lunedì 5 marzo 2012

I segretari d’Italia… in cucina e a tavola



E’ vero, non sarà stata un’espressione di felice grazia,
anzi ha tutto il sapore verace della popolanità compagnona,
ma il nostro ex Premier, proprietario, per ora, almeno, del Pdl,
quando ha deciso di chiarire, precisando, il suo messaggio,
dopo aver lanciato la sua solita incompresa dichiarazione,
ha così colpito le lavoratrici  e i lavoratori della stampa:
“Alfano e’ bravissimo: e’ una persona colta, intelligente e leale
e quanto a segretari o sottosegretari, a colazione, a pranzo e a cena
si mangia tutti gli altri segretari d’Italia”. E giù sorridendo beato.
L’espressione, nei suoi accenti di simpatica smargiassata,
è stata comunque nei titoli di tutti i giornali. Perché?
Perché, per stile, “appetibile”, appunto, non certamente
per un qualsivoglia utile giudizio politico di merito:
Alfano [il leale Alfano!] si mangia tutti gli altri segretari d’Italia!”
Eppure la dichiarazione e il suo rilievo sulla stampa svelano insieme
quel che conta davvero in politica, e non solo nei pressi del PDL:
la “potenza” del leader, a prescindere. E la sua capacità di cucinarsi,
in un modo o nell’altro, i suoi rivali, senza soffrir limiti,
tanto, soprattutto in Italia, si può.
Tutta la lotta politica da noi pare chiusa nella ricerca ossesiva di Leader.
E, purtroppo, di questi tempi, in cucina, c’è un affannarsi di soli uomini,
pronti a cucinarsi e a mangiarsi a vicenda. A tavola.
E, forse dietro queste espressioni di infantile cannibalismo c’è la storia lunga
del maschilismo militante nostrano con le sue ademocratiche conseguenze.
O no?
Severo Laleo  


sabato 3 marzo 2012

Dignità delle persone: il reddito minimo garantito diritto di civiltà

L’introduzione di un reddito minimo garantito
(in linea con la risoluzione del Parlamento europeo che chiede agli Stati membri 
di inserire questa misura pari al 60% del reddito mediano nazionale)
è uno dei modi più efficaci per contrastare la povertà,
promuovere l’integrazione sociale
e garantire una qualità di vita adeguata alla dignità delle persone.
Un reddito minimo garantisce l’autonomia e la libertà di scelta,
toglie dalla ricattabilità del lavoro nero e dello schiavismo,
permette a una generazione di compiere scelte
non dettate dalla condizione economica della propria famiglia
e di avviare un percorso di crescita formativa, professionale e di vita
con una minima rete di protezione sociale.
Il reddito è il perno di un nuovo modello di Stato sociale,
basato su forti diritti di cittadinanza e su un rinnovato diritto al lavoro.”

Per ora, è il testo di un manifesto*, ma se tutte le persone giovani,
al di là delle collocazioni contingenti nella geografia dei partiti,
alleate contro gli sprechi per la velocità delle merci
a favore di un investimento per la serenità delle persone,
si battessero, subito e con continuità, per conquistare
il reddito minimo garantito,
la realizzazione dell’homo dignus aprirebbe a una nuova civiltà.
O no?
Severo Laleo

*Ieri la precarietà ora la vita. Manifesto contro la precarietà, a cura di SEL.


Dignità nel nascere, dignità nel vivere



Art. 1 della Dichiarazione Universale(1948):
"Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti..." 
E' l'esordio, nella storia del mondo, dell'homo dignus.

