mercoledì 3 aprile 2013

Renzi, il futuro è slow




Il mondo giovanile di oggi, trentenni inclusi, ha un’allegra, moderna
e irriflessiva fissazione per la velocità.
E’ una generazione quasi schiava della rincorsa alla velocità,
specie se si tratta di ADSL, fino a 100Mbs.
Anche Renzi è giovane, e la sua voglia di correre si spinge dall’ADSL 
fin nella Politica.
Ecco la sua recentissima affermazione: “Stiamo vivendo una situazione
politico-istituzionale in cui stiamo perdendo tempo,
e questo mentre il mondo ci chiede di correre
a velocità doppia”. A onor del vero, pur avendo elogiato
la “velocità doppia”, con più saggezza, Renzi conclude:
Io non so quale sia la soluzione per il futuro”. Bene, è segno questo,
per fortuna, dell’esistenza anche di una velocità compressa,
propria del “non so”.

In realtà, la velocità in politica non è di per sé una strada
per la soluzione dei problemi, specie in tempi di obbligati rivolgimenti
e di non avventati “cambiamenti”. E' solo un metodo.
La virtù di fondo, per cambiare, se non è l’”ostinazione” - Bersani insegna-,
sicuramente è la “pazienza”.
Così almeno canta un Gigi Proietti simpatizzante rivoluzionario:
E’ inutile che provochi/A me nun me ce freghi
La gatta presciolosa/Fece li figli cechi
Sei troppo sbaraglione/Co te nun me ce metto
Io batto n’artra strada/Io ciò pazienza aspetto.

La politica ha i suoi tempi, sempre, e la velocità è solo una variabile.
E la vita, si spera, avrà un futuro slow. Anzi, un futuro semplice:
più lenti, più profondi, più dolci (Alex Langer).

O no?
Severo Laleo

P.S. Con l'intervista di oggi al Corriere è arrivata anche la metafora
del calcio, ieri, per la meraviglia di molti, assente: "..si sta facendo melina".
Il quadro ora è completo. Eppure un Paese civile non ha bisogno di altri leader, 
decisionisti e frettolosi, ha bisogno di "più partito" e di estendere la pratica 
democratica, propria dei partiti moderni, anche alle altre forze, a finta democrazia.
Il male della nostra democrazia ha il nome di leader ademocratici
Bossi, Berlusconi, Casini, Di Pietro, Fini, Monti, persino Vendola
e ora Renzi. Solo il solitario Bersani resta un "segretario" al servizio del Paese.
Basta, imparino i "cittadini", meglio le persone, a "contare", 
con la partecipazione democratica diretta, non solo in rete,
ma anche con scambi "conviviali", magari con nuove regole di trasparenza 
e nuovi metodi di selezione (ad. esempio anche il sorteggio), e rifiutino l'idea 
di risolvere i problemi del Paese con la scelta di un leader, guarda caso sempre 
un maschio da noi, al quale affidare le meravigliose decisioni


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