Ora tutti contro il Pd. E Bersani. Va bene. Tanto è il ritornello
più diffuso in ogni capannello reale e
virtuale. Un ritornello scaturente
da un vecchio modo di leggere la politica.
Eppure i fatti di oggi non si possono
leggere con le idee di ieri.
Forse è possibile anche una nuova lettura
dei fatti.
Una lettura, tutto sommato, che intravede
nelle convulsioni
dei grandi elettori un inizio di incremento
di democrazia.
Se
il Paese è cambiato, e Grillo è là a
gridarlo/dimostrarlo
in
ogni piazza, è cambiato anche il Pd. E’ cresciuta una voglia,
spesso matura, non solo di partecipazione, ma anche di voler “contare”
nelle decisioni. Le persone parlamentari del Pd sono
già il risultato di un cambiamento nei
rapporti tra elettori ed eletti.
E sono, in qualche misura, portatrici di “grillismo” senza rete,
ma con un forte legame
con le persone del territorio.
Conseguentemente sono cambiati anche i
rapporti politici
nelle dinamiche di partito .
In verità, il reale cambiamento è nella
libertà di espressione politica
del singolo. Una libertà personale forte, in
relazione di ascolto non tanto
con le decisioni di riunioni di partito, quanto
con le richieste degli elettori.
Il Pd si è rinnovato al 70%, e ha una consistente
presenza femminile
(se ricordo bene): le convulsioni sono quindi un segno vero di
vitalità
e cambiamento.
Nel Pd, è fin troppo semplice, non si vuole
votare Marini, anche
se il segretario, il mite Bersani, ha un accordo con il Pdl;
nel Pd, è fin troppo semplice, non si vuole
votare Prodi, anche
se il segretario, il mite Bersani, rompe con il Pdl.
Non si vuole Marini, non si vuole Prodi.
Semplicemente.
E il necessario consenso non arriva. L’abitudine
al silenzio ubbidiente,
per fortuna, non esiste più. Ma non esiste ancora il
coraggio di parlar
con chiarezza democratica. Dov’è la caduta? Dove il terribile scandalo?
Dove l’errore di Bersani? Nel suo credere nel cambiamento?
A me
questa libertà di espressione del voto in dissenso
pare un felice compimento del cambiamento ,
una prova
di nuove, in carne ed ossa, presenze
pensanti, spero libere,
all’interno del Pd; ed è anche un merito di Bersani; non posso credere
che giovani
parlamentari elette/i per la prima volta
siano già schiave/i di qualche capo
corrente, pronte a giocare
per lotte intestine sul futuro del Paese. Se fosse
così la libertà del paese
sarebbe a rischio. E tutto il nuovo, Renzi e renziani, sarebbero
una bruttissima
copia del già visto. Al contrario credo sia tutto una naturale
conseguenza
della preziosa libertà del cambiamento,
da coltivare, da riempire di condivisione,
da elevare a bene comune,
da trasformare in servizio nell’interesse generale.
Voglio quindi sperare in un’uscita dalla
crisi nel Pd con un incremento
di democrazia. Anche perché il futuro non sarà d’ora
in poi nell’abilità di un leader, qualunque
nome porti, ma nell’aggregarsi
del
libero convincimento di ogni singola persona parte integrante
del circuito
decisionale. Una specie di democrazia diretta, non di
rete,
ma di relazioni tra persone civili.
O no?
Severo Laleo
P.S. Un'ultima cosa: ritengo non
giustificabile, qualunque sia l’intenzione,
la pratica, inaugurata da SEL, la mia parte, di
far riconoscere il voto
dei grandi elettori, attraverso la scelta
di scrivere “R. Prodi” nella scheda elettorale.
In una società civile e moderna la dignità
del voto segreto deve essere
sempre rispettata, a prescindere, e la sinistra
non può essere prigioniera,
se vuole costruire una società “conviviale”, della
solita e vecchia (sotto)cultura
italiana del sospetto, con l’aggravante di vent’anni
di berlusconismo.
Mannaggia, forse se si fosse resa obbligatoria nelle scuole,
con una semplice ora settimanale, l'educazione etico-politica,
oggi, saremmo un
Paese esente dal ricorrere a stratagemmi per….
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