Forse è tempo, ora, di costruire le condizioni reali, nel mondo,
perché l’homo dignus, per nascita, possa anche condurre
la sua vita in dignità, primo diritto di civiltà.
O no?
Severo Laleo.

giovedì 1 marzo 2012

Il “limite” nella “paga” e la mitezza sociale: dal manager di Stato al reddito di cittadinanza

Riporto dal Corriere della Sera:
“Le commissioni Affari costituzionali e Lavoro della Camera hanno detto sì a larga maggioranza all'introduzione del tetto agli stipendi dei manager della Pubblica amministrazione …Il tetto è stato fissato a circa 300 mila euro, pari allo stipendio del primo presidente della Corte di Cassazione e vale per i dipendenti pubblici che rivestono posizioni di vertice. La Lega ha votato contro, mentre il ministro … 
Filippo Patroni Griffi, ha detto: «Andremo fino in fondo su questa linea».”
Il governo Monti ha un procedere davvero diverso dai tanti governi
della storia repubblicana. E’ terribile, riesce, da una parte, a infliggere,
sbagliando di grosso e per l’ideologia dei conti,
sofferenze reali a troppe persone senza tutele;
e, dall’altra, riesce a seguire una linea di “civiltà”, a volte,
oltre i valori liberali. E’ il caso del limite, a 300 mila euro,
per gli stipendi dei manager di Stato.
Bravo governo Monti/Bertinotti! Sì, perché, se non erro,
solo Rifondazione Comunista, anni addietro, riuscì a raccogliere firme
per una legge di iniziativa popolare in questa direzione;
a memoria, il limite era dato, allora, da un tetto stipendiale non superiore
di dieci volte il salario minimo di Stato. Ma potrei sbagliare.
Per la mission (si fa per dire!) di questo blog,
la notizia è di grande rilievo, non in sé, ma per il suo indotto pedagogico.
Dal grido “più soldi per tutti”, comunque, anche navigando in cricca,
al più mite “un tetto per tutti” (per la gioia degli homeless!).
Una rivoluzione!
Eppure, per dare un senso alla cultura del “limite”, è d’obbligo
avere un altro punto di riferimento, verso il basso.
Se è lecito, ed è lecito, fissare un limite alla “ricchezza” di una retribuzione,
appare al pari lecito, ed è lecito, fissare un limite alla povertà/assenza
di retribuzione: per realizzare mitezza sociale il governo Monti
dovrà presentare, subito, una proposta, in proporzione,
 di reddito minimo garantito o di cittadinanza.
O no?
Severo Laleo

mercoledì 29 febbraio 2012

2. La vita ha bisogno di “protesi”.


Continuo a leggere da “Il Post”:
Dopo l'articolo sull'"aborto post-natale" il direttore
della rivista scientifica Journal of  Medical Ethics risponde
alle violente proteste e minacce contro i due autori italiani”.
E scrive: “Quello che è sgradevole non sono le opinioni
di questo articolo, né la sua pubblicazione in un giornale di etica.
Sono le ostili, violente e minacciose risposte che ha ricevuto.
Più che mai, la discussione accademica e la libertà sono minacciate
da fanatici che si oppongono ai valori di una società liberale
Quello che la risposta a questo articolo rivela, attraverso le lenti del web,
è il profondo disordine del mondo moderno.
Non che qualcuno abbia opinioni a favore dell’infanticidio,
ma il profondo contrasto che oggi esiste tra i valori liberali
e l’opposizione fanatica a ogni tipo di discussione razionale”.

Escludendo il fanatismo (non è affare umano),
il problema è, e il tempo è ora, di inglobare, sì, i valori liberali,
solo attraverso i quali la “persona” raggiunge la sua “maturità civile”,
ma soprattutto di immaginare/esprimere i nuovi valori “comunitari”,
per aggiungere alla “maturità” delle “persone” la “maturità” della “società”.
Il bene della madre e della famiglia è importante
quanto il bene della “convivialità”: star bene insieme,
tutti, autonomi e “protesizzati”, nell'accoglienza, senza eliminazioni.
Basta attrezzarsi in civiltà.
Quel profondo disordine del mondo moderno, per un caso,
suggerisce alla mia memoria di studente la risposta di E. Mounier
al  disordine stabilito con il personalismo comunitario.
Per estendere i diritti oltre i valori liberali, la strada è già aperta.
Basta avere il coraggio 1. di estendere, sul piano teorico,
la piattaforma della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani;
2. di rendere praticabile, in tutto il mondo, ricco e misero,
il complesso dei diritti ora in vigore.
O no?
Severo Laleo

La vita ha bisogno di “protesi”.


