mercoledì 29 febbraio 2012

La vita ha bisogno di “protesi”.


Un articolo "scientifico" ha aperto un nuovo livello di discussione
http://www.ilpost.it/2012/02/28/aborto-post-natale/2/.
Continuo a tenere il mio "livello". E argomento.
Una delle grandi “scoperte” della medicina è la “protesi”.
E’ un marchingegno esterno, artificiale, da utilizzare,
per rendere, quanto più è possibile, “normale” la continuità della vita.
E ciascuno decide per sé qual è il grado compatibile
di “protesizzazione” (anche estrema) per la propria qualità della vita.
Non so se è già chiaro.
Ma le “protesi”, finora, sono solo di tipo ad personam, dell’io,
dell’individuo, dell’ego, dell’essere nel proprio corpo,
a prescindere dal corpo “sociale”:
l’idea di comunità/collettività/ società  è ormai assente nella nostra cultura
almeno dal punto di vista, non so come dire, “antropologico”,
esiste solo dal punto di vista funzionale/economico,
nel senso di struttura portante/utile all’economia del capitale,
al di là di “persona” e “società”, intesa questa nel senso di unità di vita
della comunità/collettività/ società .
Il pensiero dominante nella nostra società del benessere è crescere
meglio e in fretta; il governo della vita in maniera diffusa
è nel danarismo avvilente.
Se quindi un neonato disabile “ostacola” la mia “salute mentale”,
cioè la mia potenzialità di benessere con relativa potenzialità
di accumulo di beni (danarismo avvilente) può ben essere eliminato.
D’accordo. Sì, d’accordo: la salute mentale di ognuno di noi
è un bene della comunità/collettività/ società .
Un bene da difendere sempre, non solo quando, per nascita,
è interrotta la continuità madre/figlio,
durante la quale, per legge “sociale”, è possibile abortire,
ma anche quando altre cause (miseria e solitudine)
“ostacolano” la “salute mentale”.
Ma a un patto: si producano “protesi” ad societatem, per la vita collettiva,
e si affidi il neonato a questo nuovo marchingegno protesico,
da definire per legge, perché nessuno/a sia solo di fronte alla vita.
E non può essere un’adozione, perché anche l’adozione,
al di là del tasso di generosità umana,
dipende sempre dalle scelte, appunto di generosità, dei singoli
e non è un diritto esigibile da parte dell’adottando
(ma nella questione specifica potrei sbagliare).
Il diritto di esperire la propria vita nel cosmo è un bene da tutelare,
sia pure per scegliere di uscir di vita: e la possibilità di scegliere
è da costruire nel tempo, nel fluire del vivere:
la “protesi sociale” interviene per garantire praticabilità al diritto
E questo vale per tutte le persone, per la  comunità/collettività/ società.
Costruiamo a Firenze, al Meccanotessile, la “Città Sociale”,
per abili e disabili, per figli di “persone” e figli della “società”.
O no?
Severo Laleo

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