sabato 22 dicembre 2012

La favola del padrone




C’era una volta un allegro buon padrone di un partito di servi liberi
che un bel giorno decise di sentire il dovere irresistibile di scendere in campo
per difendere dai comunisti cattivi il Paese che amava con tutto il cuore.
E ogni giorno da giornali e da tv tuonava, con quanto fiato aveva in gola,
Basta tasse… è necessaria una rivoluzione liberale…
è già pronto un milione di posti di lavoro… il merito innanzitutto,
a scuola e nel mercato…e libertà per tutti…
Tutti gli elettori, armati di voto, accolsero con entusiasmo il suo gridare,
e quando, giunto il momento, chiesero  conto dei proclami,
si trovarono senza rivoluzione liberale, sempre con le tasse, senza il milione
di posti di lavoro, con un immeritevole ministro del merito,
con l’ingabbiamento subdolo della libera concorrenza nel mercato,
con la libertà per tutti ma tagliata su misura ai giudici.
Un quasi scherzo di cattivo genere.
Ma gli elettori, e spesso  è capitato nella serva Italia, ingenui e creduloni,
c’erano cascati. E del correre a votare s’erano pentiti.
Ora quel padrone è tornato a tuonare, e di nuovo urla la sua voce,
la voce del padrone,  per richiamar gente in quantità,
e già corrono in tanti ad ascoltare il ritornello “come prima, più di prima”.
E in tv e nei giornali al centro domina l’allegro buon padrone,
obbligato per irresistibile dovere a scendere in campo contro la sinistra.

Forse, se si fosse semplicemente tutti contadini, fini e civili,
a vuoto griderebbe quel padrone di pecore e senz’alcun ascolto.
O no?
Severo Laleo

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