Un articolo "scientifico" ha aperto un nuovo livello di discussione
http://www.ilpost.it/2012/02/28/aborto-post-natale/2/.
Continuo a tenere il mio "livello". E argomento.
Una delle grandi “scoperte” della medicina è la “protesi”.
E’ un marchingegno esterno, artificiale, da utilizzare,
per rendere, quanto più è possibile, “normale” la continuità della vita.
E ciascuno decide per sé qual è il grado compatibile
di “protesizzazione” (anche estrema) per la propria qualità della vita.
Non so se è già chiaro.
Ma le “protesi”, finora, sono solo di tipo ad personam, dell’io,
dell’individuo, dell’ego, dell’essere nel proprio corpo,
a prescindere dal corpo “sociale”:
l’idea di comunità/collettività/ società  è ormai assente nella nostra cultura
almeno dal punto di vista, non so come dire, “antropologico”,
esiste solo dal punto di vista funzionale/economico,
nel senso di struttura portante/utile all’economia del capitale,
al di là di “persona” e “società”, intesa questa nel senso di unità di vita
della comunità/collettività/ società .
Il pensiero dominante nella nostra società del benessere è crescere
meglio e in fretta; il governo della vita in maniera diffusa
è nel danarismo avvilente.
Se quindi un neonato disabile “ostacola” la mia “salute mentale”,
cioè la mia potenzialità di benessere con relativa potenzialità
di accumulo di beni (danarismo avvilente) può ben essere eliminato.
D’accordo. Sì, d’accordo: la salute mentale di ognuno di noi
è un bene della comunità/collettività/ società .
Un bene da difendere sempre, non solo quando, per nascita,
è interrotta la continuità madre/figlio,
durante la quale, per legge “sociale”, è possibile abortire,
ma anche quando altre cause (miseria e solitudine)
“ostacolano” la “salute mentale”.
Ma a un patto: si producano “protesi” ad societatem, per la vita collettiva,
e si affidi il neonato a questo nuovo marchingegno protesico,
da definire per legge, perché nessuno/a sia solo di fronte alla vita.
E non può essere un’adozione, perché anche l’adozione,
al di là del tasso di generosità umana,
dipende sempre dalle scelte, appunto di generosità, dei singoli
e non è un diritto esigibile da parte dell’adottando
(ma nella questione specifica potrei sbagliare).
Il diritto di esperire la propria vita nel cosmo è un bene da tutelare,
sia pure per scegliere di uscir di vita: e la possibilità di scegliere
è da costruire nel tempo, nel fluire del vivere:
la “protesi sociale” interviene per garantire praticabilità al diritto
E questo vale per tutte le persone, per la  comunità/collettività/ società.
Costruiamo a Firenze, al Meccanotessile, la “Città Sociale”,
per abili e disabili, per figli di “persone” e figli della “società”.
O no?
Severo Laleo

