sabato 11 maggio 2013

Da “scendo in campo” a “fare spogliatoio”: una partita da chiudere




Il calcio, in questi ultimi vent’anni, è stato il protagonista
indiscusso (bel segno dei tempi!) della lotta politica in Italia,
da quando, cioè, Berlusconi ha prima buttato a mare
il “teatrino della politica”, per  introdurre, appunto,
il “campo di calcio”, e, in seguito, da attore di un suo copione
in un suo teatro, ha fatto fuori (ma solo a parole,
giusto per correre libero nel campo), i “politici di professione”,
per fare della politica la sua professione a protezione esclusiva
e diretta dei suoi interessi e della sua fedina penale,
con una personale lotta contro la magistratura.
Per una democrazia (si fa per dire!) plebiscitaria,
oltre la legge, oltre la divisione dei poteri.
Il suo impegno di guerra nacque dal mondo del calcio,
con il proclama solenne: “scendo in campo”.

Una volta preparato, da Berlusconi, il campo, tutti si son
trovati a giocare, in una partita truccata e fuori campionato,
senza arbitri e senza regole, solo con un vociante pubblico interessato e tifoso. 
E il Porcellum.
Per vent’anni, partiti e leader (solo Bersani, forse, non ha mai indossato 
una maglietta), hanno aizzato, anche con colpi bassi,
a turno, i tifosi, spettatori non paganti a trasferta rimborsata.
Campo, partita e tifosi. Chi non è della partita è fuori.
E così il nuovo Renzi non abbandona il vecchio campo,
ma si diverte con il suo calcio di rigore”, imbrigliato, nonostante un’alta ambizione, nella logica miserrima e perdente della partita.
E Vendola, addirittura, rifiuta il Partito per “riaprire la partita.
Anche Monti, il professore colto e preparato,
per tentare di introdurre la novità di un suo linguaggio,
inventa, malamente scimmiottando, un fragile e dipendente
salgo in politica”, ma solo ed esclusivamente
per “scendere in campo”. Un delirio diffuso.

Ora l’inventore della partita cambia gioco: basta sbaragliare
il campo, la guerra è finita - almeno per gli altri, la sua continua contro la magistratura-, e puntuale arriva Letta, con il suo ardente “fare spogliatoio”, confortato, in questo, dai suggerimenti di Renzi,
a dare “un’impronta di sinistra” e a non sbagliare un’altra volta
il rigore”. La sopportabilità è ormai al limite.

Per fortuna, almeno per chi non vuole essere solo spettatore,
e tifoso, fuori del campo e fuori spogliatoio, da una parte, a gridare, c’è Grillo
con il suo linguaggio diverso, aggressivo, brutale e chiaro del “fuori tutti”, 
e, dall’altra, a proporre soluzioni nuove, c’è la Puppato, con il suo linguaggio 
partecipativo, responsabile, aperto al futuro e di più alto senso politico,
del tutti dentro”. Eppure sono i soli a poter chiudere definitivamente la partita.

O no?
Severo Laleo 

Nessun commento:

Posta un commento