giovedì 29 settembre 2011

«Cari Presidi, colpa vostra se l'Italia è un paese per escort»

Condivido, care/i  giovani in formazione, interamente, la vostra lettera di risposta
all’ambigua, e vagamente minatoria, lettera di un po’ di Presidi di Firenze.
E, pur riconoscendo ai Presidi il tentativo di rompere una solitudine reale,
a convincere tutti, e assai,  è soprattutto la vostra conclusione:
"Forse occuperemo, forse metteremo in atto altre forme di protesta
o forse non faremo niente, ma non saranno le Vostre parole a dirci come fare.
Incontriamoci, guardiamoci negli occhi, perché così bisogna fare,
costruiamo insieme, senza ruoli.
Ma niente lezioni e niente moralismi, per favore,
la scuola non ne ha bisogno".
Complimenti! Sono parole di grande maturità. Civile e politica.
E, aggiungerei, proprio l'aver lanciato l’idea di incontrarsi,
di guardarsi negli occhi  (“perché così bisogna fare”),
di dialogare, di costruire insieme, pur ciascuno a mio avviso nel suo ruolo,
è un'idea da “grandi”, e senza volere, sicuramente,
siete riuscite/i  a dare la giusta "linea" ai vostri cari Presidi.
E vedrete, se sono uomini di scuola, e non solo dirigenti di burocrazia,
se sanno guardare alle vostre giovani esigenze di crescere, capire, agire,
accoglieranno il vostro invito.
E forse scriveranno con voi nuove regole nel reciproco rispetto,
perché  capiranno di non aver alcun diritto a dirvi  “come fare”.
P.S.
Solo non condivido il passaggio sulla "bellezza inutile e triste di una escort".
E' segno di un pregiudizio e quasi di razzismo sociale.
La bellezza, di per sé, non è mai inutile, non è mai triste; è indivisibile la bellezza;
la bellezza non sopporta canoni d'obbligo, la bellezza è di/per tutte/i,
la bellezza è pienezza di relazioni alla pari;
solo l'azione di sfruttamento, sia del corpo sia delle menti,
da parte di un potente (qualunque sia la sua "potenza")
nei confronti di chi è nelle condizioni (a prescindere dalle soggettive motivazioni)
di chiedere/avere un qualunque vantaggio,
cancella ogni bellezza.
Una escort, anche quando recita convinta la sicurezza della sua libertà,
è sempre e comunque strumento/oggetto/cosa di volontà altrui,
è sempre dentro un condizionante rapporto impari, 
e ha bisogno quindi di "liberazione".
Se si costruisce insieme una società di liberi e eguali
difficilmente potranno sostanziarsi le condizioni
perché qualcuna/o possa  essere/divenire escort.
O no?
Severo Laleo

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