famiglia" contro la libertà semplice di una "figlia" (e prova il sottosegretario a estendere il messaggio, per confondere le acque, anche a un "figlio")! Una mistificazione (insulsa) maschilista.

Per questi due maschi, italiani di una grande Nazione, i "lupi" esistono e non possono non agire da lupi, anzi non vanno solleticati con l'odore dell'ebbrezza, perché, si sa, questo tipo di lupo preferisce, e magari se ne vanta pure, la preda ubriaca. Ora, e pare conseguenza certa, chi colpevolmente si ubriaca non può evitare di offrirsi consapevolmente, vittima dell'ebbrezza, al lupo di turno!

La destra purtroppo continua a inondare il Paese di sguaiataggini, in questo caso di una sguaiataggine aberrante. Ma presto, specie se i più apriranno gli occhi della mente, questa destra dovrà nascondersi (o cambiare).

O no?

Severo Laleo 


lunedì 28 agosto 2023

Trump e il futuro (di logica e scienza) della democrazia

 La democrazia, ormai è sotto gli occhi di tutti, e numerosi sono gli studi al riguardo, dappertutto vive, soffrendo alquanto, nel nostro occidente, e il rischio di una sua soccombente fragilità nei confronti dei tentativi di ripristino dell'autoritarismo, e/o di autoinvestiture a un potere personale, è reale e presente. Anche in Italia, almeno sul piano delle velleità intenzionali e, rozzamente/sguaitamente, anche sul piano culturale e istituzionale, il processo di un rafforzamento del potere di governo sembra avviato, ed è nelle mani di già note/i adoranti trumpiane/i in Lega e in FdI.

Ma il tempo di un definitivo scontro tra una democrazia costituzionale fondata nel rispetto degli assetti istituzionali, a prescindere dalla personalità e dal partito del Presidente, e una democrazia consegnata nel voto a un "capo" apertamente postosi in sfida contro la costituzione, fino a negare il risultato elettorale e a brigare per sovvertirlo (anche con l'assalto a Capitol Hill), è giunto ora negli Usa e volge al suo esito finale.

In un'intervista di qualche giorno fa, Jericho Brown, poeta e premio Pulitzer, alla domanda "Che effetto ha oggi Trump sulla gente in Georgia?" così risponde: "Penso che Trump abbia contribuito a creare un ambiente di odio, specialmente tra le persone cui non interessano logica e scienza perché interferiscono con la capacità di essere razzisti o capitalisti all’estremo. Viviamo in una nazione costruita sulla schiavitù in cui, finché si rifiuta di affrontare la storia, anche nei momenti migliori ci sarà un’idea subconscia tra i bianchi che i neri valgono in qualche modo di meno. Prima della presidenza Trump questa tendenza era qualcosa per cui potevi esibire di provare una qualche vergogna. Poi Trump ha validato gruppi come i Proud Boys. Le persone che si sono sentite liberate da lui continuano ad amarlo. Si dice siano di meno rispetto a quando fu eletto, ma sono quelli che si fanno sentire di più, anche perché nessuno li contrasta davvero."

La questione di fondo è stata ben individuata da Jericho Brown. Quando in una democrazia qualcuno/a ha il potere finanziario e mediatico di "usare/manovrare" un numero notevolissimo di persone, soprattutto "tra le persone cui non interessano logica e scienza", suscitando ad arte (sì, ad arte e consapevolmente, mentendo a sè stesso) un clima di divisione e odio, travolgendo i limiti definiti dalle leggi, la strada per un regime autoritario costruito con le nuove regole del "capo" è pericolosamente tracciata.
Eppure, anche se J. Brown rivela nelle sue parole il suo realismo pessimista, in realtà la struttura istituzionale della democrazia americana avrà la forza (almeno si spera!) di resistere a ogni attacco fuori misura di Trump e non certo temerà le sue forzature propagandistiche: la propaganda potrà ben essere capillare e, per ora, nel breve periodo, vincente, magari grazie all'effimero successo di una foto segnaletica in atto di sfida, ma quando si entrerà nel vivo del dibattito, con documenti, atti e testimonianze, verrà anche il tempo della riflessione logica, nella sua serie di causa/effetto, e nessuno potrà più barare.

