mercoledì 29 maggio 2013

La Convenzione di Istanbul e la “presenza/parola” degli uomini



La discussione alla Camera sulla Convezione di Istanbul
è avvenuta in un clima d'aula di generale assenza delle persone,
un’assenza strillante e ingiustificabile, mentre auspicabile
sarebbe stata una composta presenza totale di persone attente,
vive, preoccupate, partecipanti, convinte, a una comune riflessione.
Ed eloquente sarebbe stata la presenza/parola degli uomini.

Purtroppo, a causa delle assenze, la discussione è avvenuta
in un clima sociale e culturale di indifferenza generale, colpevole, 
di cattivo esempio, irrecuperabile ex post con altre parole.

La "presenza e le parole", dovunque, soprattutto delle persone
degli uomini, quando si discute di violenza nei confronti
delle persone donne, sono fondamentali per una nuova cultura
dei diritti delle persone e segnano una presa di coscienza utile
per trovare le giuste misure per ogni azione di prevenzione,
a partire da un’educazione all'amore.

Sì, all'amore. Nelle scuole è arrivato, per fortuna, direi, 
nonostante un'ampia confusione di ruoli e di competenze,  
ogni tipo di educazione: alla cittadinanza, alimentare, alla sicurezza 
stradale, alla legalità, alla lotta al bullismo, alla pace, alla dimensione 
europea … ma mai un’educazione all'amore. 
E a volte, si è preferita un’educazione sessuale fine a sé stessa, 
senza ampliare il discorso ai diritti di ciascuna persona nella relazione
affettiva d’amore.

Questo blog di “parole per una cultura del limite” non vuole
alimentare l’indifferenza, e suggerisce un link sia per il testo
della Convenzione sia per una scheda di sintesi .

Questa volta l’indifferenza è colpa grave.

O no?
Severo Laleo


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