Ragioniamo, anzi, semplicemente, scorriamo
i fatti nell’ordine.
La nuova legislatura, grazie, per fortuna, soprattutto
alla novità
del M5S,
nasce con una vocazione al cambiamento,
un cambiamento diventato immediatamente visibile
con l’elezione di Boldrini
a
Presidente della Camera e, in qualche modo,
di Grasso
a Presidente del Senato. Per colpa del mite, e perbene, Bersani, politicamente schierato con il cambiamento e libero
dai condizionamenti dei “poteri forti”, saltano le ambizioni,
anche legittime,
di più noti esponenti di partito.
E’ un primo brutto colpo per chi è abituato,
da sempre, a pesare
nelle trattative per manovrare scelte e procedure.
Di più, quel continuare, di Bersani, nonostante un’insultante
sordità degli interlocutori, a inseguire il M5S, con una corretta visione del dato elettorale,
quel continuare a
guidare il suo PD verso un
cambiamento non a parole,
ma esplicito e declinato negli Otto Punti, ha
insospettito, trasversalmente,
tutti gli interessati alla continuità del Potere. Status quo oblige.
Allora scatta, dentro e fuori il Pd, un attacco concentrico, a volte
volgare,
nei confronti di quel segretario, scelto con le primarie,
con il
record del rinnovamento e comunque vincitore, sia pur parziale,
nel voto popolare. Ma il PD
non deve governare.
Il cambiamento fa paura, perché rompe equilibri
consolidati; meglio tornare
al tran tran
di sempre. Così prima Napolitano,
con i suoi “numeri certi”,
poi Renzi, con una sua strumentale visione
del “tempo”, infine,
in occasione del
voto per Prodi a Presidente della Repubblica,
i famosi 101 falsi plaudenti, ancora
oggi inconfessati vincitori del gioco finale,
aprono le porte alla
restaurazione, verso un insopportabile status
quo,
diventato ormai visibile immediatamente nella scelta dei nuovi,
ma sempre gli stessi, Presidenti
delle Commissioni Parlamentari.
Con Nitto Palma d'obbligo.
Il risultato finale è sotto gli occhi di
tutti: dal cambiamento, giudicato pericoloso,
del “solitario”, e di sinistra, Bersani,
in alleanza mobile con gli incontrollabili Cinque Stelle,
alla restaurazione del ben “inserito” nei più esclusivi thin tank,
Letta,
affidabile e moderato, in alleanza con il solito affarista
del ricatto della politica Berlusconi. Per salvare l’Italia?
Forse chi si è mobilitato ai referendum del
2011, chi ha scelto
di votare per il cambiamento nelle ultime
elezioni, in una parola,
tutte le persone libere e senza vincoli clientelari o
di malaffare,
e soprattutto vogliose, per il bene pubblico, di uguaglianza e giustizia sociale,
è bene prendano coscienza della necessità di trovarsi presto
in un grande spazio politico, nuovo, comune, e senza risse tra i leader di turno,
magari insieme a Rodotà, se vogliono realizzare l’indifferibile cambiamento.
E forse un solo partito, se sarà
lungimirante, può ora, azzerandosi, produrre
questa novità, magari con un nuovo
nome, con nuove regole di democrazia
interna, con la parità di genere, in ogni
istanza, sino a una leadership
non più monocratica ma bicratica, con il
sorteggio per la scelta di dirigenti
e candidate/i, per la realizzazione di una
democrazia di persone, tra pari,
senza il beneplacito di gruppi/associazioni/poteri
esterni, in solidarietà,
attraverso la “sovranità
conviviale”: questo partito è SEL.
O no?
Severo Laleo
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