martedì 28 febbraio 2012

2. Bossi, Belsito, Berlusconi, Ferrara … la Politica è altrove: oltre le novelle!



Riporto dal Corriere la seguente dichiarazione (si fa per dire!)
del Capo della Lega della “Padania”, Umberto Bossi:
«I giudici non sono ciechi e sordi, vivono anche loro il momento politico.
Berlusconi è stato abile, pensavo che fosse condannato,
invece i suoi voti sono determinanti per il governo.
Magari non aveva commesso niente, come sosteneva lui,
però vista da fuori è una brutta impressione».
In breve, sarà anche una brutta impressione, ma Berlusconi,
grazie a giudici “vedenti e udenti”, ammicca il Bossi, se l’è cavata.
E “cavarsela – aggiunge, non pago, Ferrara Giuliano- vuol dire tante cose.
Vuol dire essere furbi, ricchi, sfrontati … e vincere i processi
in un modo o nell’altro … Cavarsela, come nelle novelle del Boccaccio
e nel romanzo di Cervantes, vuol dire mettere l’ironia,
il chiasso del carattere, una sottile forma di saggia follia,
al posto della cupa malinconia di un regime istituzionale vizioso,
ma senza scampo.” Non se ne può più!
I politici italiani illiberali, soprattutto i “nuovi” illiberali politici,
insieme ai  nuovi estrosi profeti della libera servitù,
non riescono proprio a capire la neutralità dell’agire professionale
e non sanno cogliere la “grazia”, non cupa, non malinconica,
ma positiva, e benigna,  e sorridente, e libera, e competente,
senza chiasso e senza follia, semplicemente pulita,
dell’agire istituzionale dei nostri Giudici.
I  “nuovi” illiberali politici alla Bossi, alla Berlusconi,
non sopportano la scelta di “servizio” degli uomini di Stato,
a nessun livello: perfino i medici, se complici, tendono a imbrattare
con i loro colori a tinte forti e a note alte.
E per Berlusconi le “scuole superiori” sono “poteri forti” in mano alla sinistra!
Abituati a dare e a avere, abili nel saccheggio, e nel raggiro
(innalzare al cielo limpida l’ampolla del Po e correre in Tanzania!),
abituati a cedere/scambiar di tutto, pur di “comandare”,
non sono in grado, dal profondo, di comprendere
il ruolo di chi, giudice, medico, docente,  nel lavoro segue una bussola
di altra cifra: la propria coscienza, professionale e non solo.
E trattano gli altri sempre e solo da sudditi. Amici, ma sudditi.
Grazie a Berlusconi e ai suoi governi, e ai suoi alleati,
e ai suoi clienti, e al suo torbido linguaggio (invidia, odio, amore),
e ai suoi soldi, e alle sue “reti”, e all’atavico italian servaggio,
e al suo profeta estroso e, appunto, “servo libero”,
tutto in  Italia è stato trasformato in merce di scambio,
oltre tutto fuor di ogni regola, ad libitum.
Basta! Le dichiarazioni di Bossi, di Berlusconi, di Ferrara,
e di tanti altri, dovrebbero servire da testo di studio
per i giovani impegnati oggi in politica,
perché imparino a distinguere, a volte aperto, a volte oscuro, a volte latente,
l’arte della politica dal mercimonio.
O no?
Severo Laleo

1. Bossi, Belsito, Berlusconi, i giudici…la Politica è altrove!


Riporto dal Corriere la seguente dichiarazione (si fa per dire!)
del Capo della Lega della “Padania”, Umberto Bossi:
«I giudici non sono ciechi e sordi, vivono anche loro il momento politico.
Berlusconi è stato abile, pensavo che fosse condannato,
invece i suoi voti sono determinanti per il governo.
Magari non aveva commesso niente, come sosteneva lui,
però vista da fuori è una brutta impressione».
Non se ne può più!
I politici italiani illiberali, soprattutto i “nuovi” illiberali politici,
non riescono proprio a capire la neutralità dell'agire professionale.
A nessun livello: anche i medici, complici, imbrattano con i loro colori.
Abituati a dare e a avere, abili nel saccheggio,
abituati a cedere su tutto, pur di “comandare”,
non sono in grado, dal profondo, di comprendere
il ruolo di chi nel lavoro segue una bussola di altra cifra:
la propria coscienza, professionale e non solo.
E trattano gli altri sempre e solo da sudditi. Anche i giudici.
Grazie a Berlusconi e ai suoi governi, e ai suoi alleati,
e ai suoi clienti, e al suo torbido linguaggio (invidia, odio, amore),
e ai suoi soldi, e alle sue “reti”, e all’atavico italian servaggio,
tutto in  Italia è stato trasformato in merce di scambio,
oltre tutto fuor di ogni regola, ad libitum.
Basta!
Le dichiarazioni di Bossi (e di tanti altri) dovrebbero servire da testo di studio
per i giovani impegnati oggi in politica,
perché imparino a distinguere l’arte della politica dal mercimonio.
O no?
Severo Laleo