Solo un
filo di ragionamento,
con un
occhio alla “cultura del limite”,
alla
cultura cioè di un “alt”, di un “fermarsi” del Potere
dinanzi alla
violenza, alla tracotanza, all'andare oltre il limite,
oltre il
lecito, oltre il legittimo, in una parola, dinanzi alla hybris.
Specie se
il Potere vuol essere espressione di
democrazia.
I fatti. De Gennaro, nato nel 1948, quest’anno,
quindi, in età
di
pensione (ma il pensionamento, in una società civile attenta
al “limite”, attenta cioè a valutare il “lavoro” solo quale componente
temporanea
della vita, non dovrebbe essere per tutti,
senza esclusioni,
obbligatorio a una certa età, seppure differenziata
per settore di impiego? Nella
Chiesa il “limite” massimo,
per i
Cardinali, è 75 anni, nella Repubblica Italiana non esistono limiti, mah!),
De Gennaro, dunque, ai tempi dei fatti del
G8 di Genova
e dell’irruzione
alla Diaz, era il Capo Responsabile
della Polizia
di Stato. Oggi, per la sentenza di condanna dell’Italia
da parte
della Corte Europea
dei Diritti Umani di Strasburgo,
quell'irruzione della Polizia, alle
dipendenze sempre del Capo
De Gennaro, nella scuola
Diaz, la notte del 21 luglio 2001,
durante il G8 di Genova, “deve essere qualificata come tortura”.
Una condanna all’unanimità. Senza appello.
Chiunque oggi incontri De
Gennaro, al di là del giudizio
intorno alla persona, non in discussione, può sempre dire:
“Ecco il Capo della Polizia responsabile, consapevole
o inconsapevole, della tortura nella scuola
Diaz”.
Ricordare la sua assoluzione nel processo in Italia per
salvare
De Gennaro dalle dimissioni
è fuori luogo, non ha senso:
un condannato, a rigore anche in Italia, non può diventare
un Manager di Stato. O no?
In qualsiasi Paese civile il responsabile “Capo” di una tortura
perpetrata ai
danni di cittadini indifesi sarebbe già dimissionario,
al di là del timido richiamo alla “coscienza” di una rottamatrice
di razza, qual è la Serracchiani e al di là dell’inutile richiamo
all'assoluzione del Presidente dell'Autorità
Nazionale Anticorruzione,
Cantone.
Ma il problema non è di una “coscienza”, o di un’assoluzione,
è semplicemente delle Istituzioni,
del Governo, in particolare,
se non vuole alimentare il sospetto di complicità. Grave.
E il sospetto esiste, se è sordo, il Governo, anche alle
parole
del pm Enrico Zucca:
“I
fatti sono gravissimi per l'Italia
perché hanno visto coinvolti i vertici delle
forze
di polizia che hanno ricevuto in questi anni
attestati di stima
e solidarietà come se non fossero stati
coinvolti da questi fatti.”
E De Gennaro, indubbiamente, non conosce limiti.
Orfini, Presidente
del Pd, conosce sì i limiti e
afferma:
“Lo dissi quando fu nominato e lo ripeto oggi dopo la sentenza.
Trovo vergognoso
che De Gennaro sia presidente di Finmeccanica”.
Vergognoso, per le Istituzioni, s’intende. Bene. Bravo. Ma
appena
è sconfessato dal suo Segretario di Partito, il rottamatore
per antonomasia, su una questione cruciale per l’etica
pubblica,
subito s’adegua/acquatta con un: “Resto
della mia idea:
il cambiamento
che il Pd sta promuovendo nel paese non dovrebbe
fermarsi di fronte alla porta dei soliti noti”. Ma resta, purtroppo,
anche l'Orfini, al di qua della porta, ubbidiente, dimostrando
di non conoscere il limite della sua
dignità politica
(non si può essere complici di scelte vergognose!).
Infine il Presidente del Consiglio, Renzi, un altro Capo Responsabile,
all'indomani della sentenza, invece di preoccuparsi,
chiedendo le dimissioni di De Gennaro, di
salvare l’integrità civile
della democrazia del suo Paese e l’integrità della libertà
di manifestazione delle persone del suo Paese,
e insieme la sua presentabilità etica all’estero, si
preoccupa,
da vecchio Capo, tetragono al rispetto del diritto del
dissenso,
limite
invalicabile in ogni Paese civile dell’Europa,
si preoccupa, ripeto, degli
affari di Finmeccanica.
E blinda l’ex Capo della Polizia con un semplice: “Il governo
riconferma con convinzione la propria fiducia nei vertici
di
Finmeccanica e segnatamente di Gianni De Gennaro.”
Senza limiti, appunto, contro
il bene delle nostre Istituzioni.
Forse il
Potere, almeno in Italia, è losco. Sempre.
Qualunque
sia il “verso”!
E forse i
nostri governanti hanno tutti bisogno di iniezioni
di cultura
liberale. Nel senso di cultura delle istituzioni
e di cultura del limite. Per superare una volta per tutte
la diffusa (in)cultura di "Capi" sempre a cavallo.
O no?
Severo
Laleo
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