martedì 6 settembre 2011

Un contributo per la "cultura del limite"

Dal Quotidiano di Lecco on line "La Provincia di Lecco"
del  3 settembre 2011

I sacrifici e la «cultura del limite»
    Cara provincia 
Adesso che la crisi impone di fare sacrifici, l'opinione pubblica, alla ricerca di qualcuno su cui scaricarli, si è improvvisamente accorta che la distribuzione della ricchezza nel nostro Paese tutto è, fuorchè perfetta. Il guaio è che, dopo aver tentato con risultati incerti di far pagare ai ricchi qualcosa in più degli altri, presto ci dimenticheremo del problema e torneremo al campionato di calcio.
Il fatto è che il nostro sistema economico non conosce la cultura del limite. Ci consideriamo un sistema liberista, fondato sulla libertà di impresa, e non ci rendiamo conto che la libertà senza limiti finisce con l'autodistruggersi e col distruggere il sistema in cui si realizza. Ad esempio, il diritto alla proprietà privata, che ci ha distinti per decenni dalle economie marxiste, non può essere illimitato perchè, se così fosse, sarebbe ipotizzabile uno scenario in cui un singolo individuo, magari meritandolo per le sue straordinarie capacità, si appropria di tutto ciò che esiste sulla Terra, in tal modo facendo carta straccia del diritto alla proprietà privata degli altri sei miliardi di esseri umani. Se questo scenario estremo sembra impossibile a realizzarsi, dobbiamo però chiederci se gli scenari meno estremi che di fatto si realizzano sono tutti rispettosi del diritto alla proprietà privata .
In una realtà economica fatta di risorse limitate, non possono esistere diritti illimitati, e la sapienza dei politici sta nell'individuare i limiti: per tutte le persone fisiche e le persone giuridiche, un limite al reddito annuo, un limite alle risorse finanziarie accumulabili, un limiti al valore dei beni mobili e immobili posseduti. Certo, se questo limite viene fissato a zero come avveniva nelle economie marxiste, o comunque a un livello troppo basso, si uccide l'iniziativa privata e il nostro sistema fa la stessa fine delle economie marxiste. Ma se perseveriamo nel non mettere un limite, l'iniziativa privata viene uccisa ugualmente, sostituita dall'iniziativa esclusiva dei gruppi di potere politico-finanziario, e il controllo democratico sullo Stato diventa una farsa. Se a nessuno fosse permesso di possedere più di, poniamo, un milione di euro in contanti, beni mobili e beni immobili, la spinta a lavorare per raggiungere quel limite rimarrebbe comunque e produrrebbe i suoi frutti, mentre non dovremmo discutere sulle reti televisive del nostro primo ministro, non avremmo gli scandali per le tangenti, la mafia sarebbe in mutande, e metà o forse più dei reati non verrebbe commessa. Assisteremmo a una fuga di cittadini verso Stati che non pongono questi limiti? Ben venga!Perchè la voglia di lavorare non ha nulla a che vedere con la voglia di arricchirsi...
Antonio Attanasio

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