lunedì 7 febbraio 2011

Dai "senegalesi" la verità sull'infantilismo del popolo italiano (maschio)


"Capo, un attimo solo, capo..."
"Grazie, capo!"
"Ciao, capo!"
Non ho mai capito perché tutti gli ambulanti di origine africana e non solo,
quando in strada si rivolgono al maschio italiano per aprire un contatto di vendita,
usino, tra l'affettuoso e il canzonatorio, il termine "capo";
forse per ottenere più facilmente udienza, attenzione, buona disposizione d'animo.
Mentre, chissà perché, non usano "capa" per le signore.
Quale sarà la ragione?
Quando e dove hanno concordato tutti insieme gli ambulanti d’ogni paese
di rispettare questa regola generale di chiamata con l’uso del vocativo “capo”?
Non è chiaro.
Forse i “senegalesi” d’ogni terra straniera hanno capito subito l’animo di noi italiani,
hanno intuito la nostra aspirazione a diventare “capi”
e a furia di “capo, capo”, solleticano il nostro infantilismo.
E nessuno di noi, gratificato dal “capo”, riprende: “Non sono capo, sono signor..”!
Confessiamo.
Il popolo italiano (maschio) è per la gran parte ancora un popolo di “capi”,
è un popolo non abituato a confrontarsi alla pari con gli altri,
e per questo, quando non afferra il comando, arretra per viltà a schiavo.
Perché di fronte a un altro “capo” ha sempre paura di perdere,
e per non perdere acquatta a rate la sua intelligenza al potere del “capo”.
E’ la scuola del fascismo, è la scuola del berlusconismo.
Scommetto.
Quando in Italia crescerà la cultura liberale, a destra e a sinistra,
nessun “senegalese” dirà più per strada “capo”.
E sarà il giorno della democrazia tra liberi, senza fascismo né berlusconismo.
O no?

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