giovedì 2 ottobre 2014

Il futuro è la libertà di licenziare (d’accordo il vecchio Caltagirone)



La CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL'UNIONE EUROPEA 
è stata approvata, pur riprendendo e adattando la Carta già proclamata 
nel dicembre del 2000, solo quattro anni fa. Nel 2010. Non è ancora vecchia.
Eppure non appare nelle nostre discussioni sulla riforma del lavoro
e sull’art. 18, anche se l’Italia è tra i Paesi fondatori dell’Europa.

Il nostro Premier (nel suo ruolo di avamposto rivoluzionario), socialista 
europeo, continua a battersi, senza argomentare e spiegare,  per la certa
libertà dell’imprenditore di poter licenziare”; e aggiunge, per evitare 
di non essere compreso, una precisazione: ”l’art.18 per gli imprenditori 
è una mancanza di libertà”. 
E subito ottiene, il socialista europeo, il plauso da robusti esponenti
dei “poteri forti” (per fortuna anche di Caltagirone).
E conseguentemente, al di là delle annunciate, e non ancora definite, 
tutele venture per i lavoratori -della cui libertà nessuno pare interessato 
in questi nuovi tempi di rivoluzioni- è difficile dubitare da che parte 
si sia accomodato il Premier.
Sicuramente con il nuovo e con il futuro. E con Caltagirone.

Ma al di là del gioco polemico, se si interiorizzano almeno tre degli articoli 
della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, forse il dibattito 
potrebbe giungere a più moderni e nuovi risultati. Per il bene di tutti.

 L’articolo 16 della Carta (Libertà d'impresa) recita: “È riconosciuta 
la libertà d'impresa, conformemente al diritto dell'Unione e alle legislazioni 
e prassi nazionali”.
Chiarissimo: la libertà dell’imprenditore, e si potrebbe dire
di chiunque altro, ha sempre i suoi limiti; in questo caso, nel diritto dell’Unione
(per noi, utilizzatori di lavoro nero, è quasi una fortuna) e nelle legislazioni 
e prassi nazionali; in ogni caso non può dirsi libertà  la “licenza” di ledere 
la libertà altrui, mai (e i socialisti credo sperino in un’estensione del principio 
dappertutto nel mondo).

L’articolo 30 della Carta (Tutela in caso di licenziamento ingiustificato) recita: 
Ogni lavoratore ha il diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato, 
conformemente al diritto dell'Unione e alle legislazioni e prassi nazionali”.
Chiarissimo: ogni lavoratore (e non questo sì e l’altro no),
ogni lavoratore, senza eccezioni, ha diritto alla tutela, e non domani, ma subito,
sin dall’inizio del rapporto di lavoro, contro ogni licenziamento ingiustificato.

Forse è dovere dei governanti, al termine di un ampio dibattito,
e nel solco -soprattutto se i governanti si sentono “riformisti”-
di un cammino di civilizzazione della società, sia riempire
di senso il diritto alla “tutela”, nel rispetto dell’art. 1 della Carta
(La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata
e tutelata), sia definire precisi contorni per l’area
dell’ “ingiustificato licenziamento”.

O no?

Severo Laleo

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