giovedì 10 febbraio 2011

Le donne domenica protestano anche per gli uomini. Per un principio di civiltà.




Un sacco di distinguo, da parte di donne e di uomini, 
sulla manifestazione del 13 Febbraio,
organizzata da donne a difesa della dignità delle donne.
Troppi.
C’è chi accusa le donne di moralismo/bacchettonismo;
c’è chi ad arte prova a confondere le lotte del femminismo,
lotte di liberazione dalle violenze d’ogni genere,
con l’esaltazione (senile) della “vita delle mutande” e/o “nelle mutande”;
c’è chi, da liberale (sic!) all’Ostellino, registra il versante sessuale del libero mercato;
c’è chi, da cliente di SB alla Stracquadanio, sostiene, senza orpelli moralistici,
la possibilità della valutazione delle forme femminili
ai fini della carriera politica, del successo, del guadagno dei denari;
c’è chi dimentica la Costituzione, la Dichiarazione Universale dei diritti umani,
la Convenzione sui diritti dei minori, per garantire un diritto di privacy del reato.
Di questi e altri distinguo (e accuse), io so il perché.
Perché la cultura maschilista è ancora dominante nel nostro Paese,
soprattutto con la sua idea di “capo/padrone”, ad ogni livello,
dal “capo” famiglia al “capo” di governo,
ed è una cultura profonda, antica e sotterranea, e quindi difficile da sradicare,
anzi, anche quando è rifiutata, con determinazione, nella mente, nella teoria,
torna ad apparire, fuori controllo, imbrigliata nelle mani, nella pratica.
Saranno necessarie tante conversioni personali, lungo la via della civilizzazione,
prima di giungere a una società di pari tra pari.
Per quanto mi riguarda, da uomo, sarò in piazza il 13, a prescindere da SB,
perché vado, disinteressato, a difendere il principio generale dell’esistenza
di un “limite”, non so dire quale,
ma da definire insieme, uguale per tutti, per l’esistenza stessa dell’idea di civiltà,
contro l’attuale dilagare interessato di un “nuovo” relativismo,
non tanto teoricamente argomentato, quanto egoisticamente praticato,
soprattutto da chi più può e da chi più vuole.
O no?

1 commento:

  1. Ciao SL!
    Io ero fra le 'radical chic' della manifestazione del 13 febbraio e posso dire questo.
    Non mi sono mai sentita molto 'chic' nè per cultura, nè per apparenza esteriore, ma forse davvero sta diventando sempre più un 'lusso', un bene voluttuario e come tale non necessario poter esprimere un parere, dissentire da qualcosa, dire che l'Italia e la risorsa 'donne' non si possono ridurre 'solo' ad un bel paio di cosce o altra carne (un tot al kg)...
    Come accade a chi si occupa di linguistica, oltre al 'significante' (la confezione più o meno appetitosa e appetibile delle parole o dei corpi), si ricerca, si deve ricercare oltre il piano dell'espressione, si deve indagare nel piano del 'significato' per costruire l'etimologia, che è scienza e storia delle origini dei significati.
    A chi ha voluto leggere la manifestazione del 13 feb come un ritrovo di radical chic, io di cuore rispondo:
    che bello sarebbe vivere in un posto dove non è affatto un lusso o uno svago dell'intelletto o un sofismo da 'radical-chic', ma del tutto privo di agganci con la realtà, il poter dire che un altro modello di REALTÀ È POSSIBILE.
    Io credo che quelle donne e quegli uomini in piazza, anzi nelle varie piazze del 13 feb, hanno reso tutto questo un po' meno UTOPICO e sono felice di aver contribuito ad affermare che L'ITALIA MERITA davvero questo LUSSO, sempre meno voluttuario e sempre più necessario.

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