E’ uscito oggi, su Il Messaggero, un articolo di Giorgio Israel
sui “compiti a casa”,
dal titolo “I compiti a casa, doveri e
valori”.
La tesi, già dal
titolo appunto, è subito chiara: i compiti a casa
sono un “dovere” ed esprimono “valori”,
ma con quali
stringenti argomentazioni non è dato sapere.
Ma lasciamo, sul
tema, aggirando la scia di polemica aperta
con un Ministro
dalle idee confuse, la parola all’autore:
“Ci sentiamo ripetere tutti i giorni che, per
superare la crisi e far ripartire il Paese, occorre mettere in campo un rinnovato senso
di responsabilità
e la capacità di
fare sacrifici. …
La scuola non è
soltanto il luogo dove si acquisiscono le conoscenze
e le capacità
adatte a svolgere qualsiasi attività lavorativa,
ma anche il luogo in cui si acquisisce
l’attitudine a lavorare,
che significa anche
(o soprattutto) impegno, sforzo, sacrificio….
… La scuola ha sempre avuto la funzione di fornire tale allenamento,
che è rappresentato
non soltanto dalle ore passate con l’insegnante
e i compagni di
classe, ma dal lavoro a casa, in cui ci si confronta individualmente, faccia a faccia con
sé stessi, con i risultati del lavoro fatto.
È qualcosa che non soltanto stimola il senso di responsabilità,
e addestra allo
sforzo inerente a qualsiasi attività lavorativa ...
Il ministro Profumo si è dichiarato a favore
dell’abolizione dei compiti a casa.
Ha osservato che una versione di latino può
essere copiata da internet …
Infine ha aggiunto che la scuola deve insegnare
ai ragazzi a fare gruppo
invece di chiudersi nella loro cameretta … provocando
sconcerto e avvilimento … in tantissime
famiglie che si battono quotidianamente
– e contro mille ostacoli – per educare i
figli al senso di responsabilità
(che è anche
stimolato dall’obbligo di fare i compiti),
alla capacità di
applicarsi, a non disperdere i pomeriggi
bighellonando
nell’ozio, ad allenarsi allo sforzo …
Mentre ora si vuol prescrivere a scuole e insegnanti
se e quanti compiti
a casa debbano assegnare …”
In verità, prima di avviare una
qualsiasi discussione sui "compiti a casa",
anzi sul ruolo dei "compiti a
casa", è utile/necessario specificare/conoscere
qual è la fascia scolastica, qual è
il tipo di "compito"
e quali sono le condizioni della "casa" (specie di questi tempi bui!);
non esistono "compiti a
casa" astratti per i quali è possibile definire,
subito, un "ruolo" per tutti valido, a prescindere.
I "compiti a casa"
hanno un valore solo all'interno di un percorso
pedagogico-didattico ben
definito, accolto e compreso dagli allievi.
E certo non saranno i
"compiti a casa" a costruire persone responsabili,
rigorose, in grado di fare
sacrifici (perché poi sacrifici?).
Anzi, se per parlare di
"compiti a casa" l'esempio è sempre
la versione di latino, molto
probabilmente si ha un'idea dei compiti a casa
ancora "romantica" (e
inutile). La preoccupazione per il peso
dei "compiti a casa" è
sempre stata dei genitori, soprattutto se "agiati".
Forse non molti sanno qual è
l'origine del "giornale di classe":
nacque semplicemente per dare ai
professori la consapevolezza,
leggendo/controllando la
quantità dei compiti assegnati agli allievi,
di non esagerare. E siamo negli
anni del fascismo.
Allora il problema era non
esagerare con gli Avanguardisti!
Con la Repubblica poi, e con la
nuova consuetudine dei week end,
si scoprì anche l'esigenza di
sospendere le interrogazioni il lunedì
per l'impossibilità degli
adolescenti di fare compiti a casa
di sabato e domenica! E il
problema divenne la "libera uscita" settimanale.
In breve, raccomandazioni in un
verso o nell'altro
sul tema dei "compiti a
casa" davvero non hanno molto senso.
Sono chiacchiere morte.
O no?
Severo Laleo