La democrazia sarà salva se salva sarà la capacità di ogni persona
di conoscere/comprendere/scegliere, al di là di ogni strattonata in una direzione o nell'altra. Se, al contrario, l'obbedienza a un "capo" prevarrà sul rispetto delle regole liberaldemocratiche date, la crisi della democrazia sarà senza ritorno.
E' bene aspettare (con fiducia) l'esito della lotta tra i due fronti negli Usa, ma è bene anche qui in Italia aprire gli occhi, magari partecipando con più convinzione alla vita politica, e scegliere da che parte stare tra chi segue "logica e scienza" e chi, senza "logica e scienza", tende a opprimere le "diversità" d'ogni tipo, e tra queste principalmente la povertà.
Forse, se la democrazia, con logica e scienza, riuscirà a definire un limite alla povertà (garantire a tutte le persone la dignità del vivere) e un limite alla ricchezza (tale da non consentire a nessuno/a di pregiudicare gli assetti dei poteri costituzionali), il rischio di una deriva autoritaria sarà più facile da controllare (specie se le sedi istituzionali delle decisioni pubbliche saranno costituite d'obbligo da uomini e donne in pari numero).
O no?
Severo Laleo

mercoledì 23 agosto 2023

Istituzioni sguaiate 7: la normalità (del) generale

 Ora un'insulsa sguaiataggine proviene anche dal (quasi discreto) campo militare, se così si può definire il posto di un generale. È cmq sempre un posto nella funzione pubblica di Stato. Alto, per giunta. Non si tratta della truppa (quando è fuori di sé).

Dalla sua posizione il generale esprime sì le sue idee, ma in contrasto con i principi della nostra Costituzione ("Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.") e in contrasto con il principio etico-giuridico della Dichiarazione Universale dei diritti umani ("Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.")

E questo è indifendibile.

Eppure le sue "opinioni" -chissà se si potranno definire "vannacce"- e la sua idea di "normalità" non troverebbero alcun luogo di possibile dibattito, se non fossero intervenuti a sostenerle/giustificarle altri "generali" e "capitani" forzuti della destra verace, dalla Lega a FdI, da tempo tutta affogata in un brodo stantio di machismo. 

Ed è appunto questo sostegno, diretto e indiretto, a svelare la presenza di un nero mondo di rigurgiti violenti (l'intento è ridurre a silenzio e nei ghetti le "minoranze") sempre più arrogante, senza dubbio grazie a un governo amico.

Per ora il Ministro della Difesa -il solo, pare, nel Governo- ha avuto un qualche scatto di recupero costituzionale (e etico), subito tuttavia dividendosi tra uomo delle istituzioni, secondo il quale il generale "farnetica", e uomo politico, secondo il quale (evidentemente) altro è possibile.

E questo è quando il coraggio ha paura.

Forse il nostro Paese tornerà di nuovo a respirare un'aria di civiltà liberaldemocratica, fondata su saldi, e a tutte/i noti, principi costituzionali, quando le persone comprenderanno il pericolo reale di tanta rozzezza culturale e chiederanno presto a gran voce il cambiamento: il ritorno alla "normalità" (costituzionale).

O no?

Severo Laleo

P.S. Leggo ora l'articolo di M. Ferrera sul Corriere: un'analisi perfetta, pienamente condivisibile, anche nella direzione di una civile e democratica "cultura del limite."




venerdì 11 agosto 2023

Michela Murgia

Michela Murgia è morta.

Femminista, 

la sua vita, 

le sue idee, 

le sue parole 

esprimono il futuro (migliore). 

Maestra, continuerà a vivere.

Severo Laleo


mercoledì 9 agosto 2023

Liberaldemocrazie (da salvare) e autoritarismi nuovi (e sempre beceri)

 Nell'articolo di Gianfranco Pasquino su Domani del 9 agosto, a proposito del futuro delle democrazie liberali (il titolo recita: "le democrazie muoiono se non si insegnano i suoi valori"), si possono leggere strati di parole di ottimismo e insieme di pessimismo.

