sabato 5 ottobre 2013

Infierire è un must “fascista”?



Lucia Annunziata è sicura, e su L’Huffington Post confessa:
Non infierirò su Silvio Berlusconi. Perché non sono una fascista”.
Bontà sua.
E scrive: "In ognuno di noi esiste un fascistello. È quello che ci fa godere 
se siamo più belli e più forti di chi ci sta davanti. È sempre lui quello 
che ci induce a sfoggiare i muscoli, a esercitarci contro quelli più deboli 
di noi - i vecchi, gli stupidi, i brutti, i poveri, i neri, le donne, i gay... 
la lista è infinita. Ma il fascista più fascista di tutti è a mio parere 
quella pulsione interiore che ci fa infierire
sui nemici vinti".
In ognuno di noi esiste un “fascistello”?  Mah! Io, non credo.
Anzi, sono certo, non può essere vero, anche perché l'essere “fascista”, 
per giunta, non è solo una questione di carattere
o di "pulsione interiore".
Ho conosciuto, spesso tra adolescenti, a scuola,  "fascisti",
per scelta politica, a volte per atteggiamento di protesta,
ma con un profondo senso del "rispetto" umano, anche per i vinti.
Quel "fascistello" di cui parla Annunziata esprime in realtà
solo la dimensione dell'ignoranza dei diritti della persona
in un qualunque paese civile. “Infierire” è incivile e basta.
Una persona può dirsi civile se sente il dovere
non di “non infierire” su qualsiasi altra persona, qualunque
sia la sua condizione, anche di “vinto” (nel caso in questione,
per verità, convien ripetere: esiste una differenza importante
tra “vinti” e “pregiudicati”), ma può dirsi civile se sente il dovere
di rispettare, in qualsiasi altra persona, la dignità indivisibile propria 
di ogni essere umano.
Non è un problema di “non essere fascista”. E’ un problema
di essere persona civile. Semplicemente. Una persona può ben
dirsi “fascista” per un’idea della storia e della politica
senza necessariamente sentire la “pulsione dell’infierire”.
Forse non era necessario per Annunziata distinguersi per forza dall’inutile 
e volgare parlare di Crimi, perché il parlare incivile
non dovrebbe meritare attenzione. Purtroppo viviamo tempi negativi, 
nei quali per audience/incasso si dà  ascolto a bambini urlanti e forbiti 
in “maleparole” con il risultato, ancor più negativo, di incentivare 
il narcisismo mediatico di spararla sempre grossa.
Crimi non ha in sé necessariamente il “fascistello”;
non ha solo un’idea alta delle istituzioni, anche se può sempre imparare. Forse.
Eppure, l'aver perso il significato serio dei termini insieme
all’usare impropriamente quei termini (fascista da un lato, vinto dall’altro) 
genera, ai fini della comprensione del sentir democratico, molta confusione.
O no?

Severo Laleo

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