Bersani,
comunque vada, avrà il merito di aver spalancato la porta, in questo nostro
Paese di pastette, a:
1. un dibattito politico pubblico, aperto, spesso
bollente, a volte sofferto, persino in streaming;
2. un processo, per ora iniziale, di trasparenza/libertà
dell’agire politico, anche attraverso un rinnovamento della classe dirigente,
e di presenza di donne, in Parlamento di significativo
rilievo;
3. un cammino, in una parola, verso il “nuovo”, una democrazia, cioè, a misura di persone, oltre le
prepotenze dei tanti burattinai della politica degli ultimi vent’anni;
4. una vittoria, sia pure parziale, di un programma
di centrosinistra,
senza ambiguità.
Perché:
Bersani,
pur designato per statuto candidato premier, ha chiesto
e ottenuto le primarie: e ha aperto seriamente
un dibattito serrato
nel Pd, alla luce del sole;
Bersani
ha vinto le primarie: e ha proposto e ottenuto
il rinnovamento serio della rappresentanza
parlamentare
(più di quanto un “segretario” o “leader”, nel
presente e nel passato,
abbia mai realizzato);
Bersani
è il primo segretario Pd a ottenere l’incarico di formare
un governo, solo per un favorevole esito
elettorale: e ha proposto, con sicura insistenza, un serio governo di
cambiamento,
oltre il berlusconismo, in linea con il
risultato elettorale generale;
Bersani,
per il suo insistente atteggiamento di rifiuto delle larghe intese per un
governo insieme a Berlusconi, ha subito attacchi
un po’ da tutti, anche insultanti, da
destra, dal centro, dal M5S
e da parte del suo partito: ed è stato
richiesto/pregato di accogliere
le larghe intese pur di far presto (la
retorica del far presto ha anche raggiunto livelli insopportabilmente inutili e
strumentali, alla Renzi);
Bersani,
incontrando Berlusconi, a
prescindere, immagino,
dalle insistenze dei tantissimi larghintesisti, si lascia proporre,
dal Cavaliere, per il Quirinale, un nome, Marini: e ottiene una rivolta nel suo
partito, efficacemente ampliando così, alla luce del sole,
la schiera libera e senza paure dei
contrari a un accordo di governo con Berlusconi.
E’ la vittoria di una linea politica, chiara,
coraggiosa, svelatrice, e di rottura, di ogni disegno conservatore, al di là
della “carriera”
di Bersani
(e non riesco a immaginare un Bersani
non statista).
Comunque vada, Bersani ha contribuito, non senza qualche cedimento, a trasformare
l’agire politico, e soprattutto a “svecchiare”
questo nostro Paese di pastette, e sempre a rimorchio di Berlusconi.
Oggi forse non è più così. Comunque vada,
anche con Marini (meglio senza).
O no?
Severo Laleo
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