L'ottimismo, direi attivo, è tutto nella proposta di una democrazia a vocazione pedagogica, di una politica cioè impegnata anche su un versante pedagogico. Riporto le sue parole: "Sono giunto alla individuazione di un fattore predominante [nei successi elettorali delle destre]. In tempi diversi e con modi diversi i governanti democratici, compiaciuti dei loro successi politici, istituzionali, economici hanno cessato qualsiasi attività di insegnamento della politica democratica, dei principi e dei valori della società aperta. Anzi, proprio in nome della libertà di competizione politica e culturale non hanno saputo/voluto opporre le loro idee a quelle in parte comuni in parte specifiche alle singole esperienze storiche che venivano espresse in maniera talora folkloristica talora anche violenta dalle destre. Soltanto l'impegno pedagogico culturale, qui e ora, senza speciose neutralità, sulla superiorità dei valori universali democratici può salvare le democrazie realmente esistenti, la democrazia che abbiamo e quella che vorremmo."

Perfettamente d'accordo.

Il pessimismo, davvero profondo, è invece racchiuso in una notazione di inquietudine: "Mi inquieto al solo pensiero che Donald Trump che tutti i sondaggi danno molto competitivo finisca per tornare alla Casa Bianca con conseguenze che sarebbero devastanti per tutte le liberaldemocrazia esistenti e per coloro che vorrebbero crearne nei loro paesi." E il termine devastante è scritto ben a proposito.

Ma si può mai correre il rischio di consentire alle liberaldemocrazie di diventare la base di lancio di nuovi autoritarismi dai tratti beceri?

In verità, riandando con la memoria all'ultima tornata elettorale presidenziale negli Usa, le persone votanti più avvertite hanno interiorizzato il rischio e hanno risposto scegliendo Biden. Gli stessi tentativi di Trump di stravolgere il risultato elettorale, sino all'assurdo assalto a Capitol Hill, chiamando a raccolta i suoi, non ha funzionato, perché molti funzionari, anche repubblicani, il famoso/famigerato Deep State, hanno dimostrato più attaccamento ai valori democratici che a loro capo. Una speranza esiste ancora, dunque! (L'insuccesso recente di Vox potrebbe essere una conferma.)

Certo se le liberaldemocrazie rischiano, non è solo per assenza di un impegno pedagogico (i fattori sono sempre molteplici, avverte Pasquino), quanto, forse, per l'irruente occupazione, in più Paesi, della politica da parte di uomini di affari, senza cultura del limite, potenti per una ricchezza troppo facilmente accumulata. Questo mix tra potere politico e potere economico/finanziario ha creato le basi per il potere autoritario, attraverso una "semplificazione" dei processi decisionali. Non solo. Con esso mix ha ritrovato nuovo vigore anche il pensiero, anzi il dominio, maschilista.

Che fare? 

Da una parte scrivere nuove regole di trasparenza per porre limiti (nella competizione democratica prima e nella gestione del governo poi), a chiunque si trovi ad accumulare un enorme potere personale, dall'altra rompere la maschilizzazione culturale della politica (spesso interpretata bene anche da donne!) con istituzioni democratiche (parlamenti, consigli, giunte...) a parità di presenze uomini/donne, fino a superare il monocratismo con un governo duale. Non è forse sul piano istituzionale il monocratismo l'esito storico del maschilismo?

È cmq compito di ogni persona democratica partecipare alla vita politica, in un modo o nell'altro, per sostenere/estendere la democrazia contro ogni pericolo di autoritarismo.

O no?

Severo Laleo

venerdì 4 agosto 2023

Sguaiataggine senza ritorno: una Presidente ostaggio?

Parole ambigue/inaccettabili e un'assenza imperdonabile (del tipo: io non scappo mai!) chiariscono, senza ombra di dubbio, la scelta di parte e non di Stato di questa Presidente del Consiglio. 

Non risulta chiaro perché, contro ogni indicazione storica, politica e giudiziaria, scelga questa Presidente del Consiglio di "confondere/imbrogliare" il popolo italiano, anzi la sua Patria, attribuendo la strage di Bologna al "terrorismo" e basta. Perché? Ignara o ostaggio? O sa altro?

Chi ha scritto, e forse imposto, quel testo? 

Se è stata lei a scegliere le parole o se anche ha accolto senza opporsi le parole di altri, credo abbia ragione Bersani: [Sulla strage di matrice neofascista di Bologna] "C’è una saldatura della verità storica, politica e giudiziaria. Se una persona non è in grado di riconoscerla, non merita il rispetto degli italiani, quand’anche fosse presidente del Consiglio".

Si è toccato il fondo: questa sguaiataggine istituzionale è senza ritorno e forse apre la strada alla fine di questo governo. Irrimediabilmente.

