Molti,
troppi, hanno paura di sostenere/difendere le proprie idee.
E la paura,
si sa, blocca il cambiamento.
Eppure
nessuno ha il monopolio del cambiamento.
I
cambiamenti avvengono comunque, e non chiedono autorizzazioni
e non
rispettano i divieti. Soprattutto i cambiamenti sociali.
Di più. I
cambiamenti, in qualsiasi campo, decisi con la costrizione
all'obbedienza
di dissidenti e/o con il sostegno di interessati
opportunisti
sono da inserire nella categoria del già visto,
dei cambiamenti
senza cambi.
Ognuno deve
lottare per il miglior cambiamento possibile.
Soprattutto
in politica. Sia da soli sia insieme ad altri.
Ognuno con
le sue qualità/virtù, con i suoi difetti/vizi.
Ma può la
paura oscura di un male nel presente
-ad
esempio, una scissione- impedire la
lucida realizzazione
di un bene
nel futuro -ad esempio, l'estensione della
democrazia?
Questo e'
il punto. Molto laicamente.
Ora se Renzi travolge tutto e tutti è sicuramente
perché non ha paura,
anzi è sempre
all'attacco, anche quando le idee non brillano affatto.
E' una
scelta, la sua, per realizzare il suo cambiamento.
Non
l'unico, non l'ultimo, e, per i blasfemi, non il salvifico.
Intanto
costringe gli altri nell'angolo.
Ma, per il
bene comune, in democrazia, spingere e tenere qualcuno
nell'angolo,
chiunque sia l'autore, e' azione pugnace, violenta.
E'
combattimento. Per una vittoria e per una sconfitta.
E, per il costretto all'angolo, scegliere l'angolo per tener duro
spesso significa cedere
all'avversario e quasi giocare di complicità.
La politica
del cambiamento non è combattimento,
al
contrario è dibattimento. Per un dialogo alla pari.
Per
rendere visibile/praticabile il dibattimento bisogna uscire
dall'angolo,
con un movimento intelligente, sicuro,
conquistando spazio e
respiro. E imporre il dialogo/confronto.
La
scissione del Pd per la vita della democrazia
diventa quindi necessaria. Perché è un uscire da un angolo
per
conquistare parità di parola, senza
pugni.
La sinistra ha il dovere di un'operazione di scissione,
se vuole
tentare una nuova aggregazione unitaria nel nome
dei diritti per l'uguaglianza delle persone.
Un Partito di Sinistra per l'estensione della democrazia
contro il Partito della Nazione per la riduzione della democrazia.
E se l'estensione della democrazia ha le sue basi nel sistema
elettorale
proporzionale (“sono buoni i sistemi elettorali che danno
potere
agli elettori, non quelli che aumentano il potere dei partiti
e, peggio,
quelli di alcuni, pochi, capi di partito” G.
Pasquino),
un italicum tutto italiano può solo aspirare alla riduzione
della democrazia tramite il Partito della
Nazione.
E se
alla democrazia nazionale dell’italicum basta comunicare
dall’alto
quel che c’è da fare, magari affabulando,
per conquistare il
consenso, alla democrazia conviviale proporzionale
questo non
basta, perché la democrazia dal basso pretende
una
comunicazione alla pari per dare risposte ai bisogni delle persone.
A partire
da qui, ecco qualche proposta per il nuovo partito della sinistra.
Il nuovo
partito della sinistra sarà un partito/comunità,
un partito/convivio, un
partito/essere insieme, un partito/solidarietà,
un
partito/mutuosoccorso, un “luogo
reale”, fisico, dove regole nuove
e trasparenti rendono
possibile una
relazione “alla pari” tra le persone,
dove la
dirigenza sarà scelta anche per “sorteggio”,
dove uomini e donne,
in spirito di servizio, siederanno “in
pari numero” nei posti di guida,
dove non si eleggerà a “capo”
un “singolo”, spesso un maschio,
ma una “coppia”, un
uomo e una donna (si tratta di passare
dal monocratismo di sempre, forma di
potere erede storica del maschilismo,
al “governo duale”, al bicratismo del futuro), dove il
finanziamento sarà,
da una parte, pubblico (la responsabilità, anche
economica, della continuità
democratica è un
bene/dovere del Paese), dall’altra, privato, ma possibile
solo a
iscritte e iscritti.
Un partito/servizio
per il bene comune, intento a svolgere
tutto un
lavoro di studio/proposte, a partire dal proprio
territorio/paese/quartiere, non
solo, ad esempio, per chiedere
la riparazione delle
buche nell'asfalto delle
strade,
ma soprattutto per chiedere la riparazione delle
buche
nella
sofferenza del tessuto sociale, un lavoro profondo per coniugare
la
libertà con la giustizia, e per ricominciare a parlare di libertà
dalla
miseria, dall'ignoranza, dalla precarietà, dalla subalternità.
Un partito/comunicazione
non più preoccupato di organizzare/dimostrare
la sua
forza con “una” manifestazione politica, chiusa, in un unico
“luogo
di raccolta”, sempre centrale, ma disponibile a organizzare
“tante”
manifestazioni, aperte, in ogni “luogo vissuto” di
lavoro politico,
e in
contemporanea, e su un tema comune, perché la Politica torni a
parlare,
non solo in
TV e da Roma, ma nei mille luoghi del suo esercizio
reale, nei
mille luoghi, cioè, dei gruppi/comunità/circoli dove dibattito
politico e azione
amministrativa si incontrano e si fondono.
E magari
aprire una discussione ampia sulla "cultura del limite",
chiedendo, ad esempio,
per una giusta distribuzione della risorse,
di definire un limite alla
ricchezza, e un limite alla povertà.
Infine, se
il nuovo
partito della sinistra non sperimenterà,
oltre le
fratture, l’ardire del comprendersi guardandosi
negli occhi,
non potrà
mai essere in grado di estendere la democrazia
e di
trasformare la sovranità elettorale la “sovranità conviviale”.
Forse la scissione è la strada giusta.
O no?
Severo
Laleo