Riporto dal Corriere della Sera:
“Le commissioni Affari costituzionali e Lavoro della Camera hanno detto sì a larga maggioranza all'introduzione del tetto agli stipendi dei manager della Pubblica amministrazione …Il tetto è stato fissato a circa 300 mila euro, pari allo stipendio del primo presidente della Corte di Cassazione e vale per i dipendenti pubblici che rivestono posizioni di vertice. La Lega ha votato contro, mentre il ministro …
Filippo Patroni Griffi, ha detto: «Andremo fino in fondo su questa linea».”
Il governo Monti ha un procedere davvero diverso dai tanti governi
della storia repubblicana. E’ terribile, riesce, da una parte, a infliggere,
sbagliando di grosso e per l’ideologia dei conti,
sofferenze reali a troppe persone senza tutele;
e, dall’altra, riesce a seguire una linea di “civiltà”, a volte,
oltre i valori liberali. E’ il caso del limite, a 300 mila euro,
per gli stipendi dei manager di Stato.
Bravo governo Monti/Bertinotti! Sì, perché, se non erro,
solo Rifondazione Comunista, anni addietro, riuscì a raccogliere firme
per una legge di iniziativa popolare in questa direzione;
a memoria, il limite era dato, allora, da un tetto stipendiale non superiore
di dieci volte il salario minimo di Stato. Ma potrei sbagliare.
Per la mission (si fa per dire!) di questo blog,
la notizia è di grande rilievo, non in sé, ma per il suo indotto pedagogico.
Dal grido “più soldi per tutti”, comunque, anche navigando in cricca,
al più mite “un tetto per tutti” (per la gioia degli homeless!).
Una rivoluzione!
Eppure, per dare un senso alla cultura del “limite”, è d’obbligo
avere un altro punto di riferimento, verso il basso.
Se è lecito, ed è lecito, fissare un limite alla “ricchezza” di una retribuzione,
appare al pari lecito, ed è lecito, fissare un limite alla povertà/assenza
di retribuzione: per realizzare mitezza sociale il governo Monti
dovrà presentare, subito, una proposta, in proporzione,
di reddito minimo garantito o di cittadinanza.
O no?
Severo Laleo
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