sabato 12 febbraio 2011

“In mutande, ma vivi”. E noi si aggiunge: comunque con dignità!




Oggi G. Ferrara ha avuto il suo momento magico di battaglia per un “vivere in mutande”.
E’ stata un’esibizione di allegra vitalità e di "liberale" felicità,
con tante mutande colorate in scena, nel teatro “delle libertà”. Il Dal Verme.
E, nell’ordine, in un crescendo virtuoso e illuminante,
G. Ferrara, nel difendere, in aperta e commovente sincerità, 
“l’amicizia e la collaborazione” con Silvio Berlusconi,
scopre il “moralismo vero”, proprio degli amici del Popolo della Libertà,
contro il “neopuritanesimo ipocrita”, degli intellettuali da “Repubblica”, ieri,
delle masse femminili “usate per scopi politici”, domani;
I. Zanicchi, con grande umiltà, confessa di “aver peccato”, ieri, cantando per i comunisti,
in cambio di molto fruttuoso danaro,
e grida, garbatamente, oggi, in cambio di nulla, per amore di verità,
alle donne del “Se non ora quando?”
di essere “usate per scopi politici e questo fa schifo”.
P. Ostellino, mite e incompreso, illustra, senza titubanze, il “suo” principio
(chiunque ha il diritto di perseguire il proprio ideale di felicità come crede,
senza rispondere ad altro che alla propria coscienza
e alla sola condizione di non arrecare danno ad altri)
e chiude la sua lezione di chiarimento con un testuale (se il Corriere non erra):
“Allo stesso modo mio la pensava Immanuel Kant”.
Una bella festa, comunque di libertà.
Domani le tantissime persone di “Se non ora quando?”, inseguendo il proprio ideale di felicità,
e rispondendo solo alla propria coscienza,
occuperanno, liberamente, centinaia di piazza in tutta Italia
per una battaglia semplicemente per un “vivere civile” e basta,
senza aggiungere altro, in una “società civile”,
nella quale la persona umana è elevata al di sopra di ogni prezzo,
ed è riguardata non come mezzo per raggiungere i fini degli altri
e nemmeno i suoi propri, ma come un fine in sé;
la persona umana possiede una dignità
(un valore interiore assoluto), per mezzo della quale costringe al rispetto di se stesso
tutte le altre creature ragionevoli del mondo
ed è questa dignità che gli permette di misurarsi con ognuna di loro
e di stimarsi loro uguale (in grassetto le parole di Kant).
In breve, ogni uomo, anzi ogni essere ragionevole, come fine in se stesso,
possiede un valore non relativo (com’è, per esempio, un prezzo)
ma intrinseco, cioè la dignità.
O no?
Severo Laleo


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