O no?

Severo Laleo

P.S. Le parole ambigue di Meloni hanno subito aperto la strada a dichiarazioni di stravolgimento della realtà storica e giudiziaria, prima nette, poi peggio che ambigue, da parte di De Angelis, dichiarazioni cmq inaccettabili per un portavoce di un Presidente di Regione. Credo sia utile riportate ancora una volta le chiare parole di Pier Luigi Bersani: "Lo squillo di tromba di Marcello De Angelis non rimarrà isolato. La studiata ambiguità della dichiarazione per il 2 agosto del presidente del Consiglio conteneva un messaggio che solo le anime belle non hanno voluto vedere: lasciare aperto il vaso di Pandora delle falsità nere mentre finalmente la verità giudiziaria si afferma".


Istituzioni sguaiate 6: la ministra Calderone

Un po' tutta la stampa, chissà perché, nei giorni scorsi, ha voluto riportare nei titoli, a proposito dell'interruzione con un sms per centinaia di migliaia di persone del reddito di cittadinanza, questa espressione, tra le altre, della ministra Calderone: "C'è chi soffia sul disagio." Evidentemente l'espressione è significativa. Per molti aspetti. 

Ma qui se ne vuole segnalare solo la sguaiataggine sostanziale propria di chi resta indifferente di fronte alla sofferenza delle persone.

La ministra Calderone ammette dunque l'esistenza del disagio, ma non percependone la gravità, non si preoccupa del suo dovere di eliminare/alleviare il disagio, al contrario ritiene essere suo compito "politico" di governante quello di  tener buone le persone povere attaccando chi "soffia sul disagio".

Una visione paternalistica se non autoritaria della democrazia: forse sparirà il disagio se non "si soffia"?

L'espressione della ministra Calderone mostra tutta l'insensibilità sua e di questo governo verso le persone povere, un governo forte con i deboli e schiavo dei (pre)potenti.

E avrà anche questo governo la maggioranza di quella parte che è andata a votare, ma ora è chiara a tutte/i la sua irriducibile (cattiva) incompetenza.

Per il senatore Casini, se non altro ricco di esperienza, solo Meloni "regge" nel disastro generale, ma credo s'inganni, e di grosso, perché saper navigare in politica non è esprimere una "visione" (e se esiste é pericolosa). 

Presto la barca affonderà (e questa volta senza vittime).

O no?

Severo Laleo

P.S. A proposito di reddito di cittadinanza e lavoro, dichiara un ottimo Bersani a La Stampa: "Questa è la brutalità di gente che non riconosce la povertà. La ministra Calderone dice che, chi vuole, il lavoro lo trova: evidentemente viene da Marte".

lunedì 31 luglio 2023

Reddito di cittadinanza: se le persone povere ...

Se fossero i poveri, le persone povere, a mettere in vergognosa fuga questo governo, tanto pronto a schierarsi, in termini fiscali e di impunità, dalla parte di chi ha, quanto ostile e aguzzino si mostra e si comporta nei confronti di chi è fragile e bisognevole di sostegno, per la democrazia sarebbe una gran vittoria di popolo. E una rivoluzione. E sarebbe ora!

Sì, una gran vittoria di popolo, perché con le persone disperate si schiererebbe subito la maggioranza delle persone "perbene". Riprendo volutamente dal passato questo termine, oggi alquanto in disuso, proprio per recuperare una visione/mentalità da prima repubblica, quando anche a destra, e soprattutto a sinistra e a centro, almeno si comprendeva la disgrazia della miseria, e ogni persona perbene, appunto, non aveva animo vendicativo né punitivo nei confronti delle persone povere, come tanta destra di oggi, e non solo, in verità.

Perché disturba tanto il reddito di cittadinanza a destra? Forse perché restituisce una misura di dignità a molte persone disperate. E quindi di libertà. Chi non ha reddito, e spesso si dimentica, troppe volte manca di molto altro. 

L'idea di dignità delle persona, assente a destra e tra i seguaci dell'io e basta, è essenziale per la democrazia e per la sua estensione, almeno tanto quanto la parità piena uomini/donne in ogni luogo di esercizio di democrazia.

O no?

Severo Laleo


sabato 29 luglio 2023

Istituzioni sguaiate 5: i fratelli d'Italia e il reddito di cittadinanza

 A volte la sguaiataggine non è tanto nelle parole dette, quanto nelle parole non dette, dimenticate/assenti per difetto di cultura democratica e difetto di empatia. 

Un importante esponente di FdI, tutto imbrigliato nella polemica politica e culturalmente, socialmente e miserevolmente distante dai problemi reali e gravi di persone in difficoltà economica, difficoltà spesso associata a altre dolorose difficoltà di ogni genere, così si esprime a proposito del reddito di cittadinanza: "Il reddito di cittadinanza, nel tempo si è rivelato una misura assistenzialista, nata con uno scopo demagogico, scritta male, attuata peggio, il che ha comportato enormi danni all’erario". Quanta miserevole perfidia in quel dire "enormi danni all'erario", proveniente da chi accarezza gli evasori! E non basta! Si giunge anche al ridicolo. "Il gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia ritiene sempre più necessaria la costituzione di una commissione parlamentare di inchiesta, limitando la responsabilità a Tridico per non avere consapevolmente attivato i controlli, al fine di non far perdere consenso elettorale e personale ai suoi mandanti". Si noti l'uso del termine "mandanti". Ognuno nella lingua esprime sé stesso!

Non c'è bisogno di aggiungere altro. È la sguaiataggine dell'arroganza del potere. Esponenti con incarichi istituzionali così deprivati del senso del limite e così sprezzanti nei confronti di chi è nel bisogno, non potranno a lungo governare e presto sperimenteranno la fuga per difetto di cultura democratica. 

O no?

Severo Laleo


L’ignoranza di Milan Kundera: nóstos e sesso

 


Caro Scapece,

sai l’altro giorno ho preso in prestito on line, e quindi subito letto,

L’ignoranza di Milan Kundera solo per un suggerimento molto convincente

di un vecchio amico (in verità dire amico è troppo, forse è più giusto

dire compagno di studi all’università).

Vuoi sapere le mie impressioni?

All’inizio sono stato con piacere sorpreso dall’incalzare sinuoso 

della sua scrittura, dalla sua attenzione alle parole, alle lingue, 

alle situazioni esistenziali dei suoi personaggi intrecciate

con le situazioni della storia, e ancora colpito dalle tante domande sospese 

intorno alla vita dei suoi personaggi.

Ho subito anche il fascino della struttura della trama, ben organizzata

per tenere il lettore sempre preso nelle spire dal racconto. 

Per non dire di immagini di grande effetto, penso al “cineasta del subconscio” 

e al suo lavorio, e penso all’”emissaria dei cimiteri”, alle pagine sulla vita 

dell’uomo e della sua durata dalla quale dipende la sua visione,

all’importante presenza della “conversazione” nella coppia

e alle sue conseguenze quando si interrompe; e penso a tante altre interessanti,

ben ordite e ben dette, osservazioni,

qui e là disseminate lungo il racconto, soprattutto gestite da una sorta

di proteiforme scandaglio nei territori della memoria

e delle sue presenze/assenze/orizzonti.

Eppure, sebbene la scrittura riesca a destare la tua attenzione 

e l’abilità narrativa mai stanchi, la conclusione, tutta consumata in due incontri

di sesso anomali, non convince, non soddisfa, appare un gioco facile e leggero, 

evanescente, e inaspettato dopo una partenza sulla potenza del nóstos

la sofferenza dell’esule.

D’accordo, non è mestier di lettore -potresti dirmi- di scegliersi le conclusioni,

ma sarà pur libero il lettore di sentirsi insoddisfatto, o no?

Ecco, a me è successo. E vabbé!

Un abbraccio

Severo

lunedì 24 luglio 2023

Alberto Nunez Feijòo, il popolare dell'anomalia

Mai come questa volta è necessaria, persino in altra terra europea, la consulenza politica del professor Gianfranco Pasquino. Sì, perché il capo del Partito Popolare spagnolo, Alberto Nunez Feijòo, dopo aver vinto le elezioni, sale sul palco e parla con orgoglio alla sua gente osannante e, infervorandosi troppo anche per sé stesso, elenca i risultati del suo successo elettorale, concludendo il discorso, dopo aver citato nome per nome i Capi di Governo precedenti tutti quali vincitori di elezioni, con un'espressione davvero inconsueta (e pericolosa) per un uomo esperto di politica. Ha infatti incautamente esordito sostenendo l'esistenza di un' "anomalia" nel sistema spagnolo, se da vincitore delle elezioni non dovesse poter  governare, e quasi minaccia il Psoe di non ostacolare "il governo della Spagna"!

In breve, se non gli si consente di governare, tutta la Spagna cadrebbe nel disordine più assoluto.

Ma è possibile che si possa ancora confondere, anche tra chi per mestiere dovrebbe conoscere le regole, la vittoria elettorale con il diritto/dovere di governare? Quante volte il professor Pasquino deve ancora insistere, spiegando a noi italiani, e aggiungiamo ora anche agli spagnoli, che a varare i governi sono i parlamenti e non gli elettori, uomini e donne? E che per questo motivo sono tutti e sempre governi politici, perché votati in Parlamento?

(Gratta, gratta e spesso sotto un popolare si nasconde un fautore dell'autoritarismo! Quasi una maledizione.)

Forse il popolo spagnolo è più avanti di questo leader "vincitore", e saprà accogliere, con soddisfazione o con disperazione, l'esito, qualunque esso sia, del parlamento spagnolo 

Se non sarà questo leader, dimentico della Costituzione, a governare, potrebbe benissimo essere il suo rivale socialista Sanchez; alla Camera dei Deputati la decisione.

O no?

Severo Laleo

martedì 18 luglio 2023

Antonino, la Nave Spirituale e la “sirena infernale”

 



Antonino, sant’Antonino, uomo di chiesa, arcivescovo di Firenze (1446-1459)

e fondatore del Convento di San Marco, Pierozzi di cognome,

scrive nel 1450 un opuscolo (un trattatello) “La nave spirituale”,

indirizzato alle “donne di Annalena”, una Malatesta quest’ultima,

Anna Elena, orfana da tenera età, cresciuta in casa di Cosimo dei Medici,

vedova giovanissima di Baldaccio d’Anghiari e madre addolorata

per la morte del suo unico figlio ancora bambino.

E perché Antonino scrive questa Nave? Per conforto e guida

proprio della piccola comunità femminile

(le donne di Annalena, appunto) raccoltasi, per fuggire un mondo

non benevolo, nel Palazzo di Annalena, fuori Porta Romana,

successivamente trasformato in monastero.

Con il passar degli anni, “le donne di Annalena” furono ammesse

all’abito delle suore domenicane sotto la regola del terz’ordine

nel 1454, in tutto dodici compagne.

Il nostro Antonino ebbe, nella sua vita di studi morali e di teologia,

di pastore fiorentino, di guida spirituale di anime

un’attenzione non sporadica per “il mondo delle donne della società

napoletana e fiorentina.”

E non solo, indubbiamente. La fama di pastore infaticabile e saggio,

disponibile a intervenire con consigli ponderati nella soluzione delle questioni

della sua arcidiocesi e attento ai poveri vergognosi con l’istituzione

per sua volontà dei Buonomini di San Martino, gli valse il titolo familiare

di Antonino dei consigli.

In questa veste di pastore dai buoni consigli, e di dotto teologo, per richiesta

esplicita, con tanta affezione, di Annalena, si presta a scrivere,

quasi a dispense, semplici e essenziali ammaestramenti (esortazione)

per consolidare nella fede, e nella pratica religiosa,

appunto le donne di Annalena.

La Nave, con tutte le sue parti (timone, albero, vele, etc.), è la metafora

del viaggio di una giovane donna, scelta dal Signore tra il popolo,

verso il porto dove incontrerà il suo fidanzato e celebrerà le nozze,

se avrà saputo mantenere la sua promessa di fedeltà fino in fondo.

E’ perché il viaggio raggiunga il suo porto, servono tutte le necessarie

accortezze durante la retta navigazione: l’Obbedienza (timone), l’Amore/Timore

(i “bracci” del timone), l’Albero (amore di Dio), il Bordone (carità verso 

il prossimo), le Corde (tentazioni), la Vela (speranza), la Gabbia (fede), 

la Lettura santa e devota (carta dei naviganti), l’Orazione (bussola che guarda 

alla tramontana), la Confessione (sentina), l’Umiltà (castello della nave), 

la Perseveranza (àncora), il Dispregio dei sensi (sirena).

(Quanto sopra scritto è tutto ricavato dalle pagine di presentazione/introduzione al libro 
La nave spirituale” di S. Antonino Pierozzi domenicano, Arcivescovo di Firenze” a cura 
di Giacinto D’Urso o.p., edito da Giampiero Pagnini, Firenze, 1998.)



Ebbene, la domanda qui, senza nulla togliere al valore spirituale e religioso 

del testo antoniniano e al suo scopo educativo/esortativo, è semplicemente 

questa: qual è, nel 1450, se è possibile cogliere, la “visione” di un uomo, 

sia pure di Chiesa, nei confronti della donna?

Ecco solo qualche rapida osservazione.


Un popolo di maschi e femmine

Racconta Antonino che il popolo, liberato, dal Signore, dalla schiavitù 

del peccato, gli corre incontro per onorarlo e ringraziarlo; tutto il popolo 

gli corre incontro, scrive Antonino, “tutti, maschi e femmine”, senza differenza

alcuna. Ora, solo in questo brano il popolo per Antonino è l’insieme 

di maschi e femmine, forse strumentalmente specificato, perché tra quel popolo 

il Signore sceglie “una giovane, figliuola d’un povero uomo e molto mal vestita, 

e gli piacque tanto che s’innammorò di lei”.

L’esortazione a ben vivere, scritta per le donne di Annalena, è rivolta anche

al popolo intero. In questo nostro breve cammino, questo poco e breve

tempo che dobbiamo starci”, tutte/i dobbiamo “ingegnarci a spenderlo sempre

in buone opere”; e bisogna “avere pazienza” durante il cammino, senza mai 

perdersi “nelle lusinghe e piaceri che ci porge questo mondo fallace 

e ingannatore”.

In verità per tutto il testo il termine “uomo” è usato per indicare il “genere 

umano”, eppure, in qualche caso, quando è importante sottolineare la totalità 

del genere umano, Antonino usa il termine “persona” (l’amore per il prossimo 

è l’amore verso “ogni persona”) o ancora l’espressione “ogn’uomo 

e ogni femmina” (tutte/i bisogna saper leggere l’insegnamento d’amore 

di Cristo). 

Ma quando parla di resistere alle tentazioni, vien fuori spontaneamente 

l’avverbio “virilmente” (torna più volte l’avverbio, sempre associato alla forza 

di resistenza contro le tentazioni), per dire la straordinarietà della forza 

da usare per non cedere, forza attribuita proprio all’uomo in quanto “uomo”. 

Anzi invita le donne stesse di Annalena a “resistere virilmente” alle tentazioni, 

quasi a negare alle donne una propria forza.


Le nozze

Al di là della metafora, appare evidente che il destino di una donna

-si confermino con Antonino i costumi di un’epoca ancora legata 

alla tradizione-, l’andare in isposa a un uomo, al quale promettere 

e offrire fedeltà totale. 

E’ Antonino comunque un uomo del suo tempo, se ancora conferma,

in passaggio a volo, “la perfidia de’ giudei o de’ pagani”!


I gaudi di Maria

Eppure, almeno in un passaggio, Antonino, dopo aver riempito la sua 

esortazione di esempi provenienti solo da padri, santi e beati, invita 

le sue figliuole dilette a meditare “qualche cosa devota dell’infanzia di Cristo, 

dei gaudi che doveva avere la sua gloriosa Madre nella infanzia di Lui, 

quando l’allattava, quando lo teneva in braccio, quando da lui si vedeva 

servire, sapendo lei che egli era il vero Figliuolo di Dio.”

Non più quindi solo il richiamo alla lotta virile contro ogni tentazione 

di deviazione dalla retta via, ma anche un suggerimento, per il buon esito 

dell’orazione, a meditare sui “gaudi” di Maria.

E a Maria dedica pagine intense. Scrive, in un passaggio, Antonino

E san Bernardo dice: ‘Perché tu, uomo, non eri degno di ricevere 

il Figliuolo di Dio, fu dato a Maria, acciò che per lei e da lei ricevessi 

ciò di cui avevi bisogno.’ Rimane Maria sempre un tramite tra  Dio 

e l’uomo, ma che tramite!


Il rispetto per Annalena

Nella Lettera di indirizzo ad Annalena e compagne è chiaro comunque 

il profondo rispetto con sincera stima di Antonino per Annalena; 

ecco le sue parole a testimonianza: “Questo mio piccolo e rozzo trattatello 

lo indirizzo a voi, Venerabile Madre. Non che io lo scriva a voi, poiché io 

vi conosco come tale che sareste più capacevoi ad istru ire me, che io voi; 

ma l’indirizzo a voi, affinché prima lo leggiate voi, e, se vi pare che ci sia 

qualche cosa utile a sostenere le vostre figliuole, allora lo presentiate loro 

per parte nostra. Ma se conosceste che non facesse per loro, vi do licenza 

che lo stracciate, a patto che voi preghiate per me.

Non pare solo un esclusivo tributo all’umiltà.


La sirena

Nell’ultima parte del trattatello Antonino affronta il problema del resistere 

alla “sirena”, ostacolo finale al raggiungimento del porto. Mai ascoltare 

le sirene -ammonisce il saggio Antonino-, perché portano alla morte.

E qui, a rappresentare le “sirene”, Antonino introduce “alcune secolari 

adornate”; in breve, donne pericolose per altre donne! Ma leggiamo 

direttamente per un lungo brano le parole di Antonino in quanto molto 

significative al nostro fine.

"Bisogna, dunque, essere molto vigilanti, stare attenti e non voler dare occhi 

né consentimento a nessun pensiero carnale e sensuale, che il nostro avversario 

ci mette nella mente, ma scacciarlo subito; e sempre far buona resistenza 

al principio dei pensieri, di non riceverli né dar loro luogo nella mente, 

ma scacciarli subito, perché chi non è così sollecito a fare, è inevitabile che si diletti. 

Il quale pensiero con detta dilettazione genera consenso e, dopo il consenso, 

si passa all'azione. E la consuetudine fa necessità, la quale genera scurrilità 

e sensazione, e detta scurrilità genera ostinazione, e dall'ostinazione viene 

disperazione, e la disperazione alla fine genera morte eterna. Sicché vedete, 

mie, che cosa è non resistere da principio ai pensieri e non voler turarsi gli orecchi 

della mente e non dargli udienza. Similmente, figliuole mie, molto vi incoraggio 

ad avere buona cura dei vostri sensi e massimamente del vedere; quando vedete 

venire al monastero alcune secolari adornate, turatevi gli occhi, perché esse sono 

a voi tutte sirene e vasi pieni di tentazioni. Fuggitele, figliuole mie, come se esse 

fossero dragoni e non v'acostate loro, eziandio se fossero vere vostre parenti. 

Pensate bene allo stato vostro e considerate che se siete spose di Dio, non vi è lecito 

avere familiarità con loro, eccetto quando venisse qualche donna secolare con vestimenti 

onesti, che avesse lo spirito che avete voi, cioè persone che non vi rechino novelle 

mondane, ma che si dilettino di parlare di Dio. Tali donne vi conforto bene 

a conversare con loro e consolarvi, perché molte maritate sono al mondo vestite 

con panni secolari, ma che sono in vita religiosa e fuggono molte volte le conversazioni 

e le tempeste che porge loro a ogni ora questo tempestoso mare di questo misero 

e ingannevole mondo, e vengono a voi, che siete nel porto sicuro e quieto della religione, 

per respirare e confortare un poco le anime loro fracassate dalle tempeste del mondo. 

Queste simili ricevetele con grande riverenza, perché Dio fa miracoli per loro, 

ché le fa ardere del suo amore nelle acque del pelago di questo pericoloso mondo. 

Leggete loro e dite qualche buon esempio, e industriatevi di rimandarle cariche 

di legna spirituali, acciò che con esse possano mantenere il santo fuoco di Gesù Cristo. 

Le altre che conoscete che abbiano spirito mondano, come dissi e di nuovo vi dico, 

fuggitele e siate con loro ben aspre, acciò che non vi tornino più, perché esse sono 

sirene pericolose alle anime vostre. Siatevi care e pensate che siete spose di Dio 

e che avete uno Sposo geloso, che non vuole che amiate né conversiate se non 

con la famiglia sua, cioè con quelle che Egli ha dato dello Sposo suo."

Altro non è da aggiungere. Resta ammirevole la sincerità di Antonino 

quale maestro rigoroso e insieme comprensivo, una guida spirituale 

di grande